Il proletariato non rinuncerà mai alla bandiera rossa

Respingiamo con forza ogni subdolo tentativo di sostituire tra il proletariato e le masse popolari il rosso con l'arancione borghese, riformista e pacifista come hanno fatto Pisapia a Milano e De Magistris a Napoli, che hanno eletto questo colore a loro emblema programmatico, borghese, liberale e interclassista.
Che il rosso rappresenti lo spauracchio della borghesia appare ancora una volta evidente da questa operazione che cerca di estirpare dal cuore e dallo spirito del proletariato e delle masse popolari il colore-simbolo delle loro lotte, inciso nel loro patrimonio genetico dal sangue dei propri martiri.
Il rosso è da sempre il colore della sfida e della lotta e il proletariato non poteva che sceglierlo come il suo colore.
Già nel 1600 la bandiera rossa era considerata la bandiera della sfida. Mentre il bianco era il colore della resa, una città assediata che non voleva arrendersi ai propri nemici issava una bandiera rossa e accettava di battersi fino alla fine.
Il primo grande incontro con le lotte popolari avvenne durante la Rivoluzione francese. L'Assemblea nazionale costituente, con una legge del 20 ottobre del 1789, aveva fatto regredire la bandiera rossa a bandiera d'ordine, adatta cioè a proclamare l'instaurazione della legge marziale. Infatti il 17 luglio del 1791 fu issata sul Champ-de-Mars a Parigi per far desistere dai loro propositi i manifestanti che chiedevano l'arresto di Luigi XVI e la fine della monarchia. Così non fu. Il comandante della guardia nazionale aprì il fuoco lasciando sul campo più di cento morti ma il loro sacrificio non fu vano e la bandiera rossa divenne il simbolo del sangue versato dai martiri del Champ-de-Mars e la bandiera dei Giacobini che la proclamarono bandiera nazionale (anche se non ufficiale) contro il tricolore rosso, bianco e blu, che riprenderà il suo posto solo sotto l'impero napoleonico.
Bisogna arrivare però al 1831 perché diventi esplicitamente il simbolo delle lotte operaie.
Avvenne a Merthyr Tydfil, nel Galles, quando migliaia di minatori entrarono in lotta contro i padroni delle miniere di ferro per rivendicare salari in moneta corrente e non pagati con buoni forniti dagli stessi padroni.
La lotta fu repressa nel sangue ma continuò e nei giorni seguenti dai 7000 ai 10.000 lavoratori manifestarono uniti sotto la bandiera rossa, prendendo il controllo della città e mettendo sotto assedio nel locale castello i padroni delle miniere e i rappresentanti delle istituzioni. La lotta fu duramente repressa con centinaia di arresti, deportazioni e fucilazioni ma da quel momento in poi la bandiera rossa divenne il simbolo delle lotte dei lavoratori in diversi paesi europei in cui arrivò anche grazie al fatto che all'epoca nelle miniere lavoravano molti immigrati italiani, irlandesi e spagnoli.
I moti rivoluzionari del 1848 in Francia e in altri paesi europei riportarono la bandiera rossa sulle barricate.
In Italia il rosso divenne la divisa di Garibaldi e dei Mille che ne fecero la bandiera delle proprie battaglie. In un inno intitolato: "Camicia rossa" composto nel 1860 si leggono questi significativi versi: "Di gloria emblema, dell'ardimento / il tuo colore mettea spavento! / Fulmin di guerra ciascun ti noma / Camicia indoma".
Nel 1871 con la gloriosa Comune di Parigi il rosso e la sua bandiera diventano il simbolo della lotta del proletariato per il socialismo.
Rossa con scritte in oro era infatti la bandiera della guardia nazionale che venne adottata come bandiera della Comune, espressione dell'autorevolezza e del potere della stessa, il vessillo della resistenza contro la reazione da tenere alta sulle barricate mentre si respingevano gli attacchi delle truppe reazionarie di Versailles.
