Riesplosa in Austria dopo lo sgombero del Refugee Protest Camp la protesta dei profughi per il diritto d'asilo
Denunciamo la feroce politica della Ue contro i migranti e la barbara Convenzione Dublino 2

Il gruppo di richiedenti asilo, in maggioranza pakistani, che per oltre due mesi si era rifugiato nella chiesa Votivkirche di Vienna dopo lo sgombero del refugee protest camp allestito nel parco adiacente, rischia di essere espulso e rimandato nel paese dal quale sono entrati in Europa, l'Ungheria, o al paese di origine. La loro richiesta di ottenere il diritto di asilo, e la protesta che per alcuni mesi si era svolta nel refugee protest camp che aveva attirato una forte solidarietà e mobilitazione, è caduta nel vuoto per l'opposizione della ministra degli interni Johanna Mikl-Leitner, del partito popolare (Oevp) alleato nel governo di coalizione coi socialdemocratici (Spoe) del cancelliere Werner Faymann.
La protesta dei profughi autoorganizzata per la prima volta in Austria era iniziata il 24 novembre scorso con una marcia di protesta di 35 chilometri da Traiskirchen, sede del centro di prima accoglienza dove erano stati rinchiusi in condizioni di sovraffollamento e carente persino di cibo, a Vienna. Nella capitale avevano trovato appoggio nella chiesa di Votivkirche e avevano allestito un campo nel vicino parco. Altre iniziative di protesta scoppiavano in Germania, dove una marcia di profughi percorreva 500 chilometri da Wuerzburg a Berlino, in Olanda e Ungheria.
Il centro di detenzione dei migranti austriaco è, al pari di quelli costruiti negli altri paesi dall'Italia alla Grecia, alla Spagna, un campo di concentramento nel quale sono rinchiusi in condizioni vergognose. Negli stessi campi sono incarcerati i richiedenti asilo in base alle procedure previste dalla barbara Convezione Dublino 2 che esprime in pieno la feroce politica dell'Unione europea (Ue) contro i migranti.
La Convenzione si preoccupa soprattutto di definire a quale paese compete accogliere la domanda di asilo e le procedure per processare la pratica, fredde procedure burocratiche che in certi casi denunciati dalle organizzazioni umanitarie hanno diviso i nuclei familiari o rispedito a casa profughi in parte integrati o con cure mediche in corso. Nessun rispetto dei diritti dei migranti considerati come bestie. Ai rifugiati viene negata la scelta del paese dove stare e nel tempo di attesa dell'iter della pratica sono incarcerati di fatto in condizioni di accoglienza bestiali nei paesi di confine dell'Ue. Eppure l'Unione europea ha vinto il Nobel per la pace anche per la promozione dei diritti umani.
Agli inizi di marzo i profughi del refugee protest camp avevano accettato di lasciare la chiesa che intanto era oggetto di provocazioni e aggressioni di gruppi di estrema destra nonostante fosse tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia, impegnata solo nella caccia ai rifugiati e arrestati non appena mettevano un piede fuori. Il ministero degli Interni aveva promesso consulenza giuridica e un riesame attento delle singole cause e invece si sono presentati dei funzionari governativi che offrivano solo 7 mila euro a chi accettava il ritorno volontario in patria.
Sei richiedenti asilo sono stati immediatamente espulsi in Ungheria, primo paese nel quale erano transitati per entrare nell'area Ue, secondo le norme della Convenzione Dublino 2 e nel quale devono presentare la domanda d'asilo. Nell'Ungheria del fascista Orban li aspettavano manette, immediata reclusione e guinzaglio per le uscite fuori dal campo di raccolta. Il lager noto agli stessi tribunali austriaci che nel passato in molti casi hanno vietato le espulsioni verso quel paese.
Altri 25 rifugiati del gruppo, con la domanda d'asilo già due volte negata, rischiano l'espulsione verso il loro paese, il Pakistan. Finora tale operazione era impossibile per la mancanza di accordi specifici tra i due paesi ma il governo austriaco si è premurato in tutta fretta di definire in tempi brevi i necessari accordi di espulsione col governo del Pakistan.

22 maggio 2013