Penati (PD) indagato per tangenti
È stato capo della segreteria politica di Bersani e presidente della provincia di Milano. È accusato di aver preso mazzette per 2 milioni di euro, in parte dati al partito

A poche settimane dallo scandalo Enac che ha portato in carcere Franco Pronzato, boss dalemiano del PD genovese e ex consulente di Bersani al ministero dei Trasporti; una nuova bufera giudiziaria, con epicentro nell'ex "fiore all'occhiello" dell'amministrazione locale del PCI-PDS-DS, rischia di travolgere il vertice del PD.
Il 20 luglio, nell'ambito dell'inchiesta sulle tangenti per gli appalti e la riqualificazione delle aree ex Falck e Ercole Marelli di Sesto San Giovanni e la gestione del Servizio integrato trasporti alto milanese, i Pubblici ministeri (Pm) Walter Mapelli e Franca Macchia della procura di Monza hanno notificato all'ex sindaco di Sesto San Giovanni ed ex presidente della Provincia di Milano, ora vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia, Filippo Penati un avviso di garanzia.
L'ex capo della segreteria di Bersani (vedi biografia su http://www.pmli.it/penaticandidatolombardia.htm) è accusato a vario titolo insieme ad altre 20 persone, fra cui diversi altri boss politici locali del PD, di concussione, corruzione e illecito finanziamento ai partiti.

Gli indagati
Il giro di tangenti finora accertate si aggira attorno ai 2 milioni di euro, pagate tutte attraverso triangolazioni estero su estero e in parte girate al partito; mentre i reati contestati abbracciano un lungo periodo di tempo che parte dalla metà degli anni '90 e si concretizza dal novembre del 2001 fino a tutto dicembre 2010.
Insieme a Penati in cima alla lista degli indagati figurano il suo ex capo di gabinetto a Palazzo Isimbardi, Giordano Vimercati; l'assessore con delega ai rapporti con aziende e società della giunta sestese, Pasqualino Di Leva (PD); un funzionario dell'ufficio tecnico comunale e due architetti legati alle Lega della Coop.
Indagato anche l'attuale sindaco PD di Sesto, Giorgio Oldrini, ex giornalista de l'Unità e di Panorama, accusato di concussione per aver esercitato pressioni sul costruttore Giuseppe Pasini (proprietario dal 2000 al 2005 dell'area ex Falck nonché candidato del centrodestra sconfitto nelle ultime elezioni comunali proprio da Oldrini) perché si facesse carico di parte dei costi della ristrutturazione del Palaghiaccio di Sesto San Giovanni.
Nel mirino degli inquirenti c'è anche la chiacchieratissima scalata che la Provincia di Milano guidata da Penati effettuò nel 2005 per rilevare il 15 per cento della società autostradale Milano-Serravalle (235 milioni di euro) pagandolo il triplo del suo valore e arricchendo il socio privato Marcellino Gavio proprio negli stessi giorni in cui Penati sosteneva di non avere i soldi neppure per sistemare le scuole della Provincia.
Per questa sporca operazione (che a suo tempo Bersani liquidò come "roba vecchia") sul registro degli indagati sono finiti Antonino Princiotta (accusato di corruzione, concussione e finanziamento illecito ai partiti), segretario generale di Palazzo Isimbardi in quel periodo, e Bruno Binasco, storico manager e amministratore delle più importanti aziende di Gavio.

Il "sistema Sesto"
Il fascicolo della procura monzese nasce nell'ambito delle indagini dei colleghi milanesi sulle bonifiche dell'area industriale. Si tratta del cosiddetto "sistema Sesto" utilizzato anche a Milano nella gestione della discarica dell'area milanese Santa Giulia da parte del "re delle bonifiche" milanesi Giuseppe Grossi, che, attraverso operazioni bancarie all'estero, "retrocedeva provviste" e gonfiava fatture a favore dell'immobiliarista Luigi Zunino che poi venivano successivamente compensate sui conti esteri di entrambi.
Indagando su Santa Giulia gli inquirenti si sono accorti che Grossi e Zunino hanno usato la stessa tecnica della triangolazione già usata per il terreno ex Falck di proprietà proprio di Zunino e delle sue aziende. Ecco perché sia Zunino che Grossi (finito in carcere e attualmente sotto processo proprio per la gestione della bonifica Santa Giulia), risultano indagati anche dalla procura di Monza.

