Rapporto annuale Istat
A rischio povertà un italiano su 4
Giovani, donne e immigrati i più colpiti dalla crisi
Nel Mezzogiorno il 70% dei giovani è senza lavoro

Altro che "è stato fatto un miracolo per uscire dalla crisi", altro che "mission impossible" di cui cianciano il neoduce Berlusconi e il suo gerarca all'economia Tremonti: l'amara realta è che "In Italia quasi un quarto della popolazione (24,7% ) - pari a circa 15 milioni di persone - sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale... Nel decennio 2001-2010 l'Italia ha realizzato la performance di crescita peggiore tra tutti i paesi dell'Unione europea... nel biennio 2009-2010 gli occupati sono scesi di 532 mila, di cui più della metà nel Mezzogiorno e l'1,9% (pari a circa 228 mila unità) al Nord". Insomma è una situazione a dir poco drammatica dal punto di vista economico e sociale in cui a farne le spese sono soprattutto le donne e i giovani ma anche gli immigrati che ormai rappresentano il 20% del totale dei disoccupati.
Questo è il quadro a fosche tinte tracciato dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini in occasione della presentazione del "Rapporto annuale sulla situazione del Paese 2010" avvenuta il 23 maggio presso la Sala della Lupa del Palazzo di Montecitorio.

Povertà in aumento
Dai dati elaborati dall'Istituto di statistica nazionale emerge che: "Il sistema Italia appare più vulnerabile di qualche anno fa, l'attività produttiva del settore industriale si colloca su livelli inferiori di oltre il 19% rispetto ai massimi dell'estate 2007 (punto di svolta negativo del ciclo) e il ritorno ai valori precrisi della produzione appare lontanissimo".
Il perdurare della crisi economica falcidia il potere d'acquisto delle masse popolari costrette a erodere i risparmi per tirare avanti. Secondo i dati Istat "la propensione al risparmio nel 2010 si è attestata al 9,1%, il valore più basso dal 1990". Il 19,1% delle famiglie si è limitato a risparmiare meno, mentre il 16,2% ha dovuto intaccare il proprio patrimonio o indebitarsi e non ha più alcun risparmio a cui dare fondo. Da ciò risulta che un quarto degli italiani (il 24,7% della popolazione, più o meno 15 milioni di persone) "sperimenta il rischio di povertà o di esclusione sociale". Un valore superiore persino alla media Ue che è del 23,1%.
In Puglia si registra il maggior numero di persone in situazione di grave deprivazione materiale: 10,7 per cento contro una media nazionale del 7. Ma il meridione esce malridotto dal confronto col resto del paese anche sugli aiuti: se nel nord-est le famiglie sostenute nel 2009 sono state il 32,2 per cento, al sud la percentuale si abbassa al 26,1. Questo nonostante in regioni come Puglia, Calabria e Basilicata i bisogni di assistenza siano ben superiori a quelli del settentrione.

Crescita economica inesistente
"Il tasso di crescita dell'economia italiana è del tutto insoddisfacente - ha rilevato ancora il presidente dell'Istat - e anche i segnali di recupero congiunturale dei livelli di attività e della domanda di lavoro non sembrano sufficientemente forti e diffusi per riassorbire la disoccupazione e l'inattività, rilanciando redditi e consumi". Di conseguenza, "l'occupazione sta ora crescendo prevalentemente nei servizi a più basso contenuto professionale, a fronte della riduzione del numero delle posizioni più qualificate. Ciò implica, a parità di altre condizioni, un sottoutilizzo del capitale umano, guadagni più bassi, minori prospettive di sviluppo".
Il danno peggiore si è prodotto nell'industria (404.000 posti di lavoro persi) e la cassa integrazione che ha fatto in parte da paracadute, ormai è in via di esaurimento: "circa un quarto di quanti erano in Cig nel 2009 lo sono anche un anno dopo; uno su due ritorna al lavoro, ma uno su cinque non è più occupato".
Quella italiana "è l'economia europea cresciuta di meno nell'intero decennio", con un tasso medio annuo pari allo 0,2%, contro l'1,1% dell'Ue. "Il ritmo di espansione dell'economia è stato inferiore di circa la metà a quello medio europeo nel periodo 2001-2007". Insomma, una "crescita dimezzata" e il divario "si è allargato nel corso della crisi e della ripresa attuale". Nella media dello scorso anno l'economia italiana è cresciuta dell'1,3%, contro l'1,8% dell'Ue. Nel primo trimestre del 2011, in Italia la crescita è stata dello 0,1% e dell'1% in termini tendenziali, mentre nell'Uem la crescita è stata dello 0,8% su base trimestrale e del 2,5% rispetto ai primi tre mesi del 2010.

