Per chiedere la modifica del decreto legge al voto alla Camera
I terremotati protestano davanti a Montecitorio
Il parlamento nero ignora le istanze delle popolazioni dell'Abruzzo
"Vergogna, buffoni, gli sfollati vi aspettano al G8"

Il 16 giugno scorso, mentre la Camera votava il decreto legge per l'Abruzzo che espropria i comuni di qualsiasi funzione, elargisce superpoteri a Bertolaso e stanzia una manciata di spiccioli per un'improbabile ricostruzione, oltre duemila terremotati provenienti da L'Aquila e dagli altri paesi coinvolti dal sisma hanno assediato per ore Montecitorio per esprimere la loro rabbia e indignazione contro le promesse elargite a piene mani dal neoduce Berlusconi e poi vergognosamente tradite, per chiedere la ricostruzione dell'Aquila, del suo centro storico e quella di tutti i paesi distrutti, e di conseguenza per chiedere lo stanziamento di fondi adeguati.
A centinaia si sono mossi dalle tendopoli, dagli alberghi della costa, dalle case dove si sono trasferiti come sfollati o da quelle che hanno rioccupato per manifestare a Roma convinti di poter ancora influenzare il voto sul decreto legge che condanna l'Aquila e i suoi paesi, il suo tessuto sociale e produttivo alla morte e chiedere invece come recita il nome della campagna lanciata dalle associazioni cittadine che hanno organizzato il sit-in "100% ricostruzione, trasparenza, partecipazione". I manifestanti arrivati coi pullman e coi mezzi propri a Piazza Venezia, hanno sfilato decisi e compatti in corteo in via del Corso, forzando il cordone di polizia e carabineri che, minacciando di caricarli, aveva tentato di deviarne il percorso per impedirgli di arrivare fin sotto Montecitorio. Tutti dietro lo striscione: "Forti e gentili sì, fessi no". Nel corteo anche una cinquantina di sindaci dei paesi distrutti dal sisma.
Presente anche un grande striscione con la scritta "Case, scuole, Università. Subito. Contro la speculazione ricostruzione dal basso". Per ricordare ai politicanti borghesi come si vive nelle zone terremotate alcuni ragazzi hanno montato tende da campeggio sotto l'obelisco davanti a Montecitorio. In piazza sono scesi anche gli studenti dell'Onda che chiedono che a occuparsi della ricostruzione non sia Impregilo poiché, dicono, fu proprio "la stessa azienda a costruire l'ospedale che poi crollò". "Una sola grande opera: ricostruire l'Aquila dal basso" ha scritto su uno striscione l'associazione "Epicentrosolidale", uno delle decine di comitati formatisi nel crescendo della mobilitazione alimentata dalla disillusione delle promesse non mantenute. Tante le storie che urlano rabbia e indignazione e che danno voce ad una protesta che covava da tempo tra le tende e sotto la montagna di chiacchere dei governanti borghesi. Una rabbia verso il governo che ha stanziato fondi insufficienti e per di più incerti per la ricostruzione. Infatti, denunciano i manifestanti, mentre il governo per acquistare i caccia F35 ha stanziato ben 14 miliardi certi, per la ricostruzione dell'Abruzzo invece i fondi, non sono quantificati e per di più dovrebbero essere reperiti dalle lotterie o dalla lotta all'evasione fiscale (sic!).
Quando, dopo ore di attesa sotto il solleone romano, arriva la notizia che per 11 voti di scarto è stato bocciato l'emendamento che estendeva il finanziamento totale da parte dello Stato anche alla ricostruzione delle seconde case, la piazza esplode in un "vergogna, buffoni, gli sfollati vi aspettano al G8". "Lo aveva promesso davanti alle bare dei nostri morti" è l'accusa lanciata verso lo spergiuro Berlusconi.
Furioso il sindaco de l'Aquila Cialente: "Siamo stati traditi dalle promesse del governo e di Berlusconi. Ci sentiamo umiliati. Siamo qui per chiedere le cose che sono state sbandierate come fatte in tv e a 'Porta a porta'". "È stato un golpe" denuncia la presidente della provincia Stefania Pezzopane. Si taglia a fette la rabbia dei manifestanti soprattutto quando si parla dei primi appalti, quelli per le casette antisismiche che forse a novembre, dovrebbero liberare parte dei terremotati dalla schiavitù delle tendopoli. Si tratta di 450 milioni di euro quasi tutti finiti ad aziende del Nord Est. Dovranno realizzare le famigerate new town, quelle che gli aquiliani non vogliono e che Berlusconi ha invece già commissionato a un suo caro amico, l'immobiliarista veneto Andrea Mevorach.
Nel pomeriggio alcuni tentano di andare al Quirinale, altri invece vogliono passare sotto la residenza del nuovo Mussolini a Palazzo Grazioli. Alla fine si opta per un corteo fino a piazza Venezia. Bloccano il traffico di via del Corso e improvvisano un sit-in estemporaneo. Poi, sotto l'Altare della patria i manifestanti accerchiano l'intera piazza con un enorme girotondo ribattezzato "il giro della speranza".
Vergognoso il blackout sulla protesta dei terremotati del Tg1 del nuovo direttore il berlusconiano di ferro Augusto Minzolini, che invece di parlare del sit-in sotto Montecitorio e delle ragioni dei terremotati ha mandato in onda in perfetto stile mussoliniano dei "Cinegiornali Luce", un servizio sulla programmata ricostruzione della Casa dello studente per opera della regione Lombardia guidata dal forzista Formigoni,

25 giugno 2009