"Spremuti come limoni" dal PD
A dare il via all'inchiesta monzese sono state infatti le dichiarazioni rese ai magistrati milanesi da Pasini che circa un anno fa si è presentato in procura dichiarando di essere stato concusso da alcuni amministratori locali fra cui appunto Penati e Oldrini. Da Milano gli atti sono stati trasmessi poi alla magistratura monzese, che è competente sul territorio di Sesto San Giovanni, dove le accuse di Pasini sono state confermate e suffragate dalle dichiarazioni e dalla documentazione che prova i versamenti delle tangenti da un altro imprenditore taglieggiato: Piero Di Caterina, titolare della società di trasporti sestese la "Caronte srl", che non sopportava più di essere "spremuto come un limone" e ha deciso di "vuotare il sacco" fornendo tutti i particolari, circostanze e anche date dei versamenti.

Tangenti in cambio di appalti
In particolare Di Caterina ha raccontato agli inquirenti di aver versato all'ex "amico di infanzia" Filippo Penati, fra i 20 e i 30 milioni di lire al mese a partire dal 1995. Non solo. Tra il '97 e il 2003 ha precisato Di Caterina la somma complessiva, annotata per ciascun pagamento su buste poi consegnate ai Pm con altra documentazione, è stata di 2 miliardi e 235 milioni di lire. Cifra riavuta in parte indietro tra il 2008 e il 2010 sotto forma di caparra immobiliare pagata da parte di Binasco.
Non a caso Di Caterina nel corso del suo interrogatorio ha chiarito che negli anni precedenti i soldi che aveva 'anticipato' - ossia altri due miliardi e passa di lire - gli sono stati restituiti attraverso "una quota della tangente che Giuseppe Pasini ha pagato a Penati" per il programma integrato di intervento sull'area Marelli. Programma per il quale Di Caterina "quando ho prestato i soldi a Penati eravamo già in trattativa" e perciò "Ero sicuro che le somme da me anticipate mi sarebbero state restituite in quanto era scontato che Pasini avrebbe pagato una tangente a Penati per l'operazione e la cosa, del resto, mi fu anche detta più volte dallo stesso Penati e da Vimercati, e cioè che i soldi sarebbero rientrati".
Insomma un losco giro di tangenti che, secondo il racconto di Di Caterina, era necessario per ottenere un occhio di riguardo negli appalti controllati dagli amministratori targati PD con alla testa Penati.
"Del resto - ha concluso l'imprenditore - io avevo vantaggi dall'operazione in quanto mi proteggevano dall'Azienda di trasporti milanese (Atm) la "potenza di fuoco controllata dalla politica". Mi hanno fatto entrare nel Consorzio trasporti (pubblici di Sesto San Giovanni) e mi hanno consentito di partecipare a operazioni per me lucrose. Questo è il motivo per cui mi ero messo in affari con Penati e Vimercati. Si è trattato di pagamenti in cambio di favori (...) e quindi ora io attendo la restituzione".
Mentre Pasini ha raccontato che Penati gli chiese 20 miliardi di lire nel 2000-2001 e ne ottenne oltre 5 tramite due intermediari, con pagamenti in Lussemburgo e in Svizzera, poi dovette pagare 1,25 miliardi per affari nell'area ex Marelli e altri 2 miliardi in finte consulenze a due emissari delle Coop. Alcuni versamenti sono documentati da carte bancarie ricevute per rogatoria dalla Procura di Monza. Mentre il "favore" per la ristrutturazione del Palaghiaccio gli è costato altri 3 milioni di euro estorti da Oldrini e Penati con la velata minaccia di intralciare la sua attività di costruttore.
PD e PDL a braccetto
Ma la cosa più scandalosa è che, il costruttore Pasini, va ricordato, è anche il capo dell'opposizione in Consiglio comunale e risulta anch'egli iscritto nel registro degli indagati per aver concusso il sindaco.
Altro che "opposizione politicamente diversa" di cui cianciano Bersani e il PD. La verità è che fra la destra e la "sinistra" del regime neofascista, dove è possibile, dal più piccolo comune fino a livello nazionale, passando per province e regioni, esiste un tacito accordo per la spartizione del potere, degli appalti e dei finanziamenti grazie al quale ciascuno si fa i propri interessi in base alla propria forza elettorale e nelle amministrazioni in cui governa senza essere troppo disturbato dall'opposizione.
Peraltro tutti gli operatori immobiliari sanno che costruire a Sesto San Giovanni comporta un "costo politico", assestato sui 200 euro a metro quadrato, che moltiplicato per gli 1,3 milioni di metri quadrati da edificare sulle aree ex Falck fa appunto 250 milioni di euro in tangenti.

27 luglio 2011