Relazione di Emanuele Sala alla 5a Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI allargata alla Commissione per il lavoro di massa del CC
Il XIV congresso nazionale della Cgil e il nostro lavoro sindacale
Care compagne e cari compagni,
come avete ascoltato dalla introduzione del Segretario generale del Partito, compagno Giovanni Scuderi, l'Ufficio politico ha ritenuto giusto e opportuno organizzare questa importante riunione, allargata ai membri della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI, per fare un'approfondita discussione sul XIV congresso nazionale della Cgil, tenutosi dal 6 al 9 febbraio scorso a Rimini, per fare un bilancio critico e autocritico sulla partecipazione delle nostre compagne e compagni sindacalisti all'intero complesso dei lavori congressuali della confederazione di Cofferati e, alla luce di questa analisi, dell'esperienza e dei risultati ottenuti, tracciare il nostro lavoro sindacale prossimo venturo.
Avendomi il compagno Scuderi affidato il delicato incarico di redigere una relazione introduttiva, ho cercato di mettere insieme e in ordine almeno gli elementi essenziali di informazione, di analisi e di proposta, ovviamente in sintesi, per fornire una base di discussione dignitosa, augurandomi che sarà approfondita e precisata nel corso del dibattito che seguirà. Le cose da dire sarebbero tante, le considerazioni altrettante. Infatti, la preparazione e lo svolgimento di questa tornata congressuale della Cgil hanno avuto caratteri particolarissimi. E di conseguenza, la nostra elaborazione della linea congressuale, degli accorgimenti organizzativi e tattici, della battaglia che i nostri compagni hanno condotto a tutti i livelli congressuali, da quello di base a quelli provinciali, regionali e nazionali di categoria, a quelli di Camera del Lavoro e regionali della Cgil, per molti versi non hanno precedenti nella storia del nostro Partito. Ma per evitare di disperdersi, per tentare di articolare un discorso che abbia una sua organicità e sia funzionale agli scopi della nostra riunione, ho pensato di suddividere la relazione nei seguenti punti:
1) Il giudizio sul XIV congresso della Cgil.
2) Il giudizio sull'Area programmatica nella Cgil "Lavoro Società-cambiare rotta''.
3) Il nostro lavoro congressuale.
4) Il nostro lavoro sindacale.

Il giudizio sul XIV congresso della Cgil

L'iter del XIV congresso della Cgil, va ribadito, è stato molto lungo e singolare, rispetto a quelli precedenti. Intanto perché si è tenuto con ben due anni di ritardo nel 2002, invece che nel 2000 come doveva essere da scadenza. Un rinvio voluto da Cofferati a causa dello svolgimento delle elezioni politiche e del congresso DS, un rinvio grave che abbiamo già denunciato a suo tempo. Cosicché la discussione congressuale nell'autunno del 2001 ha seguito questo percorso: dal 18 settembre al 17 novembre si sono tenute le assemblee di base; entro il 22 dicembre si sono svolti i congressi territoriali; dal 7 gennaio al 17 gennaio 2002 i congressi delle Cgil regionali; dal 18 gennaio al 26 gennaio i congressi delle categorie nazionali; dal 6 al 9 febbraio quello confederale nazionale.
Mai come in questa circostanza, a causa della situazione politica e governativa e anche dell'opportunismo dei capi del "dissenso di sinistra'' alla segreteria Cofferati, è iniziato in un modo ed è finito nella direzione opposta. Infatti, lo sapete, la discussione congressuale è partita su due documenti congressuali contrapposti, quello di maggioranza della destra cofferatiana denominato "Diritti e lavoro in Italia e in Europa'' e quello di minoranza di "Lavoro Società-cambiare rotta'', primi firmatari Giampaolo Patta (area PdCI), Ferruccio Danini e Giorgio Cremaschi (PRC) ed è terminata con un unico documento politico "unitario'' che conferma la linea riformista e neoliberale di Cofferati.
Eppure, stando ai dati ufficiali pubblicati dal responsabile del settore dell'organizzazione della Cgil, Carlo Ghezzi, sulla partecipazione ai congressi (1.300.000 tra lavoratori attivi e pensionati su un totale di 5.400.000 iscritti) e i risultati delle votazioni sulle due mozioni congressuali, "Lavoro Società'' all'interno della quale anche i sindacalisti del PMLI hanno condotto la loro battaglia, aveva ottenuto un importante risultato pari al 21% dei lavoratori attivi; con punte più alte nel triangolo industriale Torino, Milano, Genova, dove esiste un alto livello di sindacalizzazione dei lavoratori e dove "Lavoro Società'' ha superato il 30% dei consensi. Lo stesso 30% è stato registrato tra i metalmeccanici, nelle telecomunicazioni e i bancari, oltre il 25% nella Funzione pubblica e gli elettrici. In alcune Camere del Lavoro, come quelle di Brescia e di Asti il documento "Lavoro società'' ha ottenuto la maggioranza dei voti. Nel precedente congresso della Cgil del 1996 il documento di minoranza, che a quel tempo si chiamava "Alternativa sindacale'', prese appena l'11% dei consensi.
