Profumo vuole cancellare le borse di studio
Il ministro dell'Istruzione dimissionario presenta un decreto che inasprisce i requisiti di merito ed economici, taglia gli importi e impone limiti di età
La mobilitazione studentesca fa slittare il decreto a dopo le elezioni

Pur facendo parte di un governo dimissionario, il ministro dell'Istruzione Profumo ha presentato un decreto che mira a inasprire i requisiti economici e di "merito" per l'accesso alle borse di studio, ne taglia gli importi e va verso la loro totale abolizione.
Se approvato, il decreto sarebbe un ulteriore passo per sbarrare le porte dell'università ai figli del popolo, che già la stanno abbandonando in massa, come dimostra il crollo degli immatricolati del 17% dal 2003.

La prima bozza
Andiamo per ordine. Il 31 gennaio Profumo fa circolare una bozza di decreto che, attuando la "riforma" Gelmini, farebbe piombare a 89mila il numero degli assegnatari delle borse di studio. Il decreto prevede infatti di "rafforzare" i requisiti di merito per l'assegnazione delle borse di studio, con aumenti dei crediti formativi necessari dal 10 al 20%, l'abolizione del bonus di credito (che protegge lo studente da gravi problemi personali che potrebbero pregiudicare la sua normale attività universitaria) e il requisito di essersi immatricolati alla triennale entro i 25 anni di età e alla magistrale entro i 32 anni, pena l'impossibilità di fare domanda. Veri e propri "limiti di età al percorso formativo", come li ha definiti l'Unione degli Universitari.
Quanto ai requisiti economici, il reddito ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) necessario per fare domanda è scaglionato su tre macroregioni (alla Miglio, padre ideologico della Lega Nord): 20.000 € al Nord, 17.150 € al Centro (a sud dell'Emilia-Romagna) e 14.300 € al Sud (dall'Abruzzo in giù, comprese le isole). Un vero e proprio spezzettamento federalista che penalizza enormemente gli studenti meridionali, lasciando presagire una futura tendenza migratoria verso il Nord, talmente discriminatorio e odioso da spingere la Gazzetta del Mezzogiorno il 5 febbraio a chiedere le dimissioni di Profumo.
Se intollerabili sono gli aumenti dei requisiti, clamorosamente inaccettabile è la riduzione degli importi. Parliamo infatti di -4,84% per i residenti, -4,21% per i pendolari e +4,62% per i fuori sede. Sembrerebbe proprio un aumento positivo almeno per i fuori sede, i più svantaggiati, ma attenzione! Al netto delle detrazioni per alloggi e servizi mensa, si ha un -11,93% per i residenti, -7,33% per i pendolari e -45,13% per i fuori sede, il cui disagio non solo resta ma si aggrava.
L'erogazione avverrebbe, alla triennale, in un'unica rata dopo il conseguimento dei requisiti di merito entro agosto, o in tre rate crescenti sempre legate ai requisiti di merito: in entrambi i casi gli studenti si trovano senza un euro in tasca quando devono affrontare le prime, pesanti spese. Per la magistrale si parla della prima rata del 40% a novembre soltanto se si è conseguita la laurea triennale entro due semestri fuoricorso.
In un'intervista alla Stampa del 4 febbraio, Profumo (oltre a difendere l'indifendibile negando clamorosamente il crollo degli immatricolati) sosteneva che il decreto "premierà chi vale", dando anche un espediente propagandistico a Monti impegnato in campagna elettorale. In realtà premierà chi ha i soldi per permettersi di valere.

Le contestazioni studentesche
Subito è esplosa la protesta delle studentesse e degli studenti di tutta Italia, articolandosi in numerose iniziative per bloccare il decreto, quali presidi, cortei, occupazioni.
In particolare si segnalano le occupazioni dell'Adisu (l'agenzia per il diritto allo studio) di Napoli e Bari e del Palazzo delle Scienze a Cagliari, assemblee e occupazioni di residenze a Venezia, Padova, Pisa, Firenze, Siena, Macerata, Urbino, Palermo. Iniziative anche a Modena, Bologna e L'Aquila. Stato di agitazione permanente per gli studenti pugliesi.
Una lotta importante alle quali i partiti borghesi in campagna elettorale si sono fatti trovare pressoché sordi e indifferenti, se si escludono le fumose promesse elettoralistiche di Vendola in merito a una legge sul diritto allo studio entro i primi cento giorni di governo.
Il 4 febbraio grazie alla diserzione dei consiglieri del gruppo UdU-Rete universitaria nazionale-Liste di sinistra è saltata la seduta del Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), attualmente presieduto dal Coordinamento Liste per il diritto allo studio appendice studentesca di Comunione e Liberazione. I consiglieri suddetti hanno disertato facendo saltare la seduta ed hanno scritto un appello a Napolitano perché fermi un "provvedimento che profuma di agguato contro di noi e la Costituzione". Regolarmente inascoltato.
Dimostrando quanto tiene in conto il parere del CNSU e a riprova della totale inutilità di questo organo (il cui voto non è vincolante) ai fini delle lotte degli studenti, Profumo è andato comunque alla Conferenza Stato-Regioni del 7 febbraio con un testo modificato (che vedremo fra poco). Incalzata da un nutrito presidio studentesco e dalle mobilitazioni che ovunque raggiungevano l'apice, a conclusione di uno stato di agitazione permanente di 48 ore, la Conferenza rimandava la decisione al 21 febbraio, appena tre giorni prima delle elezioni, previa consultazione del CNSU il 14 febbraio, ma anche questa seduta salta su impulso della mobilitazione studentesca e la Conferenza viene rimandata al 28 febbraio.