Marx conservava tra i suoi ricordi più cari, giunti fino a noi, una coccarda rossa realizzata con una delle ultime bandiere rosse delle barricate della Comune. La indossò più volte in occasioni di manifestazioni politiche.
Infine, con la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre trionfa definitivamente la bandiera rossa come vessillo della rivoluzione, della dittatura del proletariato, del socialismo e dell'internazionalismo proletario in tutto il mondo mentre il rosso esplode anche nella grafica politica rivoluzionaria.
Il primo anniversario dell'Ottobre fu una grande festa di massa. Nel piano predisposto da Lenin nell'aprile del 1918 Pietrogrado, la città culla della rivoluzione, doveva essere decorata di rosso. Gli addobbi dei festeggiamenti furono rossi: pannelli, stendardi, striscioni e bandiere (solamente nel distretto operaio di Vyborg ne sventolarono 3000 e si lamentò anche la mancanza di altra stoffa rossa) con varie parole d'ordine, molte ricamate in oro, inneggianti alla rivoluzione, ai Soviet, alla pace e all'internazionalismo proletario. E per la prima volta nella storia, uno Stato, la neonata Repubblica Socialista Sovietica, adottò la bandiera rossa come vessillo nazionale con la falce e martello incrociati simbolo dell'alleanza tra proletariato industriale e agricolo e contadini sovrastata da una stella a cinque punte simbolo del socialismo. Proprio a Lenin si devono le indicazioni per realizzarla come tutti la conosciamo.
Questa bandiera divenne la bandiera ufficiale dopo la ratifica al V Congresso dei Soviet il 10 giugno dello stesso anno, in tempo per il primo anniversario della Rivoluzione.
Successivamente con variazioni nella grafica, nella grandezza e nella posizione della falce e martello e della stella, divenne la bandiera di tutti i partiti comunisti del mondo.
Il PMLI ne ha aggiornato il disegno. La nostra bandiera ha una grande falce e martello in campo rosso ma l'effige di Mao è messa al posto della stella che tradizionalmente rappresenta il socialismo. Essa ricorda il ruolo e la funzione che il pensiero e l'opera di Mao hanno avuto e hanno su la storia, l'ideologia, il programma, la politica e l'organizzazione del nostro Partito. Inoltre indica che l'unione della classe operaia e dei contadini è insufficiente per combattere il capitalismo e conquistare il socialismo se essa non è fondata sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao, che il socialismo oggi si può conquistare e costruire solo applicando nella pratica i grandiosi sviluppi che Mao ha apportato al marxismo-leninismo.
Successivamente gli è stata affiancata la bandiera rossa con l'effige dei cinque Maestri e la scritta "Coi Maestri vinceremo!". Tra gli Inni del Partito c'è, oltre all'"Internazionale", "Bandiera rossa" . Val la pena di ricordare che tanto è radicata presso le masse operaie del nostro Paese la bandiera rossa che questo Inno, nato in Italia, non trova riscontro nella tradizione operaia di altri paesi. E ancora un richiamo al rosso c'è nell'altro Inno del PMLI "Il Sole Rosso", appunto.
Insomma la bandiera tutta rossa, meglio se di un bel rosso vivo, è il simbolo del proletariato e del socialismo e portata in piazza già dice da che parte stiamo, per che cosa lottiamo e contro chi, in barba a chi la vorrebbe eliminare dalle manifestazioni, in particolare quelle operaie.
Come conclude il comunicato dell'Ufficio stampa del Partito del 31 maggio scorso: "Il PMLI non cambia bandiera. Il rosso proletario rivoluzionario non può essere sostituito con l'arancione borghese, riformista e pacifista. Che tutte le combattenti e i combattenti anticapitalisti rivoluzionari si uniscano sotto la bandiera rossa con la falce e martello e l'effige di Mao del PMLI per marciare compatti, con forza e fiducia, verso l'Italia unita, rossa e socialista!".

15 giugno 2011