La "sinistra" borghese, in testa il PD, spinge le masse sul terreno della destra. I fascisti di FLI rivendicano di essere stati tra gli organizzatori della manifestazione
In piazza il tricolore: un'aberrazione nazionalista
Pochissimi manifestanti però sventolano la bandiera della classe dominante borghese e del regime neofascista. Gli studenti, senza alcun tricolore, denunciano i falsi difensori della scuola pubblica e affermano che la piazza che li rappresenta è quella del 14 dicembre, non quella del 12 marzo. Il PMLI a Roma, Milano, Firenze, Catania e Londra diffonde l'appello a scendere in piazza per abbattere il nuovo Mussolini
La bandiera della vera sinistra e' quella rossa con la falce e martello. La lotta di classe non si può incardinare nella costituzione federalista

Non c'è dubbio che la partecipazione della piazza al "costituzione day" del 12 marzo, lanciata da Articolo 21, con l'appoggio dei partiti della "sinistra" borghese e che ha visto tra gli organizzatori anche i fascisti di FLI, al di là dei balletti di cifre, c'è stata. In diverse città italiane, ancora una volta, nel giro di pochi giorni, le masse hanno risposto all'appuntamento, confermando il loro alto livello di combattività e approfittando di questo appuntamento per ribadire che si deve farla finita con la macelleria sociale del governo Berlusconi.

Il PD: sinistra del regime neofascista
Poiché allontana nel tempo l'obbiettivo di mandare a casa questo governo neofascista, fornendogli spazio per portare a termine il suo nero progetto piduista, appare ancor più criminale la scientifica opera di avvelenamento della combattività antiberlusconiana delle piazze e della coscienza antifascista delle masse popolari italiane che la "sinistra" borghese sta conducendo con tutti i mezzi a sua disposizione. L'obbiettivo è di depotenziare la carica del crescente conflitto di classe che i lavoratori, operai in testa, e le masse popolari, donne e studenti in prima fila, stanno esprimendo, tentando di spingerli a forza sul terreno ideologico e politico della destra neofascista, per ingabbiare il movimento antiberlusconiano nel pacifismo interclassista e nell'ebetismo parlamentare, per fargli accettare il massacro sociale, le controriforme dell'assetto dello Stato, del governo e della giustizia e le guerre imperialiste.
Dopo i recenti tentativi di sviare la lotta con generiche parole d'ordine, si ricordi il "Se non ora quando" della piazza del 13 febbraio e il tentativo di indirizzare l'8 Marzo sul binario morto del femminismo borghese, il 12 marzo la "sinistra" borghese è venuta definitivamente allo scoperto, sfoggiando senza alcuna vergogna il più reazionario nazionalismo in salsa neofascista. A tale matrice, infatti, è riconducibile la proposta alle masse antifasciste di scendere in piazza con il tricolore in una mano, la Costituzione nell'altra e di cantare l'inno di Mameli. Un'aberrazione nazionalista i cui modelli storici si ritrovano nelle "Feste del Tricolore" del MSI del fucilatore di partigiani e repubblichino Almirante a cui era avvezzo il presidente della Camera Fini. Tanto che il deputato fascista Fabio Granata, che ha vantato "la manifestazione l'abbiamo organizzata anche noi", dopo aver sfilato nel corteo romano, insieme ad altri esponenti FLI, ha dichiarato: "Nell'estetica piazza del Popolo piena mi ricordava più un comizio di Almirante degli anni '70. Ci sentivamo a nostro agio". Ci voleva l'iniziativa della "sinistra" borghese perché la nostra Roma, quella che ha lottato per la cacciata dei nazi-fascisti, la nostra Roma medaglia d'oro della Resistenza antifascista, dovesse subire tale sfregio.
E non c'è stato partito, come SEL, PRC e PdCI, che si sia dissociato dall'orgia tricolore nazionalista e neofascista, che abbia detto "NO" al clima bipartisan di riconciliazione nazionale e interclassista, che le istituzioni borghesi, il nuovo Vittorio Emanuele III, il rinnegato Napolitano, vogliono a forza propinare alle masse popolari italiane, prendendo spunto dai festeggiamenti del 17 marzo, 150° anniversario dell'Unità d'Italia, con lo scopo di depotenziare la carica antiistituzionale e l'altissima combattività delle piazze, si ricordi l'assalto al parlamento del 14 dicembre. Tutti in piazza dal PD, al PRC, al PdCI, a SEL di Vendola, al PCL. E la stampa della "sinistra" del regime ha ossequiosamente fatto la sua parte con prime pagine tricolori, editoriali pre e post manifestazione per convincere le masse di sinistra che quella della conciliazione, del nazionalismo, del becero patriottismo in salsa neofascista è "la nostra strada" come titolava a caratteri cubitali, il 13 marzo "l'Unità" con un primo piano sul tricolore di 50 metri che gli organizzatori della manifestazione romana avevano portato in piazza a cui si affiancava l'editoriale in cui Concita De Gregorio affermava: "Eccola la nostra strada. L'avete vista srotolarsi ieri per le vie del centro delle vostre città, è entrata a Roma in piazza del Popolo".