La seconda bozza definitiva
Come dicevamo, il 6 febbraio Profumo ha presentato un nuovo testo che però mantiene inalterata la struttura della prima bozza.
Secondo uno studio realizzato dall'UdU, gli importi netti sarebbero del +15,98% per gli studenti in sede, -5,49% per i pendolari e -28,54% per i fuori sede.
Le norme sugli ISEE vengono modificate eliminando le macroregioni ma peggiorando i requisiti, in quanto starà a ciascuna regione individuare il nuovo indicatore fra un minimo di 15.000 ad un massimo di 21.000€. Inoltre la valutazione dei fabbricati all'estero viene triplicata mettendo in forte difficoltà gli studenti stranieri più poveri.
Restano i "limiti di età" alle immatricolazioni per fare domanda (25 alla triennale, 32 alla magistrale).
Sostanzialmente immutati i requisiti di merito rispetto alla prima bozza, compresa l'abolizione del bonus. Al primo anno, per i fuori sede che ottengono l'alloggio e la ristorazione gratuiti, la borsa viene erogata soltanto al raggiungimento dei 35 crediti necessari. Per tutti gli altri l'erogazione avviene in tre rate (20% a novembre, 30% a marzo, 50% dopo agosto) sempre legate al raggiungimento dei crediti per ogni scadenza. Per gli studenti del primo anno della magistrale, la prima rata del 40% è erogata a novembre e il resto dopo agosto se sono stati maturati 40 crediti.
I nuovi criteri e importi entrerebbero in vigore dall'a.a. 2014/2015.

La vera posta in gioco: l'abolizione delle borse di studio
L'ennesimo - e più grave - provvedimento contro il diritto allo studio si inserisce nella strategia complessiva volta a creare l'università del regime neofascista. Una strategia attuata da vent'anni di controriforme e specialmente da Zecchino, Berlinguer ("centro-sinistra") e Gelmini ("centro-destra"). Il disegno piduista e neofascista continuato da Profumo punta a creare università sempre più concorrenziali fra di loro, sottoposte direttamente al grande capitale grazie all'"autonomia universitaria", restringendole gradualmente a pochi "centri d'eccellenza" concentrati soprattutto al Nord, sempre più classisti, irregimentati e costosi dai quali escludere gli studenti provenienti dalle masse lavoratrici e popolari. Lo stesso Monti in un intervento a Rtl 102.5 il 4 febbraio ha detto che le università andrebbero messe "un po' più in condizioni di concorrenza tra di loro".
L'abolizione delle borse di studio e la loro sostituzione con i prestiti d'onore, già caldeggiata da Berlusconi e Gelmini e che ora rischia di avvicinarsi alla concretizzazione con Monti e Profumo, è parte integrante di questa strategia volta a negare il diritto allo studio, perché solo gli studenti provenienti dalle famiglie più abbienti potrebbero permettersi di contrarre un prestito d'onore a cuor leggero, mentre per le larghe masse studentesche si tratterebbe di dover destinare i loro primi stipendi al rimborso, ammesso e non concesso che trovino rapidamente un lavoro stabile e adeguatamente remunerato.
Impossibile non vedere che l'ultimo decreto Profumo va proprio in questa direzione, lo stesso ministro si era detto favorevole all'introduzione del "modello giapponese" che, infatti, si fonda su prestiti esosi che tormentano la vita post-universitaria dei laureati meno abbienti.
La battaglia non è finita, come del resto dimostra anche il supertaglio del 92% al fondo per le borse di studio entro il 2015. Benché gli studenti siano riusciti a bloccare la decisione di Profumo per cui "il prossimo 21 febbraio il decreto sulle borse di studio si farà", occorre continuare la lotta senza riporre alcuna fiducia in un ipotetico governo di "centro-sinistra" che, in passato, non ha fatto nulla di buono per l'istruzione pubblica. Solo una grande mobilitazione delle studentesse e degli studenti, affiancati dai docenti democratici e progressisti, dal personale tecnico-amministrativo e da chi vuole difendere il diritto allo studio, può fermare il disegno neofascista e piduista respingendo colpo su colpo le misure governative, in questo caso chiedendo con forza il rifinanziamento del diritto allo studio tagliando la spesa militare e azzerando i fondi statali alle private, e battendosi per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. Le borse di studio vanno rifinanziate e concesse in base a requisiti economici e di reddito, senza alcun limite di età.
Intanto auspichiamo che le studentesse e gli studenti si astengano il 24 e 25 febbraio per punire i partiti della destra, del centro e della "sinistra" borghesi, tutti complici dello sfascio dell'università pubblica, e per premiare il PMLI che si batte coerentemente per il diritto allo studio, per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti, contro il capitalismo per il socialismo.

20 febbraio 2013