Pensionati e lavoratori al Sud sono i più tartassati dall'Irpef

"Su stipendi e pensioni il peso delle addizionali comunali e regionali Irpef si fa sentire soprattutto al Sud". A dirlo è la CGIA di Mestre che, per l'anno in corso, ha preso in esame quattro tipologie di contribuenti: un pensionato con un reddito di 16mila euro (pari a un assegno mensile netto di mille euro); un operaio con un reddito di 20mila euro (con un salario di poco superiore 1.200 euro); un impiegato con un reddito di 36mila euro (pari a uno stipendio di 2mila euro); un quadro dirigente con un reddito di 59mila euro (pari a una retribuzione di 3mila euro al mese).
Nel caso dell'impiegato, spiega la CGIA, il peso fiscale delle addizionali Irpef nelle regioni "più tartassate" supera la soglia dei mille euro.
In Calabria il costo annuo si attesta a 1.020 euro (+305 euro rispetto al 2010). In Molise il versamento si ferma a 1.016 euro (+250 euro rispetto al 2010), mentre nel Lazio si stabilizza a 947 euro (+254 euro rispetto a tre anni fa). Mentre il dato medio nazionale è di 820 euro. Se si considera invece il quadro con qualifica dirigenziale, quello che lavora in Calabria deve versare 1.668 euro (+500 euro rispetto al 2010). Segue sempre il Molise con 1.663 euro (+ 410 euro) e al terzo posto dei "più tartassati" dalle addizionali Irpef c'è il dirigente campano con 1.577 euro (+436 euro). Il versamento medio nazionale si ferma a 1.374 euro. "In questo momento" sottolinea il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi "l'Irpef è più pesante per i contribuenti del Mezzogiorno soprattutto per la cattiva situazione in cui versano moltissime regioni del Sud in materia di sanità. Le Regioni in disavanzo sanitario sono state obbligate a elevare l'aliquota base, pari allo 0,9% fino al 2010, di 0,5 punti percentuali, raggiungendo così quota 1,4%. Dal 2010 poi quelle in disavanzo sanitario che non avevano rispettato i piani di rientro sono state costrette a innalzare ulteriormente l'aliquota di altri 0,3 punti percentuali, arrivando a toccare la soglia dell'1,7%". "Oltre a questo" aggiunge Bortolussi "col decreto Salva- Italia il governo Monti ha sancito l'elevazione dell'aliquota base dallo 0,9% all'1,23%. Di conseguenza, le Regioni in disavanzo sanitario hanno dovuto portare l'aliquota all'1,73% e quelle che non avevano rispettato i piani di rientro addirittura al valore massimo di 2,03%".
Nel 2011 le Regioni in disavanzo sanitario erano Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e Sicilia. Mentre le Regioni che sono state costrette a elevare l'aliquota Irpef fino al valore massimo del 2,03% sono state la Calabria, la Campania e il Molise. Per l'addizionale comunale Irpef, invece, nel 2009 e nel 2010 era in atto il blocco, vale a dire l'impossibilità per i Comuni di aumentare la tassa. Solo nel 2011 e poi definitivamente nel 2012 è stata nuovamente concessa la possibilità di aumentare le aliquote, fino ad un massima dello 0,8%. Cosa che molti sindaci hanno fatto per bilanciare la penuria di risorse.

2 maggio 2013