E a ben vedere l'80% dei consensi sul documento di Cofferati è un esito, in una certa misura, bugiardo, che non rispecchia la reale volontà degli iscritti della Cgil. Perché? 1) i pensionati, sin dalla prima istanza congressuale, non hanno votato su due documenti e così, tutti questi voti sono andati nel calderone cofferatiano; 2) in molte assemblee congressuali di base è mancato il rappresentante del documento "Lavoro Società'' per insufficienza di forze disponibili; 3) molti lavoratori iscritti che hanno partecipato ai congressi, pur in dissenso da sinistra con il documento di Cofferati, lo hanno votato lo stesso per ragioni di appartenenza politica; 4) i sindacalisti della maggioranza hanno ricercato, sono andati a raccogliere tanti lavoratori iscritti che non avevano partecipato ai lavori congressuali per farli votare il documento di maggioranza; oppure si sono fatti dare le deleghe dagli assenti e, scorrettamente, hanno votato per loro.
Il nostro giudizio sul congresso di Rimini, lo abbiamo esposto con chiarezza nell'articolo pubblicato sul n.8/2002 de "Il Bolscevico'' dal titolo "Al XIV congresso nazionale - Cofferati riconferma il riformismo, la `politica dei redditi' e la concertazione della Cgil - `Lavoro Società' non cambia rotta e converge sulla destra della Cgil''. Ecco quello che è accaduto: la relazione, ma soprattutto le conclusioni del segretario generale uscente, Sergio Cofferati (DS), sono state accolte con un'ovazione da tutte le componenti congressuali; "Lavoro Società'' dei vari Giampaolo Patta, Giorgio Cremaschi e Ferruccio Danini, ha rinunciato a mettere in votazione il proprio documento "alternativo'' ed ha votato un "documento unitario'' con la destra cofferatiana; il nuovo direttivo nazionale ha riconfermato, con 128 voti a favore, 1 contrario e 1 astenuto, Cofferati segretario generale della Cgil, ciò fino a giugno, ossia fino ai limiti di tempo massimi stabiliti dallo Statuto. Un epilogo questo del tutto deludente e assolutamente inaccettabile. Da precisare che non era presente alcun delegato marxista-leninista.
Il destro riformista Cofferati, il figlioccio del destro Lama al quale si richiama, ha potuto perciò cantare vittoria per essere riuscito ad ottenere quasi l'unanimità sulle sue posizioni e sulla sua leadership; erano 16 anni che non succedeva. Gli ultimi tre congressi si erano sempre conclusi con due documenti congressuali, uno di maggioranza e l'altro di minoranza. Come è stato possibile una conclusione congressuale del genere? Essenzialmente per tre fattori: la situazione politica in cui si è tenuto il congresso; l'abilità tattica di Cofferati, il quale senza fare concessioni di principio, si è proposto come punto di riferimento dell'"opposizione'' al governo e alla Confindustria, ha zittito il dissenso di sinistra e coagulato tutto il consenso su di sé; la codardia e l'opportunismo dei capi di "Lavoro Società'' che non hanno avuto il coraggio di portare la battaglia fino in fondo e si sono accontentati della spartizione dei posti nelle segreterie e nei direttivi.
La situazione in cui si è tenuto il congresso ha giocato un ruolo sul comportamento tenuto dalle forze in campo, caratterizzata dalla vittoria elettorale del polo di "centro-destra'' e dalla sconfitta sonora dell'Ulivo, soprattutto dei DS, dalla salita al potere del governo del neoduce Berlusconi che, assieme alla Confindustria di D'Amato, ha lanciato un attacco selvaggio alle condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori e delle masse popolari, un attacco fascista all'autonomia e all'indipendenza della magistratura e alle libertà democratico-borghese in generale; una situazione caratterizzata dallo sviluppo di un movimento di massa spontaneo di opposizione al governo Berlusconi e allo stesso tempo critico nei confronti dei leader del "centro-sinistra'' Rutelli, Fassino e D'Alema. Va ricordato inoltre, che il congresso della Cgil si è tenuto all'indomani di grandi manifestazioni sindacali tenutesi in tutte le regioni d'Italia contro le deleghe di Berlusconi e in difesa dell'art.18 dello "Statuto dei lavoratori''; e che in molti congressi regionali confederali e nazionali di categoria, in quelli dei metalmeccanici e della Funzione pubblica per esempio, era emersa con forza la richiesta dello sciopero generale nazionale di tutte le categorie.
Per il mestierante Cofferati è stato un gioco da ragazzi tirare un po' a "sinistra'' il suo discorso congressuale, alzare un po' la voce contro la politica economica e sociale del governo sui temi del lavoro, del fisco, della previdenza e della scuola, correggere un po' a "sinistra'' l'analisi sulla situazione internazionale in riferimento alla globalizzazione, alla guerra in Afghanistan e in Palestina, dare un po' più di considerazione al movimento no-global e annunciare lo sciopero generale anche della sola Cgil contro le deleghe contenute nel "libro bianco'' di Maroni e nella controriforma scolastica liberista della Moratti. è stato facile per lui, nelle conclusioni del congresso, concedere qualcosa ai metalmeccanici di Sabattini e ai capi opportunisti di "Lavoro Società'' in cambio del loro appoggio al documento politico conclusivo "unitario'' e alla lista dei candidati per il nuovo direttivo, inclusa la sua riconferma a segretario generale.
