La nuova disposizione inserita nel decreto "anticrisi"
In pensione a 70 anni
L'emendamento del governo prevede dal 2015 l'età pensionabile legata all'aspettativa di vita

Il "pacchetto anticrisi" del governo del neoduce Berlusconi non combatte per niente gli effetti della crisi mondiale del capitalismo, almeno se guardiamo dalla parte degli sfruttati e degli oppressi. Anzi, in questo decreto ci sono molti punti che aggravano le condizioni dei lavoratori e delle masse popolari. Uno di questi è senz'altro l'introduzione, a partire dal 2015, di una regola che rende l'età pensionabile legata all'aspettativa di vita, inserita all'ultimo momento prima delle ferie di agosto.
A dire la verità in larga misura questa norma c'è già ed è stata introdotta dalla "riforma" Dini, ossia con il passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo. Difatti con quest'ultimo sistema l'assegno pensionistico è il risultato della somma versata divisa per il numero di anni di vita che in media rimangono al pensionato. Quindi se la vita media si allunga la pensione diminuisce. Per cambiare i coefficienti però non bastano le statistiche ma serve il consenso dei sindacati.
Con la nuova norma invece lo slittamento in avanti dell'età pensionabile è automatica, ricavato ogni 5 anni dai dati Istat sulla vita media degli italiani. Questo tra qualche anno, intanto però già dal 2010 la "finestra" per andare in pensione si sposta in avanti di 3 mesi. Per il ministro Sacconi solo un "cambiamento impercettibile", per lui ma per le donne del pubblico impiego vorrà dire andare 15 mesi più tardi in pensione: un anno per il graduale rialzo verso i 65 anni, più questo trimestre. In proiezione futura lavorare fino a 70 anni potrebbe diventare la regola.
Berlusconi e company sono sempre pronti ad accogliere i rilievi della Ue che peggiorano le condizioni delle masse (esempio: stessa età della pensione tra uomini e donne) mentre fanno da sordi quando vengono invitati ad atteggiamenti più democratici (ad esempio con i migranti). L'attesa fino al 2018 per l'introduzione definitiva di questa norma segue quest'ottica: se l'aspettativa di vita si alza si va avanti, se per caso l'età media diminuisce si toglie. Quest'ultima non è un'eventualità tanto remota perché lo scadimento dei servizi sociali e sanitari assieme alla vita media più corta degli immigrati potrebbero invertire il dato positivo.
Questa norma è inaccettabile e anche la Cgil ha espresso il suo dissenso. Cisl e Uil sono invece d'accordo, scavalcando persino l'Ugl che ha espresso alcune critiche. Noi marxisti-leninisti vediamo solo aspetti negativi e nessuno positivo, a partire dai risparmi che il governo destinerà ad un fantomatico "fondo sociale". Poi non si tiene in considerazione il tipo di lavoro svolto, le minori tutele e i maggiori sacrifici delle donne. Anche se viviamo di più non è la stessa cosa lavorare a 68 o a 28 anni, specie in un lavoro usurante.
Lo scopo del governo è chiaro: rimettere mano al sistema previdenziale peggiorando i trattamenti per tutti i lavoratori e risparmiare milioni di euro. In questo modo si fa pagare la crisi ai lavoratori e alle donne in particolare, chiudendo tra l'altro le porte all'occupazione giovanile già falcidiata dai colpi della crisi capitalistica.

7 ottobre 2009