Al sud oltre il 70% dei giovani è senza lavoro
Lo stato comatoso dell'economia incide fortemente sulle condizioni sociali e in particolare sul fronte giovanile e dell'istruzione pubblica dove, come evidenzia l'Istat, nel 2010, gli abbandoni scolastici prematuri sono stati il 18,8% con una punta del 22,0% dei ragazzi contro il 15,4% delle ragazze.
I più colpiti sono i giovani tra i 15 e i 29 anni, fascia d'età in cui si registrano 501 mila occupati in meno. E va peggio anche per gli immigrati: ogni 100 disoccupati in più, 20 sono stranieri.
"La situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove si registra il maggior numero di persone in Cig a distanza di un anno e il minor numero di rientri sul posto di lavoro (33,6% a fronte del 64,2% nel Nord) con un flusso più alto di uscite verso la disoccupazione (7,9%) e, soprattutto, verso l'inattività".
l'Istat rileva come più della metà degli italiani in cerca di un impiego siano residenti al Sud. Nel Mezzogiorno meno di tre giovani su dieci hanno un lavoro (uno ogni due al nord). Analisi che inevitabilmente si allaccia alla situazione nelle scuole: in Sicilia, ad esempio, due ragazzi su dieci tra i 18 e i 24 anni hanno abbandonato gli studi senza conseguire un titolo superiore. Percentuali elevate anche in Puglia e Campania (23 per cento), contro il 12% registrati nella provincia autonoma di Trento e in Friuli-Venezia Giulia. In ambito universitario, e in particolare nel numero di immatricolazioni, in Italia pesa una diffusa situazione di peggioramento: nelle classifiche internazionali, infatti, i nostri atenei risultano soltanto fra i primi 200 posti.
In Italia si contano oltre due milioni di "Neet" (not in education, employment or training) ossia i giovani che non hanno un impiego, non studiano e non fanno alcun tipo di pratica professionale o apprendistato. Due milioni sono anche gli scoraggiati, coloro che nel 2010 non hanno più cercato un lavoro, o perché in attesa degli "esiti di passate azioni di ricerca", o più semplicemente perché scoraggiati e convinti che non avrebbero trovato alcunché.

Più colpiti donne e immigrati
Ancora più drammatico è il quadro della condizione femminile. Siamo il Paese con il più basso tasso di occupazione femminile dopo Malta e Ungheria - evidenzia l'Istat - ma anche quello nel quale le donne sono più sfruttate e oppresse. Sulle loro spalle si appoggia il welfare che non c'è, sostituiscono la mancanza di asili nido e le tante insufficienze dell'assistenza agli anziani. Una situazione che non può durare ancora a lungo: "La catena di solidarietà femminile tra madri e figlie su cui si è fondata la rete di aiuto informale rischia di spezzarsi".
Nel 2010 è scesa di 170.000 unità l'occupazione qualificata femminile, mentre è aumentata di 108.000 unità quella non qualificata - in pratica sono uscite dal mercato del lavoro donne istruite con un buon lavoro, sono entrate badanti e impiegate nei servizi di pulizia straniere ma anche italiane. Il part-time femminile è cresciuto di 104.000 unità, ma si tratta interamente di part-time involontario. In generale, il tasso di occupazione femminile nel 2010 si è attestato al 46,1%, 12 punti percentuali in meno rispetto a quello europeo. Se si guarda al Sud però è ancora peggio: infatti nel Mezzogiorno solo 3 donne su 10 sono occupate, contro le 6 su 10 del Nord.
Inoltre si sta assistendo a un progressivo peggioramento della qualità del lavoro accompagnato da una crescita della disparità salariale rispetto agli uomini del 20% (30% per le immigrate). La mancanza di protezione sociale delle donne è rappresentata da un dato: 800.000 donne, con l'arrivo di un figlio, sono state costrette a lasciare il lavoro, perché licenziate o messe nelle condizioni di doversi dimettere. L'occupazione qualificata, tecnica e operaia, è scesa di 170 mila unità, mentre è aumentata soprattutto quella non qualificata (+108 mila unità): si tratta soprattutto di "italiane impiegate nei servizi di pulizia a imprese ed enti e di collaboratrici domestiche e assistenti familiari straniere".
"I giovani e le donne hanno pagato in misura più elevata la crisi, - ha sottolineato il presidente dell'Istat - con prospettive sempre più incerte di rientro sul mercato del lavoro, le quali ampliano ulteriormente il divario tra le loro aspirazioni, testimoniate da un più alto livello di istruzione, e le opportunità. Una quota sempre più alta di giovani scivola, non solo nel Mezzogiorno, verso l'inattività prolungata, vissuta il più delle volte nella famiglia di origine, e verso bassi livelli di integrazione sociale, soprattutto per quelli appartenenti alle classi sociali meno agiate. Oltre il 40% dei giovani stranieri abbandona prematuramente la scuola, alimentando un'area di emarginazione i cui costi non tarderanno a diventare evidenti. Le donne vivono una inaccettabile esclusione dal mercato del lavoro. Per di più, il carico di lavoro familiare e di cura gravante su di loro rende più vulnerabile un sistema di 'welfare familiare' già debole, nel quale esse hanno cercato di supplire alle carenze del sistema pubblico".
Il tasso di occupazione degli stranieri è sceso dal 64,5% del 2009 al 63,1% del 2010 - in termini assoluti gli occupati sono aumentati, ma solo perché è cresciuta la popolazione straniera. Si tratta di una categoria che presenta un tasso molto alto di sottoinquadramento: sono 880.000 quelli che hanno un livello di istruzione e un profilo più elevato rispetto a quello richiesto dal lavoro svolto. Inoltre guadagnano il 24% in meno rispetto agli italiani - la loro retribuzione netta media è di 973 euro contro i 1.286 di un italiano. Il differenziale aumenta fino al 30% per le donne.

8 giugno 2011