Noi però vogliamo mettere in guardia tutti gli iscritti alla Cgil, a partire da quelli che avevano negato il loro appoggio al documento congressuale di maggioranza e si erano battuti per far cambiare rotta al sindacato, avvertiamo tutti i lavoratori, a partire da quelli che hanno riempito le piazze nei recenti scioperi regionali: le "correzioni di linea'' apportate da Cofferati in sede congressuale sono puramente tattiche, dettate dalla contingenza. In sostanza, non ha cambiato strategia sindacale, non ha modificato la piattaforma rivendicativa, ha invece riproposto la stessa politica riformista di stampo neoliberale che, per citare due capisaldi, si fonda sulla "politica dei redditi'' e sulla concertazione che, non per caso, sono alla base del recente accordo tra governo e sindacati sul pubblico impiego.
Non c'è inversione di tendenza, non c'è volontà di cambiamento in Cofferati e nel gruppo dirigente che ad esso fa riferimento; ciò emerge da ciò che il segretario della Cgil ha detto sui governi di "centro-sinistra'' sui giudizi lusinghieri che ne ha dato, e sui comportamenti della Cgil subalterni ad essi. Egli attacca il governo Berlusconi dal momento che esso mette in discussione l'esistenza stessa dei sindacati, ma lo fa limitandosi alla politica economica e sociale, non denunciandone la natura neofascista e il fatto che esso sta completando l'instaurazione della seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista. Non basta e non è esatto, riferendosi al governo Berlusconi, parlare genericamente di "miscela pericolosa di liberismo imitativo e spinta populista'' come ha fatto Cofferati anche nell'assemblea dei delegati lombardi, tenutasi a Milano il 4 marzo scorso. Nei suoi discorsi (relazione congressuale e replica conclusiva) non ha proferito parola di condanna sull'imperialismo e il sionismo, per richiedere il ritiro immediato del contingente italiano da Kabul, oppure per condannare l'infame repressione poliziesca fascista al G8 di Genova che, tra le altre cose, è costata la vita al martire antimperialista Carlo Giuliani.
Noi non ci facciamo ingannare dal richiamo della Cgil all'unità se l'unità è realizzata sulle posizioni della destra cofferatiana. Proprio per questo, a noi non piace la Cgil plebiscitaria uscita da Rimini. Il fatto che nelle settimane successive al congresso il nuovo direttivo della Cgil non sia caduto nella trappola tesa da Berlusconi, abbia rifiutato la trattativa pelosa proposta dal governo sull'art.18 e abbia indetto una manifestazione nazionale per il 23 marzo e lo sciopero generale per il 5 aprile per il ritiro delle leggi delega, non ci impedisce e di vedere e di denunciare il tentativo di Cofferati di egemonizzare il movimento di lotta per motivi che sono, oltre a quelli strettamente sindacali, elettoralistici a favore dell'Ulivo e hanno a che fare col suo futuro politico, una volta costretto a lasciare la Cgil nel rispetto delle norme statutarie.

Il giudizio su "lavoro società"

L'exploit di Cofferati e la marcia indietro, per non dire capitolazione dei leader di "Lavoro Società'', non ci hanno sorpreso e non ci hanno trovato impreparati. Anzi, già dal giugno del 2001, cioè ancora prima che iniziassero le assemblee congressuali di base avevamo previsto, nell'essenziale e in buona sostanza quello che poi è successo. Avevamo detto che Cofferati, stante la situazione politica e sindacale venutasi a creare, ivi compresa la sua sconfitta al congresso DS come rappresentante di punta del "correntone'' di Giovanni Berlinguer, e nella necessità di rispondere alla offensiva della Confidustria e anche di coprire un vuoto di opposizione al governo, avrebbe corretto la sua originaria linea congressuale dandogli una veste più battagliera. Però senza fare alcuna concessione sul piano della strategia.
Allo stesso tempo, sin d'allora mettevamo in evidenza i contrasti tra i vari galli nel pollaio e la litigiosità tra le due maggiori correnti sindacali componenti di "Lavoro Società'', quella facente capo a Cossutta e quella facente capo a Bertinotti, per la leadership e i posti di potere; sin d'allora mettevamo in dubbio la loro volontà di portare la battaglia fino in fondo. Non a caso, ancor prima di avviare il congresso i vari Patta, Danini e Cremaschi si erano detti disponibili a ritirare il documento congressuale di minoranza se in quello di maggioranza si fosse dichiarata superata la "politica dei redditi'' e la linea della concertazione. Cofferati gli rispose no!
I capi di "Lavoro Società'' hanno retto fino ai congressi di base. Dai congressi provinciali e a salire a quelli regionali e nazionali di categoria fino a quello confederale, senza ottenere sostanzialmente nulla di quanto avevano chiesto, ossia un cambiamento di rotta sulla politica sociale in materia di sanità, previdenza, scuola sui temi della politica internazionale, una diversa piattaforma rivendicativa sul lavoro, il salario, l'orario, il Mezzogiorno e altro ancora, hanno mollato le posizioni iniziali e fatto convergenza con la Cgil della destra cofferatiana.
