Smacco ai governanti imperialisti
Il popolo irlandese boccia l'Ue imperialista

Nel referendum del 12 giugno il popolo irlandese ha bocciato il trattato di Lisbona e con esso l'Unione europea imperialista. Al voto hanno partecipato poco più della metà degli aventi diritto e tra i voti validi il No ha prevalso col 53,4%, pari a 862.415 voti, sul Sì che si è fermato al 46,6%, pari a 752.451 voti.
Un risultato doppiamente significativo dato che le indicazioni per un voto favorevole al trattato erano state date da una coalizione che sembrava a prova di bomba poiché rappresentava il 95% dei partiti parlamentari.
Tre anni dopo il voto contrario di Francia e Olanda che aveva affossato il progetto della nuova Costituzione europea, anche il semplificato Trattato di Lisbona, varato nella capitale portoghese il 13 dicembre scorso per far ripartire la riforma istituzionale della superpotenza imperialista europea, ha subito quantomeno uno stop e non entrerà in vigore dal primo gennaio 2009 come era in programma.
Per evitare brutte sorprese dal giudizio popolare, il vertice di Lisbona aveva previsto la ratifica del Trattato a livello parlamentare e 18 dei 27 paesi membri hanno già dato il via libera. Fra i prossimi pareri favorevoli vi sarà quello inglese col premier Gordon Brown più tranquillo della probabile larga maggioranza parlamentare che del parere largamente contrario tra gli elettori.
In Irlanda la via referendaria era imposta dalla costituzione e il governo di Dublino non si è potuto sottrarre al voto. Il risultato è stato uno smacco per i governanti imperialisti.
Già nel 2001 il popolo irlandese aveva bocciato il trattato di Nizza che modificava le istituzioni europee in vista dell'allargamento dell'Ue ai paesi dell'est europeo e solo con un successivo referendum nel 2002 il governo di Dublino riuscì a strappare il consenso degli elettori. È probabile che anche questa volta si tenterà di ripercorrere la stessa strada.
Il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, che pure ha sottolineato che il verdetto irlandese ha lo stesso peso della bocciatura francese e olandese della bozza costituzionale del 2005, si è detto convinto che il Trattato di Lisbona "non è morto" e ha invitato alla ratifica i paesi che non l'hanno ancora fatto "per sapere esattamente alla fine quali sono le posizioni di tutti i partner".. Non era dello stesso avviso il premier ceco Mirek Topolanek che ha ricordato che "le regole del gioco ci dicono che se un solo Paese ricusa il processo di ratifica, questo è da considerarsi automaticamente finito".
Il cancelliere tedesco Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy, i padrini del trattato di Lisbona, vogliono che il processo di ratifica vada avanti lo stesso poiché si dicono "convinti che le riforme contenute nel trattato di Lisbona siano necessarie per rendere l'Europa più democratica e più efficace e che le permetteranno di rispondere meglio alle sfide che devono affrontare i suoi cittadini". Come dire che il voto del popolo irlandese non conta.
Lo dice a chiare lettere un furibondo Giorgio Napolitano secondo il quale "le ratifiche devono continuare fino a raggiungere la soglia dei quattro quinti. Non si può neppure immaginare di ripartire da zero". E dopo aver invocato l'eventuale esclusione dell'Irlanda dalla Ue, "è l'ora di una scelta coraggiosa da parte di quanti vogliono dare coerente sviluppo alla costruzione europea lasciandone fuori chi, nonostante impegni solennemente sottoscritti, minaccia di bloccarli", chiude con un'affermazione vergognosa, arrogante e dal sapore mussoliniano: "non si può pensare che la decisione di poco più della metà degli elettori di un Paese che rappresenta meno dell'1% della popolazione dell'Unione possa arrestare l'indispensabile, e oramai non più procrastinabile, processo di riforma".

18 giugno 2008