Continuano le manovre fuorvianti del partito neorevisionista e trotzkista italiano
UN ALTRO INGANNO DI
RIFONDAZIONE: L'IMPERIALISMO NON C'E' PIU'. SIAMO DI FRONTE A UN ``NUOVO CAPITALISMO''
Fausto Bertinotti: ``L'intuizione della rifondazione comunista individua una
prospettiva rivoluzionaria che non può dispiegarsi sugli schemi e le modalità classiche.
Sarebbero da rileggere le illuminanti intuizioni di Rosa Luxemburg''
La rifondazione neorevisionista e
trotzkista del PRC procede spedita anche sul terreno dell'analisi internazionale e della
politica estera. è quanto emerge dalla Direzione nazionale del 29 giugno, convocata per
fare il punto sulla situazione mondiale e ridefinire la strategia internazionale di questo
partito.
Non che gli argomenti e i concetti discussi e adottati in questa sede rappresentino
qualcosa di inedito, dal momento che erano già da tempo largamente teorizzati e praticati
dal vertice del PRC, ma in questa occasione è stato fatto dai bertinottiani uno sforzo
per dare loro una base teorica e ideologica generale e per ricompattare il partito su
tutta una serie di posizioni e di scelte in politica internazionale, su cui la confusione
e le contraddizioni interne di certo non mancano.
Già il titolo scelto per la relazione presentata dal responsabile Esteri, Ramon
Mantovani, ``Il nuovo capitalismo e la nostra iniziativa'', la dice lunga sull'indirizzo
che la segreteria bertinottiana ha inteso dare alla discussione: in estrema sintesi,
secondo il documento, oggi, nell'era della ``globalizzazione'' e del ``governo mondiale
unipolare'', saremmo di fronte a un ``nuovo capitalismo'', dai tratti fondamentalmente
cambiati rispetto al passato, che a detta degli imbroglioni neorevisionisti e trotzkisti
impone l'abbandono dei concetti classici di ``imperialismo'' e di ``contraddizioni
interimperialistiche'', rende impossibile la conquista del socialismo per i singoli popoli
e obbliga a ridisegnare un ``nuovo internazionalismo'' che in larga parte si confonde con
il movimentismo contro il neoliberismo e per la ``democrazia'', la pace, la difesa
dell'ambiente, ecc.
LA ``RIVOLUZIONE CAPITALISTICA'' DI BERTINOTTI
Il documento, approvato a maggioranza dalla Direzione, col voto contrario della corrente
trotzkista di Ferrando e Grisolia e l'astensione del trotzkista della IV Internazionale
Livio Maitan, si apre infatti con questa perentoria tesi di partenza: ``Il processo
economico, culturale e politico, universalmente identificato come `globalizzazione'
costituisce una nuova fase del sistema capitalistico, un vero e proprio nuovo
capitalismo''.
Saremmo in altre parole in presenza di cambiamenti qualitativi nella struttura del
capitalismo internazionale, tali che, secondo Bertinotti, non ci sarebbe da ``menare
scandalo alcuno sulla nozione di `rivoluzione capitalistica''', che non è secondo lui
``un ossimoro'' (una contraddizione in termini, ndr), ma ``un enorme processo di
innovazione''. Tra le conseguenze di questa ``rivoluzione'' il documento sottolinea la
``crisi degli Stati Nazione'', col passaggio ad uno Stato non più autonomo ma ``gestore
di politiche decise al di fuori della sua sovranità , e quindi tendenzialmente
tecnocratico e impermeabile al conflitto di classe e ad ogni contraddizione incompatibile
con gli interessi del nuovo capitalismo''.
La scomparsa del ``campo socialista'', con il ``crollo dei regimi dell'Est'', e
l'``evoluzione regressiva del sistema capitalistico, con la negazione della coppia
concettuale sviluppo-progresso, ed una sua dilatazione tendenzialmente planetaria'',
recita il documento, hanno mutato completamente lo scenario internazionale, per cui
leggere le contraddizioni attuali ``con l'ottica della fase precedente sarebbe un grave
errore''. è in atto la costruzione di un ``governo reale del mondo, secondo gli interessi
del capitale globale''. ``In questo nuovo quadro - ne conclude il documento - il concetto
di `imperialismo', seppur vigente, deve necessariamente essere largamente rifondato,
mentre la nozione di `contraddizioni interimperialistiche' appare del tutto incapace di
descrivere la dinamica dei rapporti di forza fra gli Stati e, al contrario, potrebbe
rivelarsi fuorviante dal punto di vista di chi propone la lotta al capitalismo e il suo
superamento''.