Un orientamento questo di "Lavoro Società'' emerso sin dai congressi provinciali di categoria e da quelli delle Camere del Lavoro (salvo qualche eccezione, come ad esempio Brescia) caratterizzato dalla rinuncia alla battaglia sui contenuti politici e sindacali congressuali e da un accordo preventivo con la maggioranza sulla formazione dei direttivi, l'elezione dei delegati ai congressi successivi e la votazione di un unico documento politico conclusivo. Questo schema si è ripetuto puntualmente nei congressi nazionali di categoria e in quello confederale nazionale. Che si trattasse di patti stipulati a monte dei congressi è dimostrato anche dal fatto che, non di rado, fosse invertito l'ordine delle votazione: prima il nuovo direttivo e le liste dei delegati ai congressi di istanza superiore sia di categoria che confederale e poi le conclusioni politiche del congresso; e non viceversa come sarebbe logico ed è di norma.
Solo i marxisti-leninisti, attraverso la loro corrente sindacale e i loro militanti in quanto lavoratrici e lavoratori, sindacaliste e sindacalisti che hanno partecipato ai congressi, si sono opposti a questo andazzo e hanno dato battaglia a viso aperto nel dibattito, con la presentazione degli Ordini del giorno e rifiutandosi di votare a favore dei documenti congressuali "unitari'' con la destra cofferatiana. Ma di questo parlerò più diffusamente dopo.
Mai come in questa circostanza calza a pennello il vecchio adagio: "La montagna ha partorito un topolino''. Ci sono voluti oltre due anni e mezzo per realizzare questa "nuova'' area sindacale nella quale confluirono, autosciogliendosi, le correnti sindacali "Alternativa sindacale'' legata al PdCI, "Area programmatica dei comunisti in Cgil'' legata al PRC e altre realtà sindacali come "Il Coordinamento nazionale delle RSU'', con un rapporto di collaborazione con la corrente sindacale che fa riferimento alla "sinistra'' DS.
Già nella seconda metà del '99, proprio pensando a come affrontare la scadenza del XIV congresso era iniziata una discussione tra gli esponenti di queste correnti sindacali e su come ricomporre la frattura (avvenuta come riflesso, a livello sindacale, della scissione del PRC e la nascita del PdCI) per dare vita a una sinistra sindacale più ampia, aperta ai sindacalisti e delegati della "sinistra'' DS. Ma è soprattutto nel 2000 che questo processo è andato avanti ed ha trovato la sua concretizzazione sul piano organizzativo e dell'elaborazione di una piattaforma sindacale e rivendicativa da presentare al dibattito congressuale.
Momenti cruciali di questo o percorso furono: l'Assemblea nazionale di dirigenti e delegati facenti riferimento a quest'area sindacale del 3-4 marzo 2000 a Roma, dove fu varato il documento "Cambiare rotta'', una sorta di documento congressuale in bozza da presentare in alternativa a quello della maggioranza cofferatiana; una seconda Assemblea nazionale, dello stesso tipo si svolse il 10 novembre a Milano nel corso della quale fu approvato in via definitiva il documento congressuale "Lavoro Società-cambiare rotta'' e deciso il percorso per costruire organizzativamente l'Area programmatica della sinistra sindacale della Cgil a cui fu dato lo stesso nome del documento.
Le premesse erano interessanti, questa nuova aggregazione sindacale che aveva ricevuto molti consensi, riempiva un vuoto importante e suscitava speranze tra coloro che non si sentivano rappresentati dal vertice sindacale in carica e dalla politica sindacale portata avanti da esso. Ma nel corso della battaglia congressuale le cose sono andate come abbiamo descritto sopra. I capi di "Lavoro Società'' si sono ridotti a fare la copertura a "sinistra'' di Cofferati e ad accreditare la sua Cgil.
Forse non poteva che finire in questo modo se si considera che il vecchio revisionista Cossutta, al tempo delle ultime elezioni politiche, aveva proposto Cofferati quale candidato premier del "centro-sinistra'', in alternativa a Rutelli. E se si considera che l'imbroglione e falso comunista Bertinotti ha dichiarato nella riunione del 1° marzo della "Consulta dei lavoratori e delle lavoratrici comunisti'' che "il congresso della Cgil ha segnato un passo avanti dal punto di vista della soggettvità politica''. E come giudicare la sua difesa di Berlusconi, laddove, in un'intervista a "Il Giornale'', ha invitato a non "demonizzare il cavaliere'' e a non accostarlo al fascismo? Costui, al di là dei suoi sproloqui e del suo gigioneggiare attorno al movimento no-global, smania di riprendere i contatti con il "centro- sinistra'', in particolare con i DS nell'ambito della cosiddetta "sinistra plurale'', ciò per evitare di scomparire elettoralmente.
Quale sarà ora il futuro dell'area "Lavoro Società'' in Cgil? Si vedrà. Per il momento possiamo dire che, nella riunione del nuovo direttivo nazionale della Cgil, convocato al termine del congresso di Rimini, è stata confermata collettivamente (da parte dei 29 membri che l'hanno richiesta) la costituzione dell'Area programmatica "Lavoro Società-cambiare rotta'', con le "conseguenti prerogative nella vita democratica dell'organizzazione''. Un adempimento questo che deve essere fatto in tutte le strutture categoriali e confederali a ogni livello.
