Con l'istituzione della "cancelleria unica telematica"
Il governo Berlusconi assoggetta la magistratura
Il Csm e l'Anm aprono una pratica per chiedere chiarimenti al governo
Il piano della P2 sulla giustizia va avanti

Con l'avvio della fase di sperimentazione del "protocollo d'intesa per la realizzazione di programmi per l'innovazione digitale della giustizia, basati sull'utilizzo delle tecnologie informatiche e delle telecomunicazioni" firmato alla chetichella il 26 ottobre scorso tra il ministro per la Pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta e il ministro della Giustizia Angelino Alfano, il governo del neoduce Berlusconi si appresta a realizzare un altro fondamentale tassello del "piano di rinascita democratica" della P2 per la completa sottomissione del potere giudiziario al potere esecutivo.
Il progetto, denominato "Re.Ge. Web", prevede l'allestimento di una "cancelleria unica virtuale" presso il ministero della Giustizia in cui dovranno confluire tutte le informazioni inerenti le notizie di reato di tutta Italia a cominciare dai fascicoli dei pubblici ministeri, le comunicazioni tra polizia giudiziaria e pubblico ministero, tra pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari di ogni tribunale italiano e quindi le denunce, le querele, le istanze e i verbali degli interrogatori, delle perquisizioni, dei sequestri, delle sommarie informazioni assunte, degli accertamenti tecnici e delle intercettazioni. Informazioni che saranno interconnesse attraverso un "gestore centrale" organizzato e controllato direttamente dal governo attraverso il ministero di Giustizia. Insomma un vero e proprio archivio di tutti i reati penali svincolato da qualsiasi norma, disposizione o regolamento che determini la protezione di dati sensibili, chi potrà averne accesso, l'uso e soprattutto senza nessun controllo da parte dell'opinione pubblica. Non solo. Il protocollo fra l'altro prevede anche che la gestione di tale archivio può essere concessa anche a un fornitore esterno in outsourcing.
Uno scenario a dir poco inquietante che provoca "sconcerto" nel Csm e nell'Anm dove tutti si meravigliano che neppure una riga con aspetti così delicati del protocollo sia stato comunicato a tale organo.
Tra l'altro trattandosi di un "protocollo" e non di un decreto o un disegno di legge, il Consiglio non può, stando ai suoi poteri, esprimere neppure un parere sul contenuto del protocollo, ma dovrebbe subirne passivamente tutti gli effetti. Per questo il Csm il 13 gennaio ha aperto una pratica per chiedere chiarimenti al governo. Il rischio, osservano i giudici della Suprema Corte, attiene alle modalità di raccolta, gestione e informatizzazione dei dati processuali ed al pericolo concreto che attraverso questa palese violazione del segreto delle indagini e lo scippo al Pm e al Gip del loro esclusivo controllo investigativo da parte del governo si stia realizzando un sistema di "strisciante controllo del potere esecutivo sulle indagini del Pm".
L'articolo 7 del protocollo prevede la "trasmissione telematica delle notizie di reato tra le forze di polizia e procure della Repubblica".
"Il progetto - si legge nel documento - prevede che le forze di polizia giudiziaria redigano le notizie di reato, le digitalizzino, le trasmettano alle procure, firmate digitalmente e crittografate nell'ambito della rete privata delle forze di polizia con specifiche estensioni di rete che potranno avere anche ulteriori utilizzazioni sinergiche".
Si può così "automatizzare l'alimentazione del registro delle notizie di reato e la costituzione del fascicolo del pubblico ministero e del giudice delle indagini preliminari". I dati così raccolti potranno essere condivisi dall'intera rete delle forze di polizia che avranno accesso ai "dati di sintesi delle notizie di reato". Come? "Predisponendo una porta di dominio attestata presso il ministero della giustizia". La "porta di dominio" è una formula che appare misteriosa ai non addetti, ma non indica altro che il luogo e l'identità di chi assicura lo scambio elettronico delle informazioni.
Ma niente viene detto sul protocollo di intesa ministeriale su chi e come proteggerà quella miniera di informazioni? Quanto sarà inviolabile il sistema? È legittimo che l'intera "base dati" della giustizia italiana sia gestita non dall'amministrazione giudiziaria, cioè dalla magistratura, ma da funzionari e società private dipendenti dal governo o dalle sue decisioni?
Perciò, sottolineano i magistrati, quest'idea di una "cancelleria virtuale nazionale", oltre che pericolosa, è soprattutto illegale perché "Il codice di procedura penale prevede esplicitamente e senza deroghe che ogni 'notizia di reato e la documentazione relativa alle indagini siano conservati in un apposito fascicolo presso l'ufficio del pubblico ministero con gli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria'. Se dovesse nascere una cancelleria nazionale, anche se virtuale, si scipperebbe la proprietà esclusiva del fascicolo al pubblico ministero: è contro la legge".
Una sorta di "Grande Fratello" della giustizia italiana che è rischioso anche dal punto di vista tecnico dal momento che tutta la sua segretezza è affidata a una "chiave crittografica" con cui i procuratori della repubblica dovranno crittografare i documenti e che quindi rischia di fare la fine del segreto di Pulcinella. Infatti, chiunque ha un po' di familiarità con le tecniche di hackeraggio, sa benissimo che nessun sistema telematico è inviolabile.
Inoltre, osserva Alberto Berretti, matematico, professore di sicurezza informatica a Roma Tor Vergata, si tratta di "un progetto pericoloso perché prevede l'installazione di un solo server in un solo luogo. Se scoppia un incendio e tutto va in fumo, che succede? Si liquefa la giustizia italiana?... la 'chiave' non è la soluzione che risolve tutti i problemi. La crittografia rischia di essere una porta blindata sistemata su pareti di cartone. È vero, è difficile rompere la porta, ma è facile aggirarla passando dalle pareti. Oggi i dvd sono cifrati, ma in rete ci sono a tonnellate di dvd craccati, per dire. E poi oggi ci sono programmi di keylogging che copiano in silenzio quanto viene scritto sulla tastiera del computer. Il procuratore magari chiude la porta dell'ufficio e digita la sua 'chiave' di accesso crittografato. Pensa di essere solo e sicuro, invece c'è chi gli sta rubando in quel momento la chiave per consegnarla a cyber-criminali che la venderanno al maggior offerente. E se a vincere l'asta dovesse essere Cosa Nostra? Può stare certo che, se questa cancelleria virtuale dovesse davvero farsi, sarà un boccone ghiottissimo per ogni hacker del pianeta".
Non è assolutamente vero, come sostengono Alfano e Brunetta, che il progetto prevede un totale di 26 sedi a livello distrettuale, che la trasmissione telematica delle notizie di reato da parte delle forze di polizia giudiziaria al Pm continuerà ad avere 165 server e che quindi tutto resterà nella sola disponibilità del procuratore della Repubblica.
Nel protocollo si parla di una sola "porta di dominio attestata presso il ministero della giustizia" da cui sarà possibile un controllo continuo di tutte le indagini di tutte le procure d'Italia, del loro inizio e del loro proseguire da parte del governo. Uno strumento che, accanto al lodo Alfano che blocca i processi per le alte cariche, consentirà al nuovo Mussolini Berlusconi e ai suoi gerarchi di conoscere in tempo reale se ci sono indagini sul loro conto.

15 luglio 2009