ATTACCO AL LENINISMO
Ecco dove volevano arrivare Bertinotti e soci con questa sorta di mini congresso sulla
linea internazionale del PRC: rinnegare ufficialmente la concezione leninista
dell'imperialismo proclamandola storicamente superata e inadatta a descrivere la fase
attuale del capitalismo, e su questa base dare legittimità e credibilità alla loro linea
ideologica, politica e internazionale opportunista, neorevisionista e trotzkista, fondata
sull'eclettismo, il movimentismo anarchico, pacifista, femminista ed ecologista, il
parlamentarismo, l'elettoralismo e il riformismo, come unica linea ``comunista'' possibile
dell'era della ``globalizzazione'' e del ``nuovo capitalismo''.
Non che si tratti di una ``svolta'' improvvisa, intendiamoci. Già da tempo l'imbroglione
Bertinotti, con il pretesto della ``globalizzazione'', aveva buttato alle ortiche il
concetto di imperialismo, preferendo parlare di ``logica imperiale'', come si è visto in
occasione dell'aggressione della Nato alla Serbia. Ma ora si trattava di sancirlo
ufficialmente e di scriverlo nella linea ufficiale del partito che si sta ``rifondando''.
Non per nulla, nel suo intervento, il segretario del PRC ha insistito sulla necessità di
una ``forte discontinuità'' con il passato, di operare una ``rottura marcata'' per
definire una ``nuova identità soggettiva'', perfino senza preoccuparsi troppo della
``correttezza oggettiva o analitica delle operazioni che si compiono'': e questo perché a
suo dire nel ``nuovo capitalismo'' vi sarebbe una ``componente di innovazione radicale che
ha scomposto il movimento operaio'', e perché ``l'intuizione della rifondazione comunista
individua una prospettiva rivoluzionaria che non può dispiegarsi sugli schemi e le
modalità classiche''.
Che cosa vuol dire con ciò l'imbroglione neorevisionista e trotzkista? Vuol dire che Marx
e Lenin sono ormai da buttare, perché storicamente legati al ``vecchio capitalismo'', e
che occorrono nuovi ``maestri'' per interpretare le leggi del ``nuovo capitalismo''.
Quali? Impossibile non vedere, dice Bertinotti, ``la soluzione di continuità che si è
determinata nei processi produttivi, nella loro nuova integrazione internazionale, nel
meccanismo stesso dell'accumulazione, che sta mutando le categorie stesse di spazio e di
tempo, e gli stessi meccanismi della riproduzione sociale (sarebbero da rileggere, a
questo proposito, le illuminanti intuizioni di Rosa Luxemburg)''.
Ecco chi sono i ``nuovi maestri'' dell'imbroglione Bertinotti! Egli cita la Luxemburg, per
non citare i più storicamente screditati Kautsky e Trotzky, con le loro teorie
opportuniste dell'``ultraimperialismo'' e della ``rivoluzione permanente'', già battute
in breccia nel movimento operaio internazionale da Lenin e Stalin. Ma se non è zuppa è
pan bagnato, perché le posizioni opportuniste della Luxemburg, alla quale storicamente si
richiamano i socialisti liberali di tradizione azionista come Bertinotti e i suoi maestri
Foa, Basso e Lombardi, provengono dallo stesso calderone anti marxista-leninista in cui
sguazzavano tanto l'ultradestro Kautsky quanto l'``ultrasinistro'' Trotzky.
Il primo attribuiva all'allora nascente imperialismo un carattere progressivo e
democratico, tale da risolvere al suo interno le contraddizioni di classe del capitalismo
e rendere superata la rivoluzione socialista per abbatterlo; il secondo negava la
possibilità di costruire il socialismo in un solo paese, sabotando la dittatura del
proletariato nell'Urss di Lenin e Stalin perché secondo lui non avrebbe potuto
sopravvivere senza la rivoluzione mondiale. Entrambi fondavano le loro teorie borghesi e
controrivoluzionarie su interpretazioni revisioniste e distorte del marxismo-leninismo,
come hanno poi fatto anche la Luxemburg e i suoi ammiratori, fino a Bertinotti che difatti
oggi la usa in funzione anti marxista-leninista.
UN KAUTZKISMO IN CHIAVE MODERNA
Col pretesto della ``globalizzazione'' e del ``nuovo capitalismo'', della ``scomparsa del
concetto di nazione'' ecc., Bertinotti e soci non fanno altro che recuperare, in chiave
``moderna'', le stantìe teorizzazioni di Kautzky. Un'operazione del tutto analoga, a ben
vedere, a quella già tentata da Craxi quando cercò di rivalutare Proudhon in
contrapposizione a Marx: tentare cioè di cambiare i padri del socialismo, per staccarlo
dal proletariato e riportarlo nell'alveo dell'ideologia liberale borghese, sia pure di
``sinistra''.
