Respingere l'accordo governo sindacati sulle pensioni basse
L'aumento medio di 33 euro mensili è una miseria. Irrisorio l'aumento per le pensioni sociali. Nulla sul recupero del potere d'acquisto perso dai pensionati. Nessun sostegno ai non autosufficienti
Un baratto per far ingoiare l'elevamento dell'età pensionabile
Ormai è un classico. Quando si vuol far credere che quello strappato è l'accordo migliore possibile si fa in modo che l'intesa avvenga dopo ore e ore di trattativa per farla concludere di notte. Quando si vuole che i provvedimenti concordati non siano discussi, e soprattutto contestati dai diretti interessati, per "mancanza di tempo", allora questi si siglano alla vigilia delle ferie. È quanto è accaduto con l'accordo tra governo e sindacati la notte dell'11 luglio per la "rivalutazione" delle pensioni basse. È quanto con molta probabilità accadrà con l'intesa più complessiva sui temi che riguardano lo scalone sull'età pensionabile introdotto da Maroni, la riduzione dei coefficienti di rendimento delle pensioni, il "mercato del lavoro", ossia flessibilità e ammortizzatori sociali, e altro. La nostra impressione è che si tratti di una sceneggiata già scritta in incontri riservati e recitata in pubblico al tavolo della trattativa per turlupinare i lavoratori, i pensionati, la base sindacale.
Naturalmente le parti in causa, il presidente del consiglio Prodi, il ministro del Lavoro Damiano e questa volta anche il ministro per l'economia Padoa-Schioppa, per il governo, i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil Epifani, Bonanni e Angeletti, per i sindacati, hanno esaltato l'intesa raggiunta sulle pensioni basse. E tutti, notate bene, l'hanno indicata come propedeutica ed essenziale per concludere l'accordo più globale sui temi sopra richiamati. Gli stessi esponenti della cosiddetta "sinistra radicale" al governo si sono espressi in modo favorevole. Ma è davvero così buono questo accordo, fuori dalla propaganda e dagli imbrogli mediatici? Risolve in modo accettabile una congrua rivalutazione degli assegni pensionistici più poveri e un adeguato recupero del potere d'acquisto perso dai pensionati in questi anni? Davvero non si poteva fare di più e di meglio? No, noi lo riteniamo un cattivo accordo, da respingere, comunque da migliorare sensibilmente. No, esso non dà risposte adeguate ai problemi posti all'attenzione con la lotta dai pensionati.
Molto fumo e poco arrosto. Tanta forma e poca sostanza. E ciò che emerge complessivamente dall'esame concreto dell'intesa. E non è accettabile l'assunto consolatorio meglio poco che niente. L'aumento medio di 33 euro mensili rappresenta un'autentica miseria. Persino più irrisorio l'incremento per le pensioni sociali. Migliore il punto che riguarda una più alta copertura nei confronti dell'inflazione: ma per il potere d'acquisto perso non è previsto quasi nulla. Inoltre, c'è il legittimo sospetto che queste briciole, questi spiccioli siano stati concessi dal governo come baratto per ottenere dai vertici sindacali il consenso all'elevamento dell'età pensionabile, quantunque con modalità graduali.

Cosa cambia
Ecco cosa cambia per le pensioni basse. Ammontano a 3,4 milioni i pensionati interessati alla "rivalutazione" del proprio assegno pensionistico. Di cui 3.100.000 pensionati da lavoro sia dipendente che autonomo, e altri 300.000 pensionati sociali. Le risorse necessarie per la copertura finanziaria di questa operazione sono state calcolate in 1 miliardo e 195 milioni di euro. Di cui 1 miliardo e 150 milioni per i primi e 45 milioni per i secondi.
Pensioni da lavoro. Per avere diritto agli aumenti previsti occorre aver superato i 64 anni (sia uomo sia donna) e avere un reddito inferiore a 654 euro mensili (8.504 annui). Questi gli spiccioli elargiti: 28 euro al mese (333 euro l'anno) per i lavoratori dipendenti che hanno fino a 15 anni di contributi; 33 euro mensili (420 annui) per chi ha da 15 a 25 anni di contributi; 39 euro al mese (505 annui) per quei pensionati che hanno più di 25 anni di contributi. Per i pensionati da lavoro autonomo le cifre sono le stesse però legate a 18 anni di contributi per la prima fascia, da 18 a 28 per la seconda e oltre 28 anni per la terza. Gli aumenti dovrebbero essere distribuiti a partire dal luglio 2008 sotto forma di "quattordicesima" e pare, che non faranno parte del reddito tassabile. Per il 2007 è confermata l'annunciata una-tantum 324 euro (900 milioni la spesa) da erogare attraverso un decreto legge.
Pensioni sociali. Per avere diritto alla misera maggiorazione delle pensioni sociali (assegni sociali, invalidi civili, non vedenti e non udenti) sarà necessario avere un'età superiore ai 70 anni. L'aumento previsto è di appena 12 euro al mese (144 annui). Considerato che l'attuale minimo ammonta a 436, l'incremento stabilito risulta davvero ridicolo.
Copertura costo della vita. Questo è forse il punto più significativo dell'intesa, che va oltre le pensioni basse, anche se non sposta il giudizio negativo complessivo. Alle pensioni fino a cinque volte il minimo (436 euro) che oscillano tra 1.308 e 2.180 euro mensili lordi è riconosciuta una "copertura piena" dal costo della vita; attualmente è al 90%. Ma bisogna dire che questa "copertura totale" non è reale, non ottiene cioè il pieno recupero del potere d'acquisto causato dall'inflazione: vuoi perché il paniere dei prodotti su cui si misura la dinamica dei prezzi è assolutamente inadeguato; vuoi perché le rivalutazioni sono calcolate con coefficienti riduttivi; vuoi infine perché l'aumento scatta con un ano di ritardo, quando il danno c'è già stato.
Può dirsi dunque conclusa la vertenza dei pensionati? No. Non solo perché gli aumenti sono irrisori, ma anche perché nulla è previsto e stabilito per il sostegno ai non autosufficienti. Possono stare tranquilli i lavoratori sullo stato delle trattative tra governo e sindacati e le conclusioni che già si profilano su previdenza, "mercato del lavoro", "politica dei redditi"? No. Devono mantenere vive la vigilanza e la mobilitazione, come han fatto i metalmeccanici, per chiedere che sia cancellato lo scalone senza l'introduzione di nessun tipo di scalini, via la legge 30, aumento consistente dei salari e introduzione di un meccanismo automatico di difesa di salari e pensioni dal caro vita.

18 luglio 2007