Le buste paga dei governanti di "centro-sinistra"
Prodi incassa 26.847 euro al mese. Ferrero 16.128
I 101 membri del governo Prodi sono costati due milioni di euro al mese
Due milioni di euro. A tanto ammonta il malloppo che Prodi mensilmente ruba ai lavoratori per pagare i faraonici stipendi e i privilegi da nababbo dei 101 membri che compongono il suo governo e che, fra ministri, viceministri e sottosegretari, ha battuto il record di poltrone nella storia della repubblica.
La cifra è stata calcolata dal settimanale "l'Espresso" che ha pubblicato la lista completa delle retribuzioni governative con tutte le voci stipendiali, diaria, vitalizi, rimborsi, aumenti e indennità integrativa.
In testa c'è ovviamente il dittatore democristiano Prodi che intasca un totale di 26.847,43 euro al mese così composti: 11.703,64 per lo stipendio da deputato, fino a 10.041,37 euro di diarie e rimborsi parlamentari esentasse, altri 4.208,43 di compenso per l'incarico di premier più un assegno integrativo di governo pari a 839,99 euro.
La seconda e terza posizione sono appannaggio di due sottosegretari: Famiano Crucianelli, Esteri, e Elena Montecchi, Beni Culturali. Il primo è in Parlamento da più di 25 anni ed ha mantenuto il suo scranno riciclandosi diverse volte tra Pdup (partito di unità proletaria), Pci, Rifondazione, Comunisti Unitari, Pds, Ds e attualmente in quota Sinistra democratica. Grazie al cumulo tra pensione, stipendio e indennità di sottosegretario, Crucianelli arriva a 25.501 euro e si piazza alle spalle di Prodi. La seconda invece, pur avendo appena 53 anni, vanta già cinque brevi legislature alle spalle e grazie ai privilegi di cui gode è già in pensione con 9.947 euro mensili che, sommati allo stipendio a tassazione ridotta da componente del governo la fa volare ben oltre la quota dei 25 mila euro al mese.
Oltre a Prodi ci sono altri 21 ministri e dieci sottosegretari con scranno parlamentare e che quindi, nonostante la tanto sbandierata incompatibilità tra mandato parlamentare e incarichi di governo decisa dall'Ulivo, continuano a riscuotere il doppio stipendio. È il caso del ministro di polizia Giuliano Amato, quarto in classifica, con oltre 25 mila euro al mese, seguito da Pierluigi Bersani, Rosy Bindi, Emma Bonino, Vannino Chiti, Cesare Damiano, Paolo De Castro, Antonio Di Pietro, Fabio Mussi, Arturo Parisi, Alfonso Pecoraio Scanio, Barbara Pollastrini e Giulio Santagata tutti a quota 25 mila euro.
Pochi spiccioli sotto i 25 mila euro troviamo altri ministri parlamentari che godono del privilegio cumulativo degli stipendi come ad esempio D'Alema, Rutelli, Fioroni, Gentiloni, D'Antoni, Letta, Minniti e l'immancabile, quando si tratta di arraffare, Clemente Mastella (fino alle sue dimissioni) a poco meno di 23 mila euro.
Ma anche chi ha rinunciato allo scranno parlamentare, come ad esempio il ministro del Prc alla Solidarietà Sociale Paolo Ferrero, non se la passa per niente male dal momento che riesce a mettersi in tasca oltre 16 mila euro al mese ossia 12 volte il salario medio di un metalmeccanico.
Anzi c'è chi, pur rinunciando alla poltrona parlamentare, riesce perfino a guadagnare di più. È il caso di Roberto Pinza (viceministro all'Economia) il quale ha rinunciato ad un privilegio optando per uno ancora più ricco e vantaggioso. infatti, se da un lato, egli ha dovuto rinunciare alle diarie esentasse (7.526,90 euro) e allo stipendio del Senato (12.005,95 euro), dall'altro lato, ha recuperato la pensione parlamentare che altrimenti gli sarebbe stata sospesa se fosse rimasto in carica. Grazie a ciò, sommando la pensione di 9.387 euro, i 15.554 euro da sottosegretario e un regime di tassazione molto più vantaggioso, adesso il suo stipendio ammonta a 24.520 euro, ossia più dei ministri-senatori come Mastella e Livia Turco.
Sulla scia di Pinza si trovano i sottosegretari Alberto Maritati (Giustizia), i Prc Patrizia Santinelli (Esteri) e Alfonso Gianni (Sviluppo economico) che ha già riavuto la sua pensione di 6.590 euro al mese che, sommata a tutto il resto lo porta oltre la quota dei 22 mila euro al mese. E poi ancora i senatori Vernetti e Bubbico e i deputati Maria Letizia De Torre, Milos Budin e Giorgio Calò.
I sottosegretari-pensionati sono in tutto 19 e, nonostante le chiacchiere di Prodi, continueranno anche l'anno prossimo a incassare l'indennità ministeriale e il vitalizio mensile, perché la leggina con cui il 23 luglio scorso gli Uffici di presidenza di Camera e Senato hanno deciso di sospendere, dal primo gennaio prossimo, il cumulo tra pensione e indennità di governo, si applicherà solo a chi "assuma" l'incarico "successivamente al primo gennaio 2008", quindi non riguarda gli attuali membri dell'esecutivo e comunque, da qui all'anno nuovo e poi alla prossima legislatura, c'è sempre tempo e modo per trovare un modo di renderla del tutto inefficace.
Come del resto è già successo con l'altrettanto sbandierata legge Finanziaria 2007 che contemplava una riduzione del 30% dello stipendio dei ministri che, è stato rettificato in sede di attuazione, si applica solo ai ministri-parlamentari che riscuotono già due stipendi.
Una "manovra moralizzatrice" che doveva "dare il buon esempio" e che alla fine ha portato un risparmio di appena 44.222 euro mensili per l'Erario e che di fatto ha lasciato inalterati i faraonici compensi e i lauti privilegi dei quattro ministri tecnici (Tommaso Padoa-Schioppa, Alessandro Bianchi, Paolo Ferrero, Luigi Nicolais) e dei 46 sottosegretari non parlamentari a cui spetta una indennità di governo pari rispettivamente a 4.859 euro e 4.285 euro oltre allo stipendio-base di 11.269,21, lo stesso dei parlamentari, più tutti gli oneri previdenziali, rimborsi e diarie.
Basti dire che il più "povero", si fa per dire, dei 101 boss del governo uscente guadagna oltre 15 mila e 500 euro al mese.

26 marzo 2008