Sulla costituzione del regime neofascista
Le responsabilità della "sinistra" borghese
La Costituzione antifascista è stata affossata, ma non tutto il "merito" è di Berlusconi e della Casa del fascio. Le lacrime di coccodrillo della "sinistra" borghese suonano quanto mai false e ipocrite. Perché se il nuovo Mussolini è riuscito a coronare il disegno della P2, di Gelli, di Craxi, la "sinistra" borghese ne porta delle responsabilità grosse come macigni.
Essa si è dimostrata impotente e connivente con la destra borghese economica, finanziaria, istituzionale e politica che da oltre 30 anni perseguiva l'obiettivo di cancellare la prima Repubblica e la Costituzione democratiche-borghesi e antifasciste per realizzare la seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista.
Le sue sono responsabilità indirette e dirette. Indirette perché ha concesso al governo Berlusconi di vivere pressoché indisturbato per oltre 4 anni guardandosi bene dal denunciarne la vera natura fascista e di ricorrere alla piazza per farlo cadere. Dirette perché ha partecipato in prima persona alla delegittimazione, alla messa in discussione e quindi all'affossamento della Costituzione antifascista. Una delegittimazione fatta anche di concessioni sul terreno della politica interna ed estera, della politica economica, sociale e sindacale, sulla cancellazione della pregiudiziale antifascista che di fatto, pur a Costituzione invariata, l'hanno massacrata e resa carta straccia.
Fin dalla fine degli anni '80 l'allora PCI revisionista del rinnegato Occhetto cominciò a rendersi disponibile a una revisione costituzionale che allora era il cavallo di battaglia di Craxi che fin dal '79 aveva lanciato dalle colonne dell'"Avanti!" la "Grande riforma" e nel febbraio '87, dalla tribuna congressuale, aveva concretamente proposto la revisione della Costituzione e lanciato la repubblica presidenziale.
Il primo clamoroso cedimento a questo disegno fu la partecipazione di tutta la "sinistra" borghese, compreso il PRC di Cossutta, alla prima commissione bicamerale per le "riforme istituzionali" presieduta nel 1992 da De Mita che già aveva all'ordine del giorno il premierato. È infatti sotto il governo Amato che avviene il passaggio ufficiale dal regime democratico borghese al regime neofascista in quanto l'allora braccio destro di Craxi ha operato concretamente per aprire una "fase costituente" alla quale l'allora PDS e il PRC, e gli stessi esponenti democristiani che oggi fanno parte dell'Unione, si guardarono bene dal sottrarsi.
Quella bicamerale fallì, ma fu solo l'inizio del progressivo scivolamento della "sinistra" borghese verso il presidenzialismo e il federalismo che nel frattempo era stato posto all'ordine del giorno dalla Lega neofascista, separatista e razzista di Bossi.
Paradossalmente i passi decisivi verso il completamento della seconda repubblica, ancor prima che il "centro-destra" tornasse al governo, sono stati compiuti proprio dai governi Dini, Prodi e D'Alema. Durante il governo Prodi è stata istituita con legge costituzionale il 24 gennaio 1997 la Bicamerale golpista presieduta dal rinnegato D'Alema che, seppure poi fallita per volere di Berlusconi e per contraddizioni interne allo stesso "centro-sinistra", era avviata alle stesse conclusioni a cui è giunta oggi la Casa del fascio. Basta rileggere il progetto di revisione organica della parte seconda della Costituzione che la Commissione aveva approvato il 30 giugno 1997, frutto anche dell'accordo raggiunto dal quadrunvirato nero D'Alema-Marini-Berlusconi-Fini, non in parlamento ma in casa di Gianni Letta, soprannominato il "patto della crostata", per rendersi conto che la "sinistra" borghese era già più che disposta a far propria l'essenza della nuova costituzione neofascista e in primis il presidenzialismo e il federalismo.
Già la legge per le elezioni dei consigli delle regioni a statuto ordinario del 23 aprile 1995 e quella Bassanini dell'11 marzo 1997, entrambe approvate anche dal PRC, varate rispettivamente sotto i governi Dini e Prodi, avevano introdotto elementi fondamentali del federalismo. Mentre il successivo governo D'Alema ha promosso e fatto approvare la legge costituzionale per l'elezione diretta del presidente della giunta regionale e l'autonomia statutaria delle regioni del 22 novembre 1999 e il decreto legislativo sul federalismo fiscale del 13 gennaio 2000.
Non paga di ciò e nonostante il fallimento della Bicamerale golpista di D'Alema, la "sinistra" borghese è arrivata fino al punto di sovvertire da destra la Costituzione approvando sotto il governo Amato nel 2001 la controriforma federalista del Titolo V che riguarda proprio la forma dello Stato e del governo e l'ha fatto con una maggioranza risicata e nell'ultimo scorcio della legislatura, con lo stesso metodo che ha adottato ora la Casa del fascio. Un atto che è stato un vero e proprio viatico per il neoduce Berlusconi che, legittimato, non ci ha pensato due volte a portare fino in fondo l'opera iniziata dal "centro-sinistra".
Va inoltre aggiunto che durante tutto l'iter parlamentare della controriforma la "sinistra" borghese non ha mai smesso di cercare il dialogo con la Casa del fascio, proponendo un'assemblea costituente e implorandola di fare "tutti insieme" le "riforme" della costituzione. Arrivando poi ad astenersi sull'articolo 1 del ddl governativo che istituiva il Senato federale e a votare via via a favore di diversi emendamenti "condivisi" con la maggioranza. Un atteggiamento conciliatorio e codardo dimostrato anche dai flebili balbettii di fronte allo scempio compiuto ora dal parlamento nero.
Il giornale del PRC, "Liberazione", il 17 novembre ha sostanzialmente fatto passare sotto silenzio l'approvazione della nuova Costituzione, relegando la notizia in un taglio a fondo pagina di appena due colonne e con un titolo che non dice niente sulla reale natura e portata di quanto accaduto: "La devolution è legge dello Stato. Ora cancelliamola con il referendum". Così come ha fatto il quotidiano trotzkista "il manifesto".
Senza contare che Rifondazione trotzkista ha elaborato una propria proposta di legge sul modello del cancellierato tedesco, che non è altro che una variante del presidenzialismo.
È evidente che la "sinistra" borghese continua a sottovalutare la gravità della situazione, tranquillizzando i suoi elettori e le masse con la prospettiva di una sicura vittoria elettorale e ostentando la certezza che la controriforma costituzionale sarà bocciata dal referendum confermativo. Quello che non dice, ma lo dimostra tutto il suo operato passato, è che in caso di vittoria elettorale e referendaria, sarebbe lo stesso "centro-sinistra" a riprovare a dare una nuova forma di Stato e di governo al regime neofascista ormai imperante. Una forma che sarà incentrata sul presidenzialismo più o meno "stemperato" e sul federalismo più o meno "solidale" ma dello stesso marchio indelebile della P2 di Gelli, Craxi, Berlusconi e Bossi.

23 novembre 2005