Presentate all'assemblea nazionale del delegati del 3 dicembre
Le proposte della Cgil sono insufficienti

In un primo tempo nella giornata del 3 dicembre era stata indetta una grande manifestazione nazionale a Roma. Caduto il governo Berlusconi e nominato il nuovo esecutivo con alla guida Monti, la CGIL ha revocato l'iniziativa di lotta e in sostituzione ha convocato un'Assemblea nazionale delle delegate e dei delegati. In questa circostanza è stata presentata una sorta di piattaforma per rilanciare le sue priorità "per favorire la crescita e contribuire a portare il paese fuori dalla crisi". Nove temi "sui quali intervenire - si legge - per segnare un cambio di rotta".
Al primo posto c'è la crisi industriale giunta a livelli devastanti: Circa 3,3 miliardi di ore di cassa integrazione dall'autunno del 2008. 50 mila le aziende coinvolte. Quasi 200 le vertenze aperte che coinvolgono oltre 220 mila lavoratori. Per la CGIL occorre cambiare strada per riaffermare la "specificità manifatturiera del nostro sistema economico" con l'istituzione di un fondo per la crescita e l'innovazione per favorire un piano energetico nazionale e politiche di "green economy".
Ridurre le tipologie contrattuali. La crisi, segnala la CGIL, ha peggiorato la qualità dei nuovi posti di lavoro. Circa 8 assunzioni su 10 sono precarie. Una situazione insostenibile che il passato governo ha persino peggiorato col il collegato lavoro e l'articolo 8 della manovra di ferragosto. Occorre rilanciare "la centralità del lavoro stabile, tutelato e formato come leva per il progresso e la coesione sociale - è scritto nella piattaforma - proponendo che il lavoro a tempo indeterminato torni ad essere il 'normale' rapporto di lavoro". In questo contesto, il rapporto di lavoro a tempo determinato deve costare di più di quello normale e deve avere giustificazione legislativa e contrattuale. Inoltre, va incentivata la trasformazione del lavoro precario in lavoro stabile e "si cancellino le tante forme di lavoro oggi esistenti riconducendole a poche unità".
Gli ammortizzatori sociali è il terzo tema. Sono in tanti in Italia, specie giovani e precari, sprovvisti di ammortizzatori sociali. Per la CGIL "Serve una riforma organica degli ammortizzatori sociali che garantisca a tutti due forme di tutela: la cig in caso di difficoltà temporanea dell'impresa, con garanzia di rientro in azienda e ricorso a formazione mirata durante i periodi di non lavoro; indennità di disoccupazione in caso di perdita di lavoro". Per assicurare a tutti una copertura pari all'80% del salario fino a un tetto massimo di 1.800 euro. Il sistema a cui pensa la CGIL uguale per tutti si basa su tre anni di cig, più altri due anni di sostentamento dopo il licenziamento.
Anche parlando di pubblica amministrazione l'accento è messo sul lavoro precario dilagante e sulla necessità di politiche di stabilizzazione. Queste le cifre messe in chiaro: 122 mila nei settori della pubblica amministrazione; 200 mila in quelli della conoscenza. Mentre non meno di 70 mila persone che hanno vinto il concorso non trovano spazio per l'assunzione vera e propria. Un quadro drammatico che andrebbe superato ma non si sa bene come. Nella piattaforma non ci sono proposte concrete.
I giovani, la loro precaria condizione di lavoro e di vita è la ricaduta più grave della crisi economica e sociale esistente. Alcuni milioni di precari e altri 2 milioni di giovani che non trovano lavoro rappresenta infatti una vera emergenza sociale. Occorre, secondo la CGIL, liberare i giovani dal ricatto occupazionale che spesso li costringe ad accettare condizioni indecenti, occorre contrastare la disoccupazione giovanile e il lavoro sommerso creando un sistema di tutele e di servizi per i giovani in cerca di prima occupazione. Anche attraverso un contratto d'ingresso, con finalità formative e una durata massima di tre anni per giungere alla stabilizzazione.
