Elezioni in Russia
Zar Putin fa incetta di voti con i brogli e la repressione degli avversari
Il falso partito comunista non fa ombra al nuovo zar
Le elezioni per il rinnovo del parlamento del 2 dicembre in Russia si sono chiuse come da copione con la larga vittoria del partito del presidente Putin, Russia unita, costruita grazie al totale controllo dei mezzi di informazione, ai brogli e alla repressione degli avversari.
Secondo i dati diffusi dal Cremlino i votanti sono stati il 63% degli elettori, il 7% in più delle legislative del 2003; gli astensionisti sono comunque rimasti un numero consistente, ben oltre un terzo degli aventi diritto. Sui voti validi Russia unita, che aveva Vladimir Putin capolista in tutte le circoscrizioni, ha ottenuto il 64,1% dei consensi; il falso Partito comunista ha ottenuto l'11,6%, il Partito nazionalista Ldpr l'8,2% e il partito socialdemocratico Russia giusta il 7,8%. Sotto la soglia di sbarramento del 7% e quindi senza rappresentanza in parlamento sono rimasti il Partito agrario con il 2,3% e i due partiti liberali, Yabloko e Sps, che hanno avuto rispettivamente l'1,6 e l'1%. Russia unita ha mantenuto la maggioranza assoluta che aveva anche nel precedente parlamento e ha conquistato 315 seggi su 450; 55 sono andati al falso partito comunista, una quarantina a Ldpr e Russia giusta. Tutti i partiti presenti nella nuova Duma hanno ottenuto più seggi della precedente spartendosi quelli dei partiti più piccoli cancellati dalla soglia di sbarramento.
Gli osservatori dell'Osce e del Consiglio d'Europa hanno espresso un giudizio duro e negativo sullo svolgimento delle elezioni sottolineando che "non c'è stata un'arena politica paritaria in Russia nel 2007". Il rapporto degli osservatori denuncia che "il voto si è svolto in un'atmosfera che ha limitato seriamente la competizione politica, con frequenti abusi delle risorse amministrative e con una copertura mediatica pesantemente a favore del partito al potere". Fra l'altro gli osservatori puntano il dito contro le "nuove regole elettorali che rendono molto difficile lo sviluppo di nuovi e più piccoli partiti" e sulle "pressioni a carico dei partiti dell'opposizione".
Il rapporto si riferisce alla legge elettorale voluta da Putin con l'alta soglia di sbarramento al 7% e i milioni di euro che i partiti devono pagare per partecipare alla competizione elettorale, una tassa che blocca l'accesso alle elezioni dei partiti più piccoli e che non è restituita in caso di non superamento della soglia. Si riferisce alle repressioni contro le manifestazioni politiche dei partiti non ammessi e agli arresti degli oppositori compiuti dalla polizia durante la comapagna elettorale.
Non sono mancati i brogli a favore del partito di Putin a partire da quello documentato dalla televisione indipendente Ren-Tv che ha mostrato un filmato, ripreso con un cellulare, in cui si vede una scrutatrice in un seggio di Mosca che da una cartella preleva un pacco di schede già votate e le inserisce nell'urna sotto gli occhi compiaciuti del personale inviato dal governo che avrebbe dovuto vigilare sul corretto svolgimento del voto. Una denuncia ignorata dalla Commissione elettorale centrale.
Non rientra tra i brogli ma non è neanche tanto lontana l'operazione compiuta da Russia unita di collocare in testa alle liste di tutte le circoscrizioni Putin e subito dietro, ciascuno nella propria circoscrizione, i governatori delle oltre 90 regioni del paese per catturare il maggior numero di consensi. Putin almeno fino a aprile, quando sarà sostituito nella carica di presidente, non siederà in parlamento e probabilmente non ci siederanno mai nemmeno tutti i governatori che dovrebbero altrimenti lasciare il loro incarico.
Anche il falso partito comunista di Gennadij Zyuganov ha denunciato che i brogli sono stati superiori a quelli ampiamente sperimentati negli anni della presidenza di Boris Eltsin quando i modi "erano solo due: intimidazione degli elettori e riscrittura a tavolino dei risultati". A caldo Zyuganov ha minacciato di non riconoscere i risultati e di ritirare i suoi deputati dal nuovo parlamento, salvo poi prepararsi a trattare con Putin.
L'appuntamento delle elezioni legislative era una tappa del percorso predisposto da Putin per mantenere nelle sue mani il più a lungo possibile il bastone del comando al Cremlino. Nella prossima primavera dovrà lasciare la carica non potendosi ripresentare per un terzo mandato. Ha preparato la sua uscita candidandosi al parlamento, in vista dell'incarico da primo ministro. Il 10 dicembre ha annunciato che il candidato di Russia unita alle presidenziali del 2 marzo prossimo sarà il suo vice Dmitry Medvedev.
Medvedev fedelissimo putiniano, ex avvocato, è da anni a capo del gigante petrolifero russo Gazprom; nel 2003 Putin lo ha nominato direttore del personale dell'amministrazione presidenziale e vicepremier nel 2005. Il neocandidato presidenziale, che si sente già vittorioso, ha annunciato che assegnerà a Vladimir Putin la carica di primo ministro subito dopo che avrà lasciato il Cremlino a maggio del 2008. Il dubbio che resta è solo se lo zar Putin aspetterà la fine del mandato del suo fantoccio per rientrare in possesso della poltrona presidenziale o lo farà dimettere prima.

12 dicembre 2007