Tunisia
Continua la protesta contro il governo di transizione

Le masse popolari tunisine dopo aver dato vita alla rivolta scoppiata per il pane e il lavoro che ha costretto alla fuga il dittatore Ben Ali lo scorso 14 gennaio non vogliono un governo di transizione formato in gran parte da esponenti del vecchio regime, vogliono un taglio netto col passato e considerano insufficienti le prime misure adottate dal nuovo esecutivo. Lo hanno gridato forte in piazza a Tunisi anche il 25 gennaio, alla vigilia dell'annuncio della composizione definitiva del governo di transizione, con la sostituzione dei cinque ministri dimessi nei giorni precedenti, e la nomina dei governatori locali e degli ambasciatori.
Nel centro di Tunisi le manifestzioni si susseguono con cadenza giornaliera, nonostante resti in vigore lo stato d'emergenza, il divieto di assembramenti e il coprifuoco notturno. Il 18 gennaio diverse centinaia di giovani formavano un corteo nel centro di Tunisi per chiedere lo scioglimento del partito di Ben Ali. La polizia ha bloccato il corteo e ha disperso i manifestanti con pesanti cariche. Gli scontri sono continuati per diverse ore. Il 23 gennaio è stata la volta di migliaia di dimostranti provenienti dalle regioni interne, quelle più povere del paese, che sfilavano nella capitale per chiedere lo scioglimento delle organizzazioni politiche del vecchio regime e l'arresto dei dirigenti compromessi con Ben Ali. I manifestanti erano partiti dalla città di Sidi Bouzid, dove a metà dello scorso dicembre era partita la protesta.
Un massiccio schieramento di poliziotti ha impedito ai manifestanti di assediare la sede del governo ma il loro messaggio è arrivato con forza al premier Ghannouchi.
Che già il 20 gennaio, alla prima riunione del nuovo governo di unità nazionale, aveva dovuto prendere atto della mancata accettazione dell'incarico da parte di cinque ministri, di cui i tre rappresentanti del sindacato Ugtt, e di una nuova manifestazione di protesta che si svolgeva sotto la sede del Raggruppamento Costituzionale Democratico (Rcd), il partito del deposto presidente.
Poche ore prima era stato annunciato lo scioglimento del comitato centrale dell'Rcd, in seguito alle dimissioni di diversi membri del comitato che sono anche ministri del nuovo governo di transizione. Il partito comunque rimane attivo.
Il governo di transizione approvava un disegno di legge per un'amnistia generale, che sarà presentato al parlamento, decideva di riconoscere tutti i partiti e movimenti politici messi al bando dal regime e toglieva il divieto alla pubblicazione di giornali e libri precedentemente banditi. Decideva inoltre di espropriare i beni dell'Rcd. Fra le altre inziative decideva di istituire tre commissioni di inchiesta, guidate da personalità indipendenti, su abusi dei diritti umani, corruzione e sulle riforme politiche e annunciava tre giorni di lutto nazionale in onore delle quasi cento vittime delle manifestazioni dell'ultimo mese. Una serie di provvedimenti con lo scopo di placare la protesta popolare, ancora forte.

26 gennaio 2011