Pesanti le ricadute della crisi e delle diseguaglianze sulle donne. Nel confronto con altri paesi europei, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro in Italia è allarmante. Nel 2010 il tasso di occupazione femminile si è fermato al 46,1%, ossia 13% in meno rispetto alla media europea. Ben 800 mila le donne che sono state licenziate o che hanno dovuto lasciare il lavoro per maternità. Molto alto inoltre il tasso di inattività (non ha lavoro né lo cerca). Le donne a parità di lavoro guadagnano il 13% in meno rispetto agli uomini. Serve un piano straordinario per l'occupazione femminile, sostiene la CGIL, che superi "discriminazioni, differenziali, segregazioni e separazioni".
Sul lavoro nero che coinvolge oltre 3 milioni di lavoratori, costretti a lavorare in condizioni spesso disumane, e che rappresenta una gigantesca evasione fiscale, la linea della CGIL propone: reprimere in modo mirato aumentando e potenziando i controlli ; offrire una prospettiva di emersione con piani territoriali, sostenendo le imprese che volessero mettersi in regola; fare della pubblica amministrazione un presidio di legalità.
Il Mezzogiorno sta pagando un prezzo altissimo nella crisi. La sua situazione già grave è stata peggiorata dal precedente governo Berlusconi e dalle sue politiche finanziarie ed economiche. Al Mezzogiorno sono stati sottratti cospicui fondi destinati dalla UE alle aree sottosviluppate e utilizzate per altri scopi. "L'Italia non uscirà dalla crisi più grave del dopoguerra - afferma la CGIL - se non si rimette il Mezzogiorno al centro di un progetto di sviluppo sostenibile che modifichi in profondità il mix produttivo e la struttura dei consumi e offra alle nuove generazioni una prospettiva di lavoro stabile, qualificato, non più povero e precarizzato".
Le mafie e la loro incidenza nell'economia è l'ultimo tema trattato. Pochi dati bastano e avanzano per avere la dimensione del fenomeno criminale: 60 miliardi di euro il costo della corruzione nel 2010; 150 miliardi di euro il fatturato delle mafie italiane di cui 70 di utili al netto; 180 mila di posti di lavoro persi ne Mezzogiorno a causa di questa attività criminale; 500 mila i commerciarti pagano il pizzo alla malavita. C'è poi l'evasione fiscale pari a 270 maliardi all'anno di cui 120 miliardi di mancato gettito, Alla diagnosi però non segue, nel documento in esame, alcuna proposta di contrasto, alcuna soluzione.
Non vi è dubbio che i temi sollevati dalla CGIL e discussi nell'Assemblea nazionale dei delegati sono reali, importanti, riguardano problemi molto acuti che affliggono le masse lavoratrici, giovanili e popolari. E tuttavia troviamo delle insufficienze nella loro trattazione e nella proposta rivendicativa troppo generica, troppo timida e soprattutto all'interno di una visione riformista e concertativa che, specie negli ultimi 20 anni ha fallito in modo palese, contribuendo non poco a determinare l'attuale drammatica situazione economica e sociale, alla perdita di diritti conquistati a prezzo di dure lotte. Sulla controriforma del "mercato del lavoro" e il dilagare del lavoro precariato che ora giustamente si depreca, per esempio. Sulla controriforma delle pensioni su cui il nuovo governo Monti ha calato ancora la mannaia. Sul gigantesco trasferimento della ricchezza dal lavoro dipendente al capitale finanziario e in generale dei ceti più ricchi. Ricordate la "politica dei redditi" e l'abolizione della scala mobile? Ma il discorso potrebbe continuare sui temi della scuola, della sanità, del pubblico impiego dove sono state introdotte, negli anni e con la complicità certo in primis di CISL, UIL ma anche della stessa CGIL, dose massicce di privatizzazione e di misure neoliberiste. C'è ancora un altro aspetto da sottolineare che è la coerenza. Che fine ha fatto la rivendicazione dell'abolizione della legge 30, per dirne una?
La CGIL chiede al governo di cambiare rotta. Giusto. Ma anche il sindacato della Camusso dovrebbe fare lo stesso.


14 dicembre 2011