Il piano di Bush per rilanciare l'economia degli Usa non convince i mercati finanziari
Affonda la borsa. Grave crisi finanziaria

"La nostra economia ha solide basi ma ci sono aree di reale preoccupazione. Continuerà a crescere l'anno prossimo ma a un passo più lento rispetto a quello degli ultimi anni. E c'è un rischio di un rallentamento" affermava il presidente Bush il 18 gennaio nel presentare un piano per rilanciare l'economia degli Usa che molti esperti già classificano prossima alla recessione. Un piano consistente di aiuti fiscali di quasi 150 milioni di dollari, pari all'1% del prodotto nazionale lordo, che però non ha convinto i mercati finanziari tanto che la Borsa americana ha continuato a affondare con perdite di quasi l'1% dei principali indici, Dow Jones e Nasdaq, trascinandosi a ruota le altre.
Il piano di Bush è incentrato sui rimborsi fiscali alle famiglie con reddito inferiore ai 75.000 dollari annui cui dovebbe toccare un assegno variabile dai 600 ai 1.200 dollari, più un assegno di 300 dollari per ogni figlio. Sono previsti incentivi fiscali alle imprese che fanno investimenti e assunzioni mentre per tentare di risollevare il traballante mercato immobiliare sono previste facilitazioni per le operazioni di rifinanziamento dei mutui gestite dalle società semipubbliche. Il piano deve passare al vaglio del parlamento e anche se l'opposizione democratica si è detta favorevole potrebbe entrare in funzione fra un paio di mesi.
Un tempo considerato molto lungo per produrre effetti ritenuti comunque di dubbia efficacia sull'andamento economico da parte degli esperti finanziari che ritenevano necessario invece un piano di rilancio centrato sulla spesa pubblica, con investimenti in grandi infrastrutture. E dal costo pesante tale da far salire il già alto rapporto deficit-Pil accumulato dall'amministrazione Bush sopra al 6% fino a oltre l'8%.
Tra l'altro Bush si appresta a chiudere il suo doppio mandato presidenziale così come lo aveva aperto nel 2001 con un gigantesco piano di riduzione fiscale per cercare di tamponare la crisi nella quale era allora precipitata l'economia Usa. Con l'aiuto dell'allora presidente della Fed Alan Greenspan Bush riuscì a far approvare una riforma delle imposte dirette con oltre 1.500 miliardi di dollari di minori tasse in dieci anni. A beneficiarne furono soprattutto gli alti redditi con il 5% delle famiglie più ricche che si è messo in tasca oltre l'80% degli sgravi. Il risultato fu che l'attivo di bilancio accumulato fu azzerato e in poco tempo si trasformò nel deficit colossale che in alcuni anni ha superato i 300 miliardi di dollari.
Alla riapertura dei mercati, il 21 gennaio, si registravano pesanti perdite nelle Borse asiatiche. L'indice della Borsa di Shanghai scendeva del 5,14%, quello di Hong Kong del 5,5%; quello di Tokyo del 3,86% che rappresentava il dato peggiore dall'ottobre del 2005 e rimarcava l'avvicinamento del Giappone a una situazione di recessione. Con un effetto domino chiudevano in negativo le borse dell'India, col -7,4%, di Taiwan, Filippine, Corea del Sud e Australia. E a seguire quelle sudamericane e europee con perdite tra il 5 e il 7%.
Il 22 gennaio interveniva la Fed, la Federal Reserve americana, che tagliava il tasso di interesse dello 0,75%. Un taglio enorme, il maggiore degli ultimi 22 anni. Come il suo predecessore, il governatore della Fed Ben Bernanke scendeva in campo a sostegno di Bush e dei mercati finanziari con un intervento che portava il costo del denaro al 3,50%, sotto il livello dell'inflazione americana che è al 4,1%. L'iniziativa permetteva alle borse di recuperate ma solo in parte le perdite del giorno precedente.
Secondo il finanziere George Soros l'attuale crisi finanziaria è la crisi più severa dalla seconda guerra mondiale ad oggi e potrebbe causare quantomeno un riallineamento nell'economia globale, con un relativo declino degli Usa e il consolidamento dell'ascesa delle economie concorrenti a partire della Cina, e nella peggiore delle ipotesi gettare tutto il mondo nella recessione.

30 gennaio 2008