La partecipazione delle masse alle manifestazioni
Ma la piazza del 12 marzo ha reagito prontamente a questa operazione oscena dei vertici del "centro-sinistra" e s'è rifiutata di innalzare la bandiera della classe dominante borghese, dimostrando chiaramente quello che il PMLI aveva scritto su "Il Bolscevico" in un corsivo del 9 marzo "il 'popolo tricolore' non esiste. È una vergognosa invenzione del PD e de 'l'Unità' che si vogliono accreditare elettoralmente presso l'elettorato di sinistra dando l'idea di essere attivi nella lotta antiberlusconiana".
Erano pochissimi i tricolori, tanto pochi che possiamo dire che l'operazione è fallita in pieno. A Palermo qualche bandiera, a Catania meno di una decina su migliaia di manifestanti, a Roma, non si sono quasi viste. Un fatto ignorato dalla stampa borghese, ma che va correttamente interpretato come cosciente resistenza delle masse al dilagare del nero disegno nazionalista e interclassista.
Le masse hanno rimandato al mittente anche il diktat di non rivendicare le dimissioni di Berlusconi. In tutte le città, molti i cartelli contro il neoduce: "Fermiamo il boia..." a Cagliari; a Torino è stato innalzato un fantoccio di Berlusconi con il corpo da maiale e la scritta "Dimettiti!"; a Palermo campeggiavano i cartelli "Silvio hai altre riforme da pro-PORCI?", "Berlusconi, dimettiti" a Firenze. Se si guarda lo specifico di ogni piazza non si può che sottolineare come ovunque i manifestanti sono sfuggiti alla camicia di forza nazional-fascista che voleva far loro indossare il "centro-sinistra" e hanno portato una carica coerentemente antiberlusconiana che si inserisce a pieno titolo nel crescendo di opposizione della piazza al governo del neoduce. In alcune città, come a Firenze si è cantato "Bella Ciao", che a Roma ha controbilanciato l'Inno di Mameli.
Diverse delle contraddizioni insite in questa manifestazione sono state scatenate, anche questa volta, dagli studenti che sono scesi in piazza in difesa della scuola e dell'Università pubblica. La manifestazione studentesca romana, partita dalla Sapienza e che ha bloccato la città per l'intero pomeriggio, era aperta dallo striscione: "Chi oggi la difende ieri l'ha distrutta. Giù le maschere!", direttamente indirizzato contro le "molte ipocrisie" rispetto al tema della difesa dell'istruzione di cui sono protagonisti il PD e gli esponenti della maggioranza: "La prima e la più grave è senza dubbio quella di chi - dal PD a FLI - si è reso protagonista dei processi di devastazione dell'università e della scuola in questi anni", dicono gli studenti nel loro comunicato e continuano: "basta poi dare uno sguardo all'iter della riforma Gelmini per trovare, tra coloro che ne hanno permesso l'approvazione, proprio quegli esponenti di FLI che saliranno sul palco il 12 Marzo". Diversa, ma anch'essa politicamente avanzata e coerentemente antiberlusconiana la posizione ufficiale del movimento studentesco milanese che non ha aderito alla manifestazione, non condividendo la mobilitazione "promossa da soggetti politici che non si sono mai opposti al processo di demolizione della scuola pubblica".
In diverse realtà, gli studenti hanno rivendicato quella del 14 dicembre come la piazza che li rappresenta e non certo quella del 12 marzo e hanno rilanciato la parola d'ordine dello sciopero generale contro il governo Berlusconi.
Di fatto il 12 marzo il movimento studentesco è tornato alla ribalta come protagonista più avanzato della giornata di lotta, raccogliendo le simpatie generali delle masse popolari, come dimostra l'applauso che ha accolto il corteo studentesco che a Roma è entrato a piazza del Popolo urlando "Buffoni" e "giù la maschera!" all'indirizzo dei politicanti borghesi presenti in manifestazione.

