Proclamato dalla sola Cgil
Il 12 dicembre sciopero generale
Non è però sufficiente. Occorre lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma
E' ora di abbattere il governo del neoduce Berlusconi
Era nell'aria la proclamazione dello sciopero generale nazionale di tutte le categorie da parte (purtroppo) della sola Cgil. Era nell'aria perché il segretario generale, Guglielmo Epifani, lo aveva praticamente annunciato nel suo intervento nell'Assemblea nazionale delle delegate e dei delegati Fiom del 31 ottobre. Era nell'aria perché lo stesso Epifani aveva ripetuto questo annuncio in modo più ufficiale nel corso dell'Assemblea nazionale dei delegati e dei quadri Cgil del 5 novembre. Tale proclamazione è infine arrivata col direttivo della Cgil del 12 novembre, il quale ha indetto lo sciopero generale per una data più ravvicinata, rispetto alle previsioni, ossia il 12 dicembre prossimo, la stessa giornata scelta in precedenza dalla Fiom per la mobilitazione generale dei metalmeccanici. Le modalità della protesta, al momento che scriviamo sono le seguenti: 4 ore di sciopero per tutti con possibilità di allungarle a 8 secondo le esigenze delle singole categorie, con manifestazioni provinciali e regionali. Ed è apprezzabile che Cub, Cobas e SdL abbiano indetto uno sciopero generale intercategoriale per l'intera giornata del 12 dicembre e non solo per 4 ore.
Si tratta di una decisione forse tardiva ma importante e non più rinviabile. Lo esige la grave crisi finanziaria, economica e sociale e la recessione produttiva che, in modo progressivo, sta colpendo anche il nostro Paese con conseguenze devastanti in campo occupazionale, le fabbriche chiudono, cresce a dismisura la cassa integrazione e si moltiplicano i licenziamenti a partire da coloro che hanno un contratto precario, peggiorano ulteriormente le condizioni di vita e di lavoro della larghe masse lavoratrici e popolari, dilaga la povertà e l'insicurezza per il futuro. Lo esige la necessità di contestare e sconfiggere la politica economica, sociale e del lavoro del governo del neoduce Berlusconi di stampo neofascista, liberista, antipopolare, antistudentesco e razzista, messa in atto con la legge finanziaria, con i provvedimenti dei ministri Gelmini per la scuola e l'università, Brunetta per il pubblico impiego, Sacconi sui temi del lavoro (tra cui l'attacco all'art. 18 e al diritto di sciopero) e su quelli sociali contenuti nel suo "Libro Verde" e Maroni nel campo dell'immigrazione.
Lo sciopero generale inoltre era ed è necessario come momento di unificazione generale della straordinaria mobilitazione di massa che dall'inizio dell'autunno va avanti senza soluzione di continuità ed è ancora in corso senza segni di cedimento. Con il mondo di scuola, università, ricerca (studenti, docenti, lavoratori) in testa contro la Gelmini e la legge 133, e poi i dipendenti del pubblico impiego, i lavoratori del commercio e quelli dei trasporti, i metalmeccanici. I quali hanno organizzato ed effettuato (o effettueranno prossimamente) scioperi generali e manifestazioni territoriali e nazionali a raffica con una partecipazione potente amplissima, con un livello di combattività non ordinaria, che non si vedeva da tempo. Da salutare in particolare, come fatto politico di grande rilievo, la scesa in campo di una nuova generazione di ragazze e ragazzi che si è autorganizzata con gli strumenti della democrazia diretta, lotta per i propri diritti e non intende piegarsi alle politiche controriformatrici e liberiste del governo.
A questi motivi già di per sé più che sufficienti, c'è da aggiungere l'infame tentativo del governo e della Confindustria di emarginare, isolare, ridimensionare, piegare la Cgil, con la complicità dei sindacati di Bonanni e Angeletti, alle politiche di Berlusconi e della Marcegaglia. Che si è manifestato con gli accordi separati, cioè senza e contro il consenso della Cgil, per il contratto del commercio, per la "riforma" contrattuale, per il contratto dei pubblici dipendenti. Che si è concretizzato anche con il recente vertice segreto a Palazzo Grazioli tra il neoduce e vari suoi ministri, il presidente della Confindustria e i leader di Cisl e Uil e l'esclusione lampante della Cgil. Vi è in tutto questo un disegno, analogo a quello perseguito a suo tempo, dalla loggia P2 nel piano reazionario e golpista denominato di "Rinascita democratica", di normalizzare il dissenso sindacale, soffocare il conflitto sociale, demolire il contratto nazionale e favorire la costituzione di un sindacato di regime collaborativo e neocorporativo.
