Mentre infuria la guerra imperialista
I RIFONDATORI
DEL TROTZKISMO CONVERTITI ALLA NON-VIOLENZA
Rina Gagliardi
si professa gandhiana oltre che luxemburghiana
Proprio ora che
dietro il pretesto della punizione dei terroristi l'imperialismo riconferma la
sua natura aggressiva e guerrafondaia e si accinge a mettere a ferro e fuoco
l'Afghanistan e altre regioni del Medio Oriente, e mentre ancora brucia la
memoria della violenza poliziesca fascista contro i no-global a Genova, i
rifondatori del trotzkismo accelerano la loro conversione al pacifismo e alla
non-violenza, che a questo punto, per loro stessa ammissione, è ormai completa
e irreversibile.
Nel suo intervento al Comitato politico nazionale del PRC del 15 e 16 settembre,
dedicato appunto ai temi del dopo Genova, del terrorismo e della guerra, Fausto
Bertinotti ha battuto a fondo su questo tasto, indicando la non-violenza come
l'unica arma ammissibile e praticabile per combattere il capitalismo. Per
arrivare a questa conclusione ha dovuto però fare un'operazione molto sporca,
del tipo di quelle imbastite in questi giorni dalla canea borghese
filoimperialista: equiparare in ultima analisi il terrorismo alla rivoluzione, o
comunque a ogni forma di ribellione violenta al capitalismo e all'imperialismo.
"Anche in noi - ha detto infatti nella replica al dibattito - vi può
essere un rischio di condiscendenza verso il terrorismo. Persino per gli
illuministi questo rischio era forte e divenne realtà (si pensi al terrore
giacobino). Questo rischio può diventare realtà tutte le volte che si riduce
la politica all'ideologia, l'ideologia a fondamentalismo, l'avversario a nemico
da distruggere. Il terrorismo è un'arma contro i nemici considerati come
disvalori. Penso quindi che dobbiamo contrastare il terrorismo in nome di una
nostra concezione dell'umanità, alla quale concorre la prospettiva del
comunismo come liberazione dell'uomo. In questo senso il valore della vita umana
è affermato e recuperato nel concetto essenziale della liberazione''.
Con queste premesse Bertinotti non poteva che concludere ribadendo che "la
ricerca sulla non violenza è decisiva per costruire `una nuova arma' contro la
società capitalista''. Del resto l'imbroglione trotzkista non è certo arrivato
solo ora ad abbracciare il pacifismo e la non-violenza, magari influenzato dai
terribili attentati terroristici negli Usa. Già ad agosto, per esempio, in
un'intervista al "Secolo XIX'', aveva rivendicato orgogliosamente di essere
"un pacifista sincero''. Pochi giorni prima, al "Corriere della Sera'',
aveva dichiarato: "Non ho alcun imbarazzo a dichiarare la mia radicale
opposizione a ogni forma di violenza, comprese certe dichiarazioni. Anzi. Credo
che sia giunto il momento per aprire un grande dibattito nel movimento e nella
sinistra per espellere anche dal linguaggio, e quindi dal simbolico, parole che
rappresentano un antico riflesso e provengono dalla tradizione militare''.
Parole riecheggiate guarda caso a distanza di pochi giorni da Luca Casarini su
"Liberazione'', quando ha affermato che "non esiste la violenza
giusta, esiste la violenza''. Tesi rilanciata a sua volta - per tornare a questi
giorni - ma con addirittura una forte coloritura gandhiana, anche dalla
trotzkista luxemburghiana Rina Gagliardi che, sempre su "Liberazione'',
esalta la "straordinaria epopea gandhiana'', rivalutandola come
"un'esperienza (e una teoria) molto complessa, da noi pochissimo nota e per
nulla studiata''.
Per la nuova seguace del Mahatma quell'esperienza insegnerebbe al movimento
anticapitalista a "non ripercorrere, nel processo rivoluzionario, il
cammino opposto e simmetrico a quello dell'avversario, ma cimentarsi nella
creazione di una `umanità nuova', che non limita le sue ambizioni alla
conquista del potere potere politico, e al rovesciamento dei rapporti di forza
tra le classi''. In questo modo la Gagliardi salda il gandhismo al trotzkismo
luxemburghiano, sostituendo la non-violenza alla lotta di classe come motore del
processo rivoluzionario di emancipazione dell'umanità, ignorando e cancellando
del tutto la stadio ineludibile del rovesciamento della classe dominante
borghese (definita, non a caso, "avversario'' e non nemico) e della
dittatura del proletariato, in quanto processi "violenti'' in sé, e quindi
da rifiutare.
è chiaro dunque che per questi imbroglioni politici quella della non-violenza
non è una scelta tattica, ammesso e non concesso che sia un'attenuante, ma una
scelta strategica, meditata e irreversibile, un concetto assunto - ovviamente in
contrapposizione diretta alla violenza rivoluzionaria e alla lotta di classe -
come base fondante ideologica, teorica e pratica per la cosiddetta
"rifondazione del comunismo'', che in realtà non è altro che la
rifondazione del trotzkismo aggiornato ai tempi e ai temi di oggi.
Tant'è netta e vincolante questa scelta che essi vorrebbero "espellere la
violenza'' perfino dal linguaggio, come proclama il cacasotto e salottiero
trotzkista Bertinotti. E questo anche per marcare nettamente la loro scelta di
campo per la borghesia e il sistema capitalistico, del quale hanno rinunciato
ormai definitivamente a proclamare l'abbattimento, ma al massimo, appunto, la
sua "umanizzazione'' pacifica. Proprio mentre nel mondo si riaccende la
guerra imperialista e il neoduce Berlusconi rimette la camicia nera all'Italia.
E poi hanno il coraggio di accusare noi marxisti-leninisti di essere "utopisti''
e "fuori dal mondo''!
La verità è che il loro concetto trotzkista di "liberazione'' è un
inganno e una truffa, perché negando la violenza rivoluzionaria - s'intende
necessaria e di massa, non quella individuale e di piccolo gruppo o il
terrorismo - negano di fatto e per sempre ogni speranza di emancipazione per la
classe operaia schiacciata dal capitalismo e per i popoli sfruttati e oppressi
dall'imperialismo.
3 ottobre 2001
|