Al momento, la suddetta formalizzazione è stata fatta senza nessuna discussione per definire i livelli di rappresentanza e le modalità di lavoro della stessa area, come ha tenuto a precisare in una lettera del 15.02.02 Francesco Danini. Ritenendo "improprio, da parte di chiunque, - si legge nella lettera - arrogarsi il diritto a rappresentare l'Area'' e giudicando sbagliato avviare "incontri o convocare riunioni con alcune Strutture per definire gli assetti dei gruppi dirigenti''. Insomma, sulla spartizione dei posti di potere c'è da aspettarsi una lotta senza esclusione di colpi tra le due componenti maggioritarie dell'Area legate al PRC e al PdCI.

Il nostro lavoro congressuale

In sede di bilancio, credo di poter dire che l'esperienza fatta dal nostro Partito nel corso del XIV congresso della Cgil e i risultati ottenuti non hanno precedenti nella nostra storia. Anche nei passati congressi della Cgil ci siamo sempre impegnati a fondo, ottenendo obiettivi importanti, come la partecipazione della compagna Antonella Casalini, come delegato al XII congresso nazionale. Della stessa importanza fu la partecipazione, della stessa compagna, all'Assemblea nazionale dei quadri e dei delegati della Cgil. In ambedue le occasioni, lo ricorderete, intervenne con discorsi vibranti e di alta qualità politica. Ma le cose che abbiamo realizzato in questa circostanza, in rapporto alle nostre minuscole forze sindacali hanno, se mi è permesso il termine, del miracoloso.
Merito dell'Ufficio politico che, a tempo, ha indicato la linea e le alleanze congressuali e, tramite la Commissione per il lavoro di massa del CC, ha seguito e diretto l'intera battaglia congressuale. Merito delle istanze intermedie e di base del Partito che diligentemente hanno applicato queste indicazioni. Merito delle compagne e dei compagni che, in qualità di lavoratori, iscritti alla Cgil, delegati, sindacalisti hanno condotto la battaglia congressuale ai vari livelli. A loro rivolgiamo un calorosissimo ringraziamento e un forte elogio. Un particolarissimo ringraziamento va al compagno Denis Branzanti, tra l'altro già ripartito alla grande nella fase post-congressuale, con un forte intervento nell'attivo territoriale della Cgil della sua zona per invitare il sindacato ad alzare il livello dello scontro con Berlusconi, avvertendo che lo "sciopero generale non si fa con i fiori''.
Anche se si può sempre fare di più e meglio, dal vertice alla base abbiamo lavorato tutti sodo. Fondamentali le circolari inviate a tutte le istanze intermedie e di base del PMLI del 26 gennaio, 29 giugno e 18 settembre 2001 aventi come oggetto rispettivamente: la prima, "Informazioni e indicazioni sullo svolgimento del XIV Congresso della Cgil e sull'Area programmatica `Lavoro Società-cambiare rotta' formatasi nella Cgil"; la seconda, "Congresso nazionale della Cgil''; la terza, "Indicazioni di lavoro per il XIV Congresso della Cgil''. Alle quali andrebbe aggiunta quella del 18 gennaio 2002 avente come tema: "Partecipazione ai congressi nazionali di categoria della Cgil'', inviata alle compagne e ai compagni interessati.
Accanto alle circolari vanno ricordati gli articoli principali che hanno analizzato i due documenti congressuali e stabilito la nostra linea congressuale: l'articolo pubblicato su "Il Bolscevico'' n.12/2001 col titolo "Riflessioni sulla sinistra sindacale in Cgil e il congresso della Cgil - Cambiare la Cgil o creare un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori? - Per il congresso facciamo fronte unito per battere la destra cofferatiana''. L'articolo uscito nel giornale successivo con la seguente titolazione: "XIV congresso nazionale della Cgil - Il nostro contributo critico e di proposta al documento della sinistra sindacale''. E l'articolo uscito sul n. 40/2002 che indicava di "Votare contro il documento Cofferati per dare una radicale svolta a sinistra alla strategia e alla linea sindacale della Cgil''. Così come sono risultati utilissimi alla battaglia congressuale quegli articoli che analizzavano la Finanziaria di guerra del governo neofascista del neoduce Berlusconi, il libro nero di Maroni e le leggi delega in esso contenute sul "mercato del lavoro'', le pensioni, il fisco, la controriforma scolastica della Moratti, i provvedimenti di Sirchia sulla sanità, la guerra imperialista all'Afghanistan e altro ancora.
Chiarita la linea congressuale da portare avanti, consistente in una lotta frontale contro la linea di Cofferati e in un'adesione critica al documento e all'Area "Lavoro Società'' sulla base della nostra linea e proposta sindacali ribadita, precisata e arricchita nel 4° Congresso nazionale del PMLI. Stabilita la tattica del fronte unito contro la destra della Cgil, importanti sono state le indicazioni organizzative e gli obiettivi da perseguire, ovvero: aderire e prendere parte attiva, con pari diritti e doveri, all'Area "Lavoro Società'' formatasi nelle categorie a livello locale; portare nel dibattito congressuale la nostra voce, la nostra analisi, denuncia e proposta; presentare e proporre gli Ordini del giorno in particolare contro la guerra all'Afghanistan, per lo sciopero generale nazionale contro il governo Berlusconi, contro le "riforme'' fasciste sulla giustizia e in difesa dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura; battersi, anche se non come obiettivo prioritario, per ottenere il posto nei nuovi direttivi e per essere eletto delegato nei congressi successivi.