La lotta di classe non si può incardinare nella costituzione federalista
Non c'è dubbio che le masse hanno prontamente reagito al tentativo dei vertici del "centro-sinistra" di fargli indossare la camicia di forza nazionalista e fascista, come già detto, e noi auspichiamo che presto al posto dei pochissimi tricolori del 12 marzo nelle piazze italiane sventolino migliaia di bandiere rosse con la falce e martello, simbolo della vera sinistra; vogliamo che al posto dell'inno di Mameli cantato in maniera incerta da pochi manifestanti il 12 marzo si canti a squarciagola "Bella ciao", che vengano rilanciati i simboli e i valori storici del proletariato, come l'internazionalismo proletario.
È innegabile che l'avvelenamento nazionalista, pacifista e interclassista è molto forte. Se le masse in piazza non hanno portato il tricolore patriottardo, né hanno cantato l'inno di Mameli, tuttavia si sono visti diversi libretti della Costituzione, che grazie alla settantennale propaganda fatta dal PCI revisionista è, in molti casi, ancora considerata come l'alfa e l'omega del programma della sinistra, secondo la definizione dell'arcirevisionista Togliatti.
Ma è necessario che il movimento si chieda cosa vuol dire in questo preciso momento storico difendere la Costituzione? Quale Costituzione? E non è un controsenso che lo chiedano alle masse proprio coloro che hanno contribuito a distruggerla?
È innegabile che la Costituzione è una carta della borghesia e negli ultimi trent'anni essa l'ha usata per difendere e consolidare la dittatura della borghesia e il suo dominio di classe. Lo stesso "centro-sinistra" che adesso chiede di portarla in piazza è stato artefice del suo smantellamento, basti pensare alla Bicamerale golpista del rinnegato D'Alema, alla modifica del titolo V che ha, di fatto dato il via alla controriforma in senso federalista della Costituzione, durante il governo Amato.
Non esiste, dunque, più la Carta del '48, ora è in vigore quella Federale del 2001. La parola d'ordine "È(v)viva la Costituzione", in base alla quale Articolo 21 ha indetto la manifestazione, risulta perciò ambigua e fuorviante, in quanto genera confusione nelle masse in lotta. Quando Stefano Rodotà afferma, rispetto alla manifestazione del 12 marzo, che "La Costituzione sta incontrando il suo popolo", bisogna chiedersi "Quale popolo" e "Quale costituzione?" Il popolo della costituzione è un vagheggiamento con cui la "sinistra" del regime tentare di sviare la lotta di classe che divampa in Italia portandola su posizioni interclassiste e la Costituzione federalista non solo non è in grado, come non lo è stata la Costituzione del '48, di opporsi all'avanzata del regime neofascista ma di questo regime è massima espressione.
Per opporsi a Berlusconi non serve la via istituzionale e costituzionale, sostenuta dal giurista quando afferma che "la politica deve essere in primo luogo, e sempre, politica costituzionale, se vuole riguadagnare la sua forza e la sua nobiltà".
Con ciò non intendiamo negare che quel che rimane della Costituzione non possa e non debba essere utilizzato per denunciare l'avanzata del regime neofascista, ma non può essere certo la camicia di forza della lotta di classe in Italia, la quale deve svilupparsi in tutte le forme, pacifiche e non, che saranno necessarie.
Oggi per abbattere il nuovo Mussolini si impone un nuovo 25 Aprile che presuppone la mobilitazione delle piazze, l'unica strada concretamente percorribile e che, comunque è già stata scelta dalle masse ed è vano che il "centro-sinistra" si metta di traverso. Per questo non vanno demonizzate le lotte anche dure a cui devono ricorrere a volta le piazze per farsi sentire, purché siano azioni di massa e non di piccolo gruppo, come hanno fatto gli studenti che hanno assediato e attaccato il parlamento a dicembre.
È questa la posizione del PMLI che, senza insegne perché non aderiva alla manifestazione, ha diffuso in diverse città, Roma, Milano, Firenze, Catania e Londra l'appello a scendere in piazza per abbattere il nuovo Mussolini!

16 marzo 2011