Riesplode la protesta dei lavoratori Fincantieri contro il governo e la direzione aziendale
Occorre un piano industriale che rilanci la cantieristica e salvaguardi siti e occupazione
No ad accordi cantiere per cantiere
Sciopero di 8 ore e manifestazione nazionale a Roma il 21 ottobre
È riesplosa con grande forza e determinazione la lotta dei lavoratori della Fincantieri, azienda pubblica della Fintecna, strategica nel settore, con 9 mila addetti occupati negli otto cantieri del gruppo (Sestri Ponente, Riva Trigoso, Castellammare di Stabia, Monfalcone, Marghera, Ancona, Palermo e Muggiano) e con altri 25 lavoratori impegnati nell'indotto. Già il 27 settembre gli operai del cantiere di Ancona si sono mobilitati. In 400 avevano raggiunto in corteo la sede del Consiglio regionale per protestare contro il tentativo della direzione aziendale di riproporre, cantiere per cantiere, lo stesso piano di tagli e chiusure ritirato il 3 giugno scorso grazie alla mobilitazione e alla lotta.
Il giorno dopo erano scesi in lotta i lavoratori Fincantieri di Sesto Ponente (Genova) con 4 ore di sciopero indetto unitariamente da FIOM, FIM e UILM insieme alle RSU dello stabilimento. Con un combattivo corteo avevano attraversato le vie cittadine. Ciò a sostegno della richiesta di convocazione del tavolo nazionale sulla vertenza Fincantieri per trovare soluzioni adeguate e soddisfacenti alla crisi in atto da almeno due anni; tavolo rimasto inattivo dal 3 giugno per colpa del governo che ha disatteso gli impegni allora assunti. "Gli impegni assunti dal Governo - ha detto Alessandro Pagano, coordinatore nazionale FIOM per la cantieristica - nell'ambito della vertenza Fincantieri ... sono ad oggi completamente disattesi".
Sale la rabbia di fronte alla latitanza e alla mancanza di risposte da parte del governo. Dopo aver occupato lo stabilimento con l'assemblea permanente, il 3 ottobre, gli stessi lavoratori di Sestri Ponente organizzano una nuova protesta. Di nuovo in corteo, sono sfilati per due ore nella città raggiungendo la prefettura, nonostante la massiccia e minacciosa presenza di forze di polizia in assetto antisommossa. Hanno chiesto e ottenuto che una delegazione dei manifestanti fosse ricevuta dal prefetto, presenti anche il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando e alcuni assessori e consiglieri regionali, per illustrare le ragioni della protesta e per chiedere che il governo assuma urgenti provvedimenti per il rilancio della produzione e la salvaguardia dell'occupazione.
Ma il punto più alta della lotta è esploso l'11 ottobre in concomitanza con l'incontro organizzato a Roma presso il ministero dello sviluppo economico tra il ministro Romano, la direzione dell'azienda, il sindaco di Genova, Marta Vincenzi, il governatore Burlando, e i rappresentanti sindacali. Quando, al termine dell'incontro, è giunta notizia di un esito negativo, anche solo in riferimento alle commesse di lavoro richieste al governo per riattivare le produzioni, "Solo promesse, parole, non c'è lavoro", recita il messaggino inviato da un sindacalista presente alla riunione, è esplosa tutta la rabbia in particolare dei lavoratori liguri di Fincantieri che presidiavano il cantiere. Essi hanno attuato immediatamente blocchi stradali e dimostrativamente dato alle fiamme i cassonetti della raccolta dei rifiuti. La preoccupazione del tutto giustificata dei lavoratori di Sestri Ponente è che questo cantiere, con una lunghissima storia industriale alle spalle e con un futuro altrettanto lungo solo che ci fosse una reale volontà politica in questo senso, rischia un forte ridimensionamento se non proprio la chiusura.
Il giorno precedente, il coordinamento nazionale FIOM-CGIL del gruppo Fincantieri si era riunito per fare il punto su questa importante e difficile vertenza, con una valenza nazionale per le dimensioni del gruppo e per la posta in gioco, e decidere il prosieguo della mobilitazione. Il coordinamento chiede alle controparti "un piano industriale strategico che, attraverso un adeguato programma di diversificazione produttiva, supportato dai necessari investimenti, consenta di rimettere il gruppo Fincantieri in condizione di rispondere alla crisi in atto senza ridurre la sua capacità produttiva, con la conferma della missione produttiva di tutti i siti e dei relativi livelli occupazionali". A questo scopo il coordinamento ha sottolineato il contributo portato dagli esperti di settore che suggerivano di cogliere opportunità produttive come quelle dell'off-shore nell'ambito della produzione di energie rinnovabili e della demolizione navale controllata, nonché quelle derivanti dalla promozione e sostegno di una mobilità ecosostenibile attraverso la produzione di nuove navi a basso impatto ambientale e allo sviluppo delle "autostrade del mare".
In questo ambito il coordinamento ha duramente criticato la strategia della direzione aziendale volta a imporre quel piano di ridimensionamento, presentato dall'amministratore delegato, Giuseppe Del Bono, il 23 maggio scorso che prevedeva la chiusura degli stabilimenti di Castellammare di Stabia e di Sestri Ponente e un forte ridimensionamento di quello di Riva Trigoso e la riduzione dell'occupazione di oltre 2.500 posti di lavoro. Piano che la direzione aziendale fu costretta a ritirare il 3 giugno e che ora ripropone subdolamente attraverso intese cantiere per cantiere, in alcuni casi raggiunte con la firma separata di FIM e UILM e in un caso anche con il consenso della FIOM.
A sostegno di queste rivendicazioni il coordinamento nazionale FIOM Fincantieri ha chiesto alla Segreteria nazionale FIOM di proclamare per il 21 ottobre prossimo uno sciopero generale di 8 ore dei lavoratori del gruppo Fincantieri e delle ditte appaltatrici con manifestazione nazionale a Roma, convergendo così con l'iniziativa di lotta, con le stesse modalità, già decisa dal gruppo FIAT e dalla componentistica auto.
Il PMLI solidarizza in modo militante e appoggia con forza la giusta lotta dei lavoratori della Fincantieri. Finalizzata, da un lato a impedire piani di ristrutturazione di lacrime e sangue che prevedano chiusure di cantieri, licenziamenti di massa e il peggioramento delle condizioni di lavoro sul modello Marchionne; dall'altro a ottenere dal governo e della direzione aziendale un progetto complessivo di rilancio, diversificazione e innovazione produttiva che salvaguardi l'operatività dei cantieri esistenti, nessuno escluso, e gli attuali livelli occupazionali. Tra le proposte avanzate per dare un futuro alla cantieristica e quindi alla Fincantieri, particolarmente importante, per non dire strategica, ci appare quella di dare ampio sviluppo al trasporto merci per via mare. Anche perché il nostro Paese è dotato naturalmente di due "autostrade del mare" che scorrono lungo il Tirreno e l'Adriatico per raggiungere i numerosi porti esistenti nelle coste. Il che comporterebbe la costruzione di navi per il trasporto merci che si aggiungerebbero alle produzioni tradizionali. Noi ci auguriamo che si formi una grande solidarietà politica e sociale attorno ai lavoratori della Fincantieri perché la loro è una lotta che riguarda tutti i lavoratori.

19 ottobre 2011