Questi obiettivi, quasi sempre sono stati realizzati dalle nostre compagne e dai nostri compagni nei congressi dove sono stati presenti. Come d'altronde risulta con evidenza dagli articoli apparsi via via su "Il Bolscevico'' sullo svolgimento dei congressi.
Il nostro piccolo drappello di compagne e compagni che, di fatto, ha rappresentato la corrente sindacale di classe dei marxisti-leninisti, ha operato nei congressi di queste categorie: metalmeccanici, chimici, edili, sanità, Funzione pubblica, Università, Scuola, postelegrafonici, commercio, lavoratori agricoli, pensionati. La loro battaglia congressuale è partita dai rispettivi luoghi di residenza, o di lavoro sindacale: Firenze, Prato, Rufina, Valdarno pisano, Forlì, Belpasso, Paternò, Sigonella, Pray, Biella, Borgosesia, Caserta.
Tutti loro hanno superato con successo il congresso di base passando ai congressi successivi e hanno proseguito, quasi tutti, ancora in quelli di Camera del Lavoro, in quelli regionali di categoria e, nel caso della Toscana, in quello confederale Cgil. E non è tutto! Quattro nostri delegati sono arrivati ai congressi nazionali della Funzione pubblica, del Snur-Cgil, della Filcams-Cgil e della Slc-Cgil. Avremmo potuto partecipare allo stesso congresso nazionale di Rimini, ma ci offrivano un posto per la compagna Casalini da noi non accettato, essendo ella impegnata in compiti di Partito assolutamente prioritari.
In alcuni congressi di base, anche di altre categorie, come i tessili, lavoratori comunali, vigili del fuoco, hanno avuto l'incarico di presentare il documento congressuale "Lavoro Società'' riscuotendo consensi significativi, quando non la maggioranza. Riferendoci alla realtà che conosciamo, nessuno come i nostri compagni, ha portato a fondo la denuncia del governo Berlusconi, la critica agli ex governi di "centro-sinistra'' e alla gestione sindacale di Cofferati.
Nessuno come loro ha rivendicato il rinnovamento sindacale e lo sciopero generale, non di rado scontrandosi con gli stessi coordinatori di "Lavoro Società'' che con i rappresentanti della maggioranza avevano concordato uno svolgimento dei congressi da concludere a "tarallucci e vino''. Ricordo in questo senso, due episodi per tutti: l'intervento fulminante tenuto dal compagno Denis Branzanti al congresso della Camera del Lavoro di Forlì; l'Ordine del giorno per lo sciopero generale presentato al congresso della Cgil toscana, approvato nonostante che uno dei leader regionali di "Lavoro Società'' ci avesse intimato di ritirarlo, minacciando il voto contrario
In questo quadro non possiamo che salutare con entusiasmo l'elezione di nostre compagne e nostri compagni nei direttivi comprensoriali di categoria, nei settori dell'industria, del commercio e del pubblico impiego, e nei direttivi di Camera del Lavoro.
Particolarmente significativa l'esperienza fatta a Firenze e provincia, dove erano più compagni impegnati nei congressi. Sotto la direzione del Comitato provinciale del Partito e tramite un coordinatore nominato ad hoc hanno operato, più che in altre parti come corrente sindacale di classe dei marxisti-leninisti, agendo di comune accordo e unendo le forze sia nella fase preparatoria, importanti in questo senso le riunioni organizzate con tutti sindacalisti interessati, sia nello svolgimento vero e proprio dei congressi, ottenendo risultati di ampio rilievo. Proprio nel capoluogo toscano abbiamo sperimentato, a un livello più avanzato, la presenza della corrente sindacale di classe dei marxisti-leninisti, specie in occasione del congresso della Camera del Lavoro fiorentina e del congresso regionale toscano della Cgil. Anche se, con spirito critico e autocritico, vanno evidenziati alcuni difetti, di tipo individualistico nella direzione dei compagni impegnati, di incertezza sulla votazione dei documenti e di eccessivo tatticismo nei rapporti con le altre componenti di "Lavoro Società'' da parte del responsabile operativo.
Non è il caso, in questa sede, di scendere troppo nel dettaglio, sui meriti, i progressi, gli aspetti positivi, le insufficienze, le cose da migliorare e anche gli errori che durante la battaglia congressuale sono emersi nelle singole realtà in cui abbiamo operato. Spetterà, successivamente, alle organizzazioni di Partito a livello locale che hanno avuto loro militanti impegnati nei congressi Cgil fare il bilancio critico e autocritico. Qui, sinteticamente e a livello generale, possiamo dire, oltre a quanto già illustrato, che: alcuni compagne e compagni hanno veramente brillato su tutti i piani (del centralismo democratico, dello stile di lavoro, dello spirito d'iniziativa e della combattività) registrando un netto progresso nel lavoro sindacale rispetto al periodo precedente al congresso; altri compagne e compagni hanno dato un contributo più modesto, pur confermando le cariche sindacali precedenti; altri infine, forse, avrebbero potuto fare di più.