"Occupazione, lavoro, redditi, stato sociale, diritti e tutele - si legge nell'ordine del giorno del Direttivo nazionale Cgil - richiedono una risposta da parte del governo che, superando limiti ed errori contenuti nella finanziaria, sia in grado di sostenere redditi da lavoro e da pensione, estendere le reti di protezione per i tanti che stanno perdendo il lavoro, a partire dai precari, riveda: i tagli nei settori pubblici, nella scuola e nell'università, e favorisca un piano straordinario di investimenti a partire dalla condizione del Mezzogiorno e dalle crisi industriali". "Il Governo ha il dovere - prosegue l'ordine del giorno - di aprire un confronto serio e trasparente con le grandi forze di rappresentanza sociale. La scelta di non aprire questi tavoli - prosegue - di sostituirli con incontri, più o meno riservati, che tendono a escludere i più a partire dalla la Cgil... rappresenta un fatto di eccezionale gravità".
Alla vigilia della proclamazione dello sciopero generale, nella sua Assemblea nazionale dei delegati e dei quadri, la Cgil aveva messo a punto una piattaforma rivendicativa in sei punti, poi inviata al governo e alle associazioni imprenditoriali per affrontare la crisi economica con provvedimenti di carattere economico e fiscale, di revisione della politica del welfare e dell'immigrazione, per difendere l'occupazione, tutelare i salari, rilanciare i consumi. Tra i quali: la detassazione delle tredicesime, la restituzione del fiscal-drag, la riduzione delle tasse per i lavoratori e i pensionati a basso-medio reddito, l'aumento del fondo per gli ammortizzatori sociali, estendendoli a tutti coloro che oggi non ne hanno diritto, rilancio degli investimenti per la costruzione delle grandi infrastrutture, incentivi per le imprese che investono in innovazione e assumono lavoratori a tempo indeterminato. Inoltre ricontrattazione dei mutui casa a tassi d'interesse più bassi, sospensione della legge sull'immigrazione Bossi-Fini per almeno due anni, ciò a sostegno de i lavoratori stranieri che perdono il posto e rischiano il rimpatrio forzoso.
Noi del PMLI non siamo stati mai teneri nella critica alla linea e ai comportamenti del vertice della Cgil, abbiamo colto e stigmatizzato duramente la svolta a destra operata a cavallo dell'ultimo congresso nazionale, tutt'ora abbiamo posizioni molto distanti e diverse dal riformista Epifani. Tuttavia noi appoggiamo con forza la scelta della Cgil praticata in questi ultimi mesi di non piegarsi e resistere all'offensiva di governo e Confindustria, di non cedere alle pressioni delle altre due organizzazioni sindacali di Bonanni e Angeletti per firmare accordi capestro filopadronali che invece di fare gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, delle precarie dei precari, delle pensionate dei pensionati li danneggia, invece di rafforzare l'autonomia e l'indipendenza dei sindacati li subordina alle controparti e al sistema capitalistico. Appoggiamo la scelta di aver promosso a livello di categoria e ora a livello generale la mobilitazione dei lavoratori anche senza il consenso di Cisl e Uil e di parti rilevanti del PD di Veltroni, offrendo così anche una sponda importante alla lotta degli studenti.
Appoggiamo perciò la proclamazione dello sciopero generale del 12 dicembre di 4 ore. Il nostro auspicio è che si realizzi il massimo della partecipazione. I marxisti-leninisti ci saranno e faranno la loro parte. Ma non basta! Noi la esortiamo ad andare oltre, lo richiede la situazione di eccezionale gravità. La esortiamo a programmare in tempi brevi lo sciopero generale con manifestazione a Roma sotto i palazzi del governo. Potrebbe essere a febbraio 2009, mese individuato da Fiom e Fp per effettuare un nuovo sciopero generale di una giornata dei metalmeccanici e dei dipendenti pubblici, con manifestazione nazionale nella capitale. I motivi sono certo sindacali, richiamati nella piattaforma rivendicativa sopra citata (occupazione, reddito, investimenti produttivi, investimenti pubblici, welfare, immigrazione) ma al punto in cui si è giunti la protesta non può che assumere una dimensione più alta, politica, che contesti l'insieme delle politiche del governo del neoduce Berlusconi. Alla prova dei fatti emerge che con esso non ci sono margini per conquistare miglioramenti anche minimi per le masse popolari; anzi la direzione che persegue è opposta, va verso la realizzazione economica, politica e istituzionale della terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista interventista.
Se ci sarà il coraggio di andare fino in fondo la piazza può abbatterlo. I tempi sono maturi e c'è in campo la forza di popolo per farlo!

19 novembre 2008