Pisapia e De Magistris, dal rosso all'arancione

Scelto da Giuliano Pisapia per caratterizzare la sua campagna elettorale e adottato anche da Luigi De Magistris dopo il successo al primo turno, l'arancione è diventato il colore-simbolo dominante nelle piazze di Milano e di Napoli affollate dai loro elettori in festa: arancioni le bandiere, gli striscioni, i cartelli e i manifesti elettorali; arancioni le magliette, i cappelli e le sciarpe dei fans dei due vincitori. De Magistris ha sfoggiato un braccialetto arancione durante il ballottaggio e dopo la vittoria si è fatto persino fotografare con una vistosa bandana dello stesso colore. Non c'è alcun dubbio che i due "campioni-outsider" della "sinistra" borghese abbiano voluto sostituire deliberatamente il rosso con l'arancione, per darsi un'immagine rassicurante, liberale e interclassista, agli occhi della borghesia, che difatti li ha sostenuti in maniera determinante, specie ai ballottaggi.
Per l'ex trotzkista Pisapia far sparire ogni minima traccia di rosso dai suoi comizi e manifesti e adottare l'arancione è stata una scelta assai abile, per rintuzzare la campagna denigratoria della destra che cercava di sfruttare il suo (lontanissimo) passato politico per dipingerlo come un "pericoloso sovversivo". Per il liberale populista De Magistris altrettanto, per togliersi dai piedi anche quel po' di rosso che la presenza di FDS nella sua lista poteva portare disturbando il nascente idillio con l'alta borghesia partenopea. Il quotidiano trotzkista "il manifesto" ha fatto con entusiasmo sua la "novità", colorandosi anch'esso di arancione ed adottando subito termini come "l'onda lunga arancione", "il popolo arancione", "il colore della rinascita di Milano", e così via.
I simboli non sono casuali, sono importanti quanto le persone e i programmi che li adottano, e spesso parlano ancor più chiaro di questi. L'arancione è il colore che fu adottato dalle cosiddette "rivoluzioni democratiche" in certi Stati dell'ex Unione Sovietica dopo la sua dissoluzione seguita al crollo del revisionismo. Vedi per esempio la cosiddetta "rivoluzione arancione" in Ucraina. Movimenti dietro i quali si può intravedere la lunga mano dell'imperialismo occidentale che li fomenta e sostiene a chiaro scopo di espansionismo economico e militare. L'arancione fu anche il colore adottato dal movimento della borghesia liberale libanese fomentato dagli imperialisti USA ed europei e da Israele in chiave anti-Hezbollah.
L'arancione, quindi, è il colore del liberalismo, dell'interclassimo e del riformismo borghesi, scelto in contrapposizione, palese o implicita poco importa, al rosso e a tutto ciò che questo colore rappresenta nella storia e nella tradizione della sinistra: il socialismo, la rivoluzione, l'internazionalismo proletario. La destra neofascista ha adottato l'azzurro; quella fascio-leghista il verde; e il PD ha adottato il tricolore dopo aver abbandonato il rosso. Ma il rosso è sempre riapparso con più forza che mai nei cortei e nelle piazze, perché è e sarà sempre il colore della lotta di classe e dell'aspirazione delle masse al socialismo.
Perciò non dobbiamo assolutamente permettere che il rosso sia subdolamente emarginato e sostituito nelle piazze dall'arancione delle nuove sirene populiste, liberali e anti-astensioniste, che la "sinistra" borghese mette in campo per riportare le masse anticapitaliste e fautrici del socialismo nell'alveo delle istituzioni borghesi.

1 giugno 2011