Grave decisione del Consiglio supremo di difesa presieduto da Napolitano
L'Italia di Prodi invia armi da guerra in Afghanistan
Il contingente militare italiano a Kabul e a Herat sarà rafforzato con elicotteri d'attacco Mangusta, carri armati Dardo e più soldati

L'Italia imperialista di Prodi marcia ormai speditamente verso un impegno bellico totale in Afghanistan, come in modo sempre più pressante chiedono gli Usa e la Nato. Il salto di qualità che ha fatto cadere la foglia di fico della "missione di pace" e ha sdoganato l'escalation verso il rafforzamento in uomini, armamenti e regole d'ingaggio più aggressive del nostro contingente militare è avvenuto in parlamento con la votazione in Senato del decreto di rifinanziamento delle missioni di guerra. In quell'occasione è stato approvato praticamente all'unanimità, con 311 sì e solo 3 no (compresi quindi i partiti della cosiddetta "sinistra radicale"), anche un ordine del giorno proposto dal leghista Calderoli per la Casa del fascio, ma modificato di comune accordo con la maggioranza per poterlo votare tutti insieme, che impegnava il governo a "promuovere tutte le iniziative finalizzate a garantire la sicurezza del nostro personale militare e civile presente sul territorio afgano". Era il cappello politico che mancava per autorizzare ciò che da diverse settimane andava maturando, e cioè il rafforzamento della missione di guerra in Afghanistan in funzione di un impiego più aggressivo del contingente militare italiano in appoggio all'offensiva della Nato contro i ribelli nel sud del paese.
A neanche una settimana di distanza da quel voto è sceso in campo il Consiglio supremo della difesa presieduto dal capo dello Stato, per dare alla decisione del Senato il massimo risalto politico possibile e allo stesso tempo per dare immediato impulso alla sua attuazione pratica. Nella riunione del 2 aprile presieduta da Napolitano, con la partecipazione del premier Prodi e dei ministri D'Alema, Parisi, Amato, Padoa Schioppa e Bersani, nonché del capo di Stato maggiore ammiraglio Di Paola, sono state discusse infatti, come recita il comunicato finale: "le modalità di attuazione dell'impegno assunto in parlamento per il rafforzamento delle misure di protezione del contingente italiano, nella conferma del carattere della missione e della previsione di un possibile non breve periodo di permanenza".
Al di là della fraseologia ipocrita del comunicato, per cui si insiste sul carattere "pacifico" della missione e ci si nasconde dietro il pretesto della "protezione" del contingente militare, il suo significato è chiaro, e sta proprio nel riferimento all'"impegno" sancito in parlamento, che in forza non solo degli ordini del giorno votati col decreto di rifinanziamento, ma anche degli interventi in aula, a cominciare da quello del rinnegato D'Alema, è finalizzato appositamente a sbloccare l'invio di nuovi uomini e armamenti per irrobustire la missione di guerra in Afghanistan.
E difatti, anche se nel comunicato non se ne parla perché esso fornisce solo il quadro politico, la riunione ha esaminato anche le misure per rafforzare la missione, sulla base di un rapporto presentato dagli stati maggiori e consegnato al governo. Quel che è stato deciso non è ancora ufficiale, perché D'Alema si era impegnato in Senato ad informare le commissioni Esteri e Difesa circa il rapporto dei vertici militari, prima di annunciare le decisioni del governo. Ma si sa che con tutta probabilità saranno inviati in Afghanistan elicotteri da attacco a terra AB-129 "Mangusta", forse cinque, equipaggiati anche con missili, veicoli corazzati da combattimento Vcc-80 "Dardo", dei veri e propri carri armati che possono portare a bordo anche un piccolo contingente di fucilieri d'assalto, altri veicoli anti-mina "Lince", mortai, cannoni, più tutto il personale necessario a supportare i nuovi mezzi e forse anche di più (si parla di almeno 200 uomini). Secondo fonti della Difesa sarebbero pronte a partire anche tre compagnie della brigata Sassari, di cui una armata con mortai da 120 mm.
Tutte queste nuove armi tipicamente di attacco e questi uomini scelti serviranno solo per la "difesa" passiva dei già oltre 2.000 soldati italiani schierati tra Kabul e l'ovest dell'Afghanistan, nella regione di Herat? Evidentemente qui si vuol prendere per il naso l'opinione pubblica. È chiaro che questo rafforzamento del contingente non può che preludere a un suo impiego più diretto e deciso nell'offensiva scatenata dalle forze di occupazione Usa e Nato contro i resistenti afgani, offensiva di cui è parte integrante il bombardamento terroristico di intere province con il massacro di migliaia di civili innocenti.
Che si stia andando rapidamente verso questa prospettiva è dimostrato anche dall'infittirsi degli "incidenti", ovvero degli scontri a fuoco, in cui sono coinvolti i militari italiani, l'ultimo dei quali è avvenuto il 29 marzo scorso, nei pressi di Shindad, a sud di Herat, quando una pattuglia è stata attaccata a colpi d'arma da fuoco da "elementi ostili" e un incursore della Marina dei reparti speciali Comsubin è rimasto ferito ad un braccio.
Un'ultima notazione per registrare la totale mancanza disegnali di vita da parte dei falsi comunisti del PRC e del PdCI, nonostante la gravissima decisione presa dal Consiglio supremo della difesa che fa fare un ulteriore balzo in avanti alla politica interventista, guerrafondaia e imperialista del governo di cui fanno parte.

4 aprile 2007