200 mila alla marcia Perugia-Assisi
I limiti del pacifismo interclassista

"Tagliare le spese militari e non i servizi sociali per affrontare la crisi", questo è il messaggio che hanno voluto lanciare gli oltre duecentomila manifestanti provenienti da tutta Italia che hanno preso parte alla XIX edizione della marcia Perugia-Assisi "per la pace e la fratellanza tra i popoli", svoltasi il 25 settembre scorso.
24 Km di percorso, 6 ore di cammino, per una lunga fiumana colorata di giovani e anziani, in larga parte provenienti dal variegato mondo dell'associazionismo cattolico. In testa centinaia di gonfaloni di comuni riuniti nel "coordinamento nazionale delle città per la pace", e al centro una grande bandiera arcobaleno. La parola d'ordine prescelta è quella di sempre: "contro tutte le guerre, anche contro quelle umanitarie". 
Molte le denunce che sono risuonate spontaneamente nel corteo, compresi i temi della precarietà del lavoro, ma scarsi, vista la gravità della situazione, gli slogan contro il governo guerrafondaio e della macelleria sociale, che ha trovato uno dei suoi strenui protettori nel Presidente, Giorgio Napolitano.
Sottotono anche il versante delle prese di posizione. "L'Italia è in guerra in Libia e in Afghanistan", ha denunciato Flavio Lotti, coordinatore della Tavola della pace, ma senza citare i responsabili. Luciano Della Vecchia, assessore ai Trasporti della provincia di Perugia ha invece ribadito: "Non è possibile tagliare i servizi di trasporto per i disabili e continuare a fabbricare caccia bombardieri", mentre il presidente Fnsi ha espresso sconcerto per l'assenza del tema delle spese militari sui giornali, "nonostante l'insistenza della società civile sulla necessità di tagli". Tonino Dell'Olio per Libera ha ricordato il legame tra guerre, mafie internazionali e crisi economica: "120 - 150 miliardi l'anno è il fatturato delle mafie secondo la commissione parlamentare antimafia, 60 miliardi l'anno si perdono nella corruzione secondo la Corte dei Conti, bisogna aggredire la crisi partendo da qui. Il 90% dell'oppio del narcotraffico proviene dall'Afghanistan, da quando è presidiato dalle forze militari internazionali c'è stato un aumento esponenziale della produzione".
La volontà degli organizzatori è stata come e più di sempre quella di invocare una pace generica senza colpire in alcun modo le radici storiche ed economico-politiche che alimentano non la guerra senza aggettivi ma le guerre imperialiste. E nel quadro di questo pacifismo riformista, imbelle, interclassista e non violento ha sguazzato quella "sinistra" borghese con alla testa il PD che ha fortemente condizionato la marcia cercandole di imprimere il suo appoggio politico, organizzativo e mediatico. La stessa "Unità" le dedicava domenica 25 un inserto giornalistico dove spiccavano gli interventi di Bersani e di Vendola che si sono guardati bene dal denunciare le responsabilità del sistema economico e politico imperialista e l'imperialismo italiano con le sue guerre di aggressione che chiama missioni militari all'estero, dall'Afghanistan alla Libia, ed erano infarcite di richiami a un pacifismo umanitario, interclassista e non violento.
Per quanto riguarda i limiti storici della marcia pacifista Perugia-Assisi occorre prestare attenzione alla analisi di Lenin: "La guerra attuale è stata generata dall'imperialismo. Il capitalismo ha raggiunto la sua fase suprema. Le forze produttive della società e l'entità del capitale hanno superato gli stretti limiti dei singoli Stati nazionali. Da qui deriva la tendenza delle grandi potenze ad asservire nazioni straniere, a conquistare colonie, come fonti di materie prime e sbocchi per l'esportazione del capitale. Tutto il mondo si fonde in un unico organismo economico, tutto il mondo è diviso fra un pugno di grandi potenze. Le condizioni oggettive del socialismo sono giunte a completa maturazione e la guerra attuale è una guerra dei capitalisti per ottenere privilegi e monopoli che possano ritardare il crollo del capitalismo", e alle conclusioni di Mao: "La storia conosce solo due tipi di guerre: le guerre giuste e le guerre ingiuste. Noi siamo per le guerre giuste e contro le guerre ingiuste. Tutte le guerre controrivoluzionarie sono ingiuste, tutte le guerre rivoluzionarie sono giuste".

28 settembre 2011