Che cosa c'è di veramente ``nuovo'' nella cosiddetta ``globalizzazione'', rispetto a
quanto già Marx ed Engels hanno svelato delle leggi del capitalismo e Lenin della sua
fase suprema, l'imperialismo? Nulla, se non la velocità, la dimensione planetaria e la
strapotenza, rese possibili dagli accresciuti mezzi economici, tecnologici e militari, e
dal collasso del socialimperialismo sovietico, con cui oggi si manifestano queste leggi,
che sono fondamentalmente sempre le stesse che esistono da quando è nato il capitalismo,
poi tramutatosi in imperialismo: la ricerca del massimo profitto attraverso lo
sfruttamento dell'uomo sull'uomo, la spietata concorrenza tra capitalisti e tra gli Stati
e le potenze imperialiste che ne rappresentano gli interessi, perseguita con tutti i mezzi
compresa la guerra, il depredamento e la spoliazione delle nazioni e dei popoli
sottomessi. In tal modo il vertice trotzkista cancella le contraddizioni interimperialiste
come quelle tra Usa, Ue e Giappone, nega il pericolo di guerra imperialista e finisce per
addormentare il proletariato nell'interclassismo e nel conciliazionismo.
Quanto alle teorizzazioni di stampo kautzkiano del vertice neorevisionista e trotzkista
del PRC secondo cui la ``globalizzazione'' tenderebbe ad assorbire le nazioni in un
cosiddetto ``governo mondiale unipolare'' espressione diretta del mercato e dalle
multinazionali, ecco come ha correttamente inquadrato la questione il nostro Segretario
generale, compagno Giovanni Scuderi, nel suo rapporto al IV Congresso nazionale del PMLI:
``Ciascun paese imperialista (...) difende gli interessi delle proprie multinazionali e
dei propri capitalisti e cerca di avvantaggiarli rispetto agli altri concorrenti. Nel
contempo però tutti insieme lavorano per definire un trattato internazionale da imporre
ai paesi capitalisti più deboli e ai paesi più arretrati economicamente''. ``Sono le
leggi coercitive del capitale, dell'imperialismo e del mercato - prosegue il rapporto - a
determinare la politica degli Stati e dei governi borghesi, da qualsiasi partito essi
siano diretti. Questo però non vuol dire, come sostengono certi `teorici' borghesi,
revisionisti e trotzkisti, che nell'`era' della `globalizzazione' gli Stati e i governi
nazionali vengono a perdere tutto il loro potere e che questo potere è ora passato alle
istituzioni internazionali economiche e finanziarie. è vero che il Fondo monetario
internazionale (Fmi), la Banca mondiale, l'Ocse e l'Omc hanno un peso rilevantissimo negli
affari dell'imperialismo e nel mercato mondiale e che condizionano enormemente le
politiche degli Stati nazionali, non però fino al punto di annullare o ridurre al minimo
il potere politico ed economico dei singoli Stati. Non comunque se questi Stati si
chiamano Usa, Ue, Giappone, per esempio, che anzi servono con diligenza''.
POSIZIONI ABERRANTI
La matrice neorevisionista di stampo kautzkiano e trotzkista delle teorizzazioni dei
bertinottiani li spinge anche ad assumere posizioni pratiche a dir poco aberranti: da una
parte infatti, sulla base dell'assunto che non essendoci più l'imperialismo né lo Stato
Nazione non ci sono nemmeno più le lotte antimperialiste né le lotte nazionali per il
socialismo, teorizzano con spregiudicatezza tanto la dissoluzione della lotta di classe e
per il socialismo nei movimenti spontaneisti più vari, sul modello di Seattle, quanto il
partecipazionismo alle istituzioni europee e internazionali come l'Onu e il Wto, per
``riformarle da sinistra'', sul modello jospiniano. Dall'altra, sostenendo il
``superamento della pratica delle relazioni internazionali basate su discriminanti
ideologiche'', arrivano a teorizzare relazioni con tutti i partiti revisionisti del mondo,
compresi quelli russo e cinese, oggi degenerati in partiti nazionalisti al servizio delle
proprie borghesie capitaliste e fasciste.
Sull'altro versante, la ``sinistra'' trotzkista facente capo a Ferrando e Grisolia, che ha
votato un proprio documento ``contrapposto'', ha difeso a parole l'attualità del concetto
di imperialismo, ma in realtà attaccandone la concezione leninista (attraverso l'attacco
allo stalinismo) e sotituendola con la concezione trotzkista; tanto che alla linea della
maggioranza bertinottiana oscillante tra il movimentismo e il jospinismo si è ridotta a
contrapporre la costruzione della IV Internazionale. E questo è tutto dire.
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