In positivo vorrei citare, oltre al compagno Branzanti, la compagna Cinzia Giaccherini che ha partecipato a tutti i congressi della Filcams-Cgil, fino a quello nazionale, svolgendo una parte attiva e conquistandosi il posto nel direttivo provinciale di Firenze della categoria. Il compagno Francesco Campisi che si è fatto sentire forte nei congressi degli edili di base, provinciale e regionale della Sicilia, risultando eletto nel direttivo provinciale catanese di categoria.

Il nostro lavoro sindacale

Rapportandosi alle conclusioni del congresso della Cgil e alla lotta dei lavoratori in corso contro le politiche liberiste e neofasciste del governo diventa necessario stabilire l'orientamento del nostro lavoro sindacale.
Sul piano della nostra proposta sindacale strategica non dobbiamo cambiare nulla. Essa è e rimane quella illustrata nel Rapporto del compagno Scuderi al 4° Congresso nazionale del PMLI e rilanciata nel Programma d'azione del PMLI, sintetizzata nella parola d'ordine: "Costruire dal basso un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori (SLL) fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori''. Questo modello di sindacato si pone agli antipodi di quello delle attuali confederazioni sindacali Cisl, Uil e Cgil che consideriamo dei sindacati liberali, governativi, filopadronali per cultura, programmi, piattaforme rivendicative, sistema contrattuale, organizzazione, al di là delle contraddizioni che attualmente li contrappongono al governo in carica e alla Confidustria di D'Amato, al di là delle differenze, che pure ci sono, tra le singole confederazioni.
Sul piano organizzativo e tattico i sindacalisti marxisti-leninisti, allo stato attuale, privilegiano il lavoro all'interno della Cgil, perché in essa rimane organizzata sindacalmente la maggioranza della classe operaia e dei lavoratori, senza scartare la possibilità di lavorare all'interno dei sindacati che si collocano a sinistra della Cgil quando ciò effettivamente risulti più conveniente e proficuo per portare avanti i nostri obiettivi sindacali immediati e strategici. In ambedue i casi rimane fondamentale operare per costruire la Corrente sindacale di classe (CSC) composta dai sindacalisti marxisti-leninisti e da quelli simpatizzanti del PMLI dovunque organizzati sindacalmente con il compito di battersi per fare affermare la proposta del sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, come modello di democrazia sindacale, struttura organizzativa del sindacato, politica rivendicativa, sistema contrattuale, metodi di lotta.
In questo contesto si pone il problema se confermare la nostra adesione all'Area programmatica "Lavoro Società-cambiare rotta'' con gli stessi criteri con cui l'abbiamo formalizzata per il congresso. L'esperienza è stata positiva. Si è constatato che lavorare all'interno di quell'Area ha reso più efficace la nostra azione e ci ha permesso di raggiungere obiettivi più ambiziosi; non raggiungibili altrimenti con le sole nostre forze sindacali. La risposta da dare al quesito posto è perciò, a mio avviso, di riconfermare la nostra adesione, anzi, fare un passo in più e formalizzare la nostra entrata, a tutti gli effetti in "Lavoro Società'', per operare con essa con uno spirito di fronte unito su obiettivi comuni, senza per questo, è bene ribadirlo, rinunciare alla nostra autonomia e alle nostre posizioni politiche e sindacali.
Se a conclusione della nostra riunione questa decisione sarà approvata, le compagne i compagni sindacalisti del PMLI eletti nei direttivi cittadini e/o regionali della Cgil di categoria e confederali tempestivamente dovranno prendere contatto con i coordinatori di "Lavoro Società'' e prendere accordi con loro per la formalizzazione dell'Area all'interno di questi direttivi e concordare il da farsi per attivarla nel modo migliore. Va da sé che dovremo rivendicare e ottenere un trattamento di pari diritti. Va da sé che in "Lavoro Società'' ci stiamo con posizioni di combattimento e d'avanguardia per influenzare quest'area positivamente, come del resto è successo nei congressi della Cgil.
Si deve cogliere per intero l'opportunità che i nostri sindacalisti si sono conquistati come membri dei direttivi provinciali per portare nel dibattito e nella definizione delle decisioni il nostro punto di vista, la nostra proposta. Tuttavia, va precisato che il lavoro sindacale più importante e, se vogliamo, più faticoso, essi lo devono svolgere nel luogo di lavoro, dove tra l'altro sono per lo più anche rappresentanti sindacali, o delegati delle Rsu, o membri del Comitato degli iscritti Cgil. Un lavoro quotidiano in difesa degli interessi particolari e generali dei lavoratori che si rappresenta. Un lavoro questo essenziale e insostituibile per creare, nel tempo e progressivamente, la nostra base sindacale fatta di sindacalisti e delegati che condividono le nostre posizioni, di lavoratori che riconoscono nei nostri sindacalisti validi e intransigenti difensori dei loro interessi contrattuali, normativi, salariali, sociali.
Ma per fare bene e con successo questo lavoro sindacale di base occorre assimilare e applicare correttamente e con abilità la linea sindacale e di massa del Partito, padroneggiare la piattaforma rivendicativa del PMLI contenuta nel suo Programma d'azione. Dobbiamo tenere sempre a portata di mano il Programma d'azione, e consultarlo ogni volta che ci troviamo ad affrontare un problema di carattere sindacale, una vertenza, una lotta contrattuale, un dibattito, una manifestazione su questioni concrete. Giacché in esso è sintetizzata una lunga e ricca lista di rivendicazioni sui temi di politica estera e interna, la politica economica, finanziaria e sociale, politica sindacale, politica energetica, ecologica, difesa del territorio, trasporti, politica dell'informazione e delle telecomunicazioni; e le rivendicazioni specifiche relative a braccianti e operai agricoli, contadini poveri e piccoli commercianti, donne, giovani, infanzia e adolescenza, anziani, disabili portatori di handicap, gay, lesbiche e transessuali.
Unitamente a ciò occorre adottare "Gli otto insegnamenti sindacali del PMLI'' a suo tempo sintetizzati dal compagno Scuderi che, in estrema sintesi, raccomandano di:
rispondere alla fiducia dei lavoratori che ci eleggono; essere rossi ed esperti nei settori sindacali in cui si opera; legare i problemi concreti e particolari dei lavoratori alle questioni generali; prepararsi bene e per tempo in tutti gli aspetti per affrontare le scadenze sindacali e di lotta; preparare bene i nostri interventi e le nostre proposte in vista di congressi, riunioni sindacali assemblee di luogo di lavoro; elevare il livello di partecipazione e di azione negli organi sindacali dirigenti dove siamo presenti;
svolgere un abile e corretta politica di fronte unito, ricercando tutte le alleanze utili in questo senso.
Care compagne e cari compagni,
il momento politico e sindacale che stiamo vivendo da un punto di vista della lotta di classe volge al bello. La salita al potere del neoduce Berlusconi, la presenza nel governo di figuri come il fascista Fini e il leghista, razzista, xenofobo e fascista Bossi, le nefandezze attuate da questo governo in materia di politica internazionale, economica, sociale, scolastica, della giustizia, dell'informazione e della Rai, l'attacco generalizzato portato alle condizioni di vita e di lavoro delle masse in combutta con la Confindustria, l'impotenza e l'incapacità dell'opposizione parlamentare dell'Ulivo e dei DS in particolare, tutto ciò ha rimesso in moto la lotta di piazza, la voglia di lottare non solo degli operai e dei lavoratori che oggettivamente rimangono la forza determinante antiberlusconiana, non solo degli studenti e degli insegnanti, ma anche di altre categorie come i magistrati; eclatante ed emblematica rimane la protesta di Borrelli che invita a "resistere, resistere, resistere'' contro l'avvento del regime, o come quello che è stato chiamato il "ceto medio riflessivo'', ossia i professori universitari e gli intellettuali democratici e antifascisti.
Gli scioperi regionali e le manifestazioni dei lavoratori svoltesi tra il 14 gennaio e il 1° febbraio, che hanno portato in piazza un milione di lavoratori, l'oceanica iniziativa di lotta del 19 gennaio, cui hanno partecipato 200 mila manifestanti, contro la legge razzista e fascista Bossi-Fini, lo sciopero generale con la manifestazione dei 150 mila a Roma, organizzato il 15 febbraio dai sindacati non confederali contro il governo Berlusconi. E ancora, la manifestazione fiorentina dei 15 mila promossa dai 93 intellettuali il 24 gennaio, la grande assemblea dei 40 mila al Palavobis del 23 febbraio, la manifestazione-fiaccolata di 30 mila a Napoli, i "girotondi'' attorno ai palazzi di giustizia e alle sedi Rai di Roma, Torino, Bologna, Firenze, Palermo e di altre città, senza dimenticare la dura lotta condotta dai lavoratori delle pulizie dei treni in difesa del posto di lavoro, senza dimenticare le manifestazione studentesche e le mobilitazioni dei no-global, hanno fatto crescere un movimento di massa, di opposizione e di lotta antigovernativo e antipadronale al quale il PMLI guarda con grande speranza, appoggiandolo in modo militante con tutte le sue forze.
è significativo quello che è successo nel 13° congresso nazionale della Uil tenutosi proprio questa settimana. Il ministro del Welfare, il leghista Roberto Maroni, che contava di isolare la Cgil e di dividere le confederazioni sindacali è stato sonoramente fischiato, il segretario generale uscente, Angeletti, ha dovuto ribadire che l'art.18 non si tocca e i delegati hanno applaudito a scena aperta e si sono alzati in piedi quando hanno sentito parlare di sciopero generale. Le stesse cose, più o meno, ha dovuto dire il segretario generale della Cisl Pezzotta.
Dunque, non è ancora tempo di riposo ma di lotta per i nostri sindacalisti (come del resto per l'intero Partito). Ci sono scadenze di mobilitazione che ci devono vedere attivi e in prima fila, a partire dalle iniziative in preparazione della manifestazione del 23 marzo a Roma alla quale dovrebbe partecipare, secondo le previsioni, un milione di persone, e lo sciopero generale del 5 aprile.
Ad ambedue queste scadenze di lotta il PMLI ha aderito ufficialmente, con una lettera indirizzata al Comitato direttivo nazionale della Cgil, informandolo della nostra presenza con le sue bandiere rosse e con la parola d'ordine: "Art.18 non si tocca. Buttiamo giù il neoduce Berlusconi''.
Viva la linea sindacale del PMLI!
Viva i sindacalisti rossi!
Buttiamo giù il neoduce Berlusconi!
Per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!

9 marzo 2002