Tradendo il proprio elettorato
RIFONDAZIONE, CHE HA PERSO 1.346.036 VOTI, APRE AI DS
Analizzando il
risultato del PRC alle elezioni del 13 maggio scorso, la prima cosa che va messa
in chiaro è che Bertinotti e soci hanno fatto di tutto per nascondere la
batosta elettorale subita.
Liberazione spaccia il risultato elettorale per un "successo'' che, come ha
sostenuto in un editoriale il leader trotzkista, "segna davvero una
controtendenza nella stretta bipolare''. Rina Gagliardi, il 16 maggio firma un
articolo dal titolo "Se mezzo milione di voti in più vi sembra poco'', e
le stesse cifre sbandierano in altri articoli Anubi D'Avossa Lussurgiu e il
responsabile degli enti locali del PRC Gianluigi Pegolo. In realtà il PRC
imbroglia astutamente le carte, dal momento che raffronta i voti ricevuti il 13
maggio non con le omologhe elezioni politiche del 1996, ma coi disastrosi
risultati del PRC alle europee del 1999 e alle regionali del 2000.
Il responso delle urne invece è chiarissimo: rispetto alle politiche del 1996
Rifondazione è stata abbandonata dalla bellezza di 1.346.036 elettori. Pur
ammettendo che 618.649 voti siano andati al PdCI di Cossutta (nel 1996 non era
ancora avvenuta la scissione), mancano all'appello ben 727.387 voti. Una
voragine apertasi tutta alla sua sinistra, ancor più consistente di quel che i
numeri dicono, dal momento che il PRC e il PdCI hanno certamente intercettato
una consistente fetta di voti in uscita a sinistra dai DS. Che poi il PRC abbia
recuperato rispetto alle europee e alle regionali è un altro discorso che non
giustifica gli arbitrali e scorretti raffronti proposti dal vertice di
Rifondazione. L'arretramento rispetto alle politiche non è stato invertito
nonostante i pesanti ricatti morali e politici sull'elettorato di sinistra
esercitati da un partito presentatosi come l'"antidoto
dell'astensionismo''.
Liberazione del 16 maggio sostiene che "il punto di forza'' del PRC sarebbe
rappresentato dal Sud, dalle Isole e dal Nord-est, dove il PRC crescerebbe
addirittura del 2,5% in Calabria, del 2% in Abruzzo, e dell'1% in Sicilia.
Ovviamente sulle elezioni europee. Ma rispetto alle politiche del '96? In
Campania perde 137.057 voti (-3,0%) sul corpo elettorale, in Basilicata e Molise
esce dalle urne più che dimezzato rispetto al '96, perdendo rispettivamente
18.412 voti dei 33.909 ricevuti alle precedenti politiche (-3,6%) e 9.472 voti
su 16.946 (-3,0%). Quanto al citato Abruzzo qui il PRC perde la metà dei suoi
consensi (-3,9%), come perde 37 mila voti in Calabria (-2,7%). E che dire della
batosta in Sicilia dove perde ben 95 mila voti dei 187 mila del '96 (-2,2%)?
Voti persi a sinistra giacché il partito di Cossutta raggranella esigui
consensi: dallo 0,7% della Sicilia all'1,5% di Campania e Calabria.
è quindi evidente che il PRC, per quanto abbia cercato di rifarsi una
"verginità'' di sinistra, antagonista e anticapitalista uscendo dal
governo Prodi, per quanto abbia curato e intensificato tutti i suoi legami col
movimento "antagonista'', i "centri sociali'', il sindacalismo
extraconfederale e persino "flirtato'' con ambienti filo-terroristi per
accrescere i suoi consensi elettorali, ha fallito miseramente pagando un
pesantissimo dazio all'astensionismo di sinistra.
L'ennesima lezione non è servita a far riflettere l'incallito imbroglione
trotzkista e neorevisionista Bertinotti che, tradendo il proprio elettorato, a
urne appena chiuse si è messo a flirtare con la Quercia e, sia pure con qualche
distinguo, col "centro-sinistra''. Di fronte alla deb+cle elettorale di
questi ultimi, ha proposto un "processo di vera e propria rifondazione di
tutte le sinistre'', perché la "sconfitta tocca tutti''. Quindi ha colto
la palla al balzo dell'invito di D'Alema al dialogo per esortare "le
sinistre di ogni genere: radicali, socialdemocratiche e liberali'' a
"incontrarsi nei prossimi giorni, ovunque''. Un dialogo che dovrebbe
favorire il "ripensamento'' e la "rifondazione'' della sinistra,
elaborare una strategia che si ponga l'obiettivo di "governare''
l'opposizione a Berlusconi e di progettare una strategia governativa per il
futuro.
Ovviamente per il momento Bertinotti si è detto non interessato alla proposta
di D'Alema del "partito del socialismo europeo'', che vedrebbe cancellato
fisicamente il PRC e significherebbe scoprire il fianco a sinistra fino ad
elienargli quelle simpatie attualmente raccolte nella galassia del movimento
antagonista che mai si riconoscerebbe nel partito proposto da D'Alema e
nell'Internazionale socialista. E d'altro canto, ora che Amato ha proposto
ufficialmente "l'unità dei riformisti dell'Ulivo che si riconoscono nel
Pse'' mentre per la questione di Rifondazione "se ne parlerà'', D'Alema
insiste: con "Bertinotti bisognerà discutere'' per "trovare la via di
un dialogo'', "non credo però che possa far parte di un partito unico
della sinistra''.
Per il momento l'obiettivo del leader trotzkista è quello di andare alla
costruzione di una "sinistra plurale'', una sorta di cartello dove
coesistano tutte le "anime'' di quella che è per lui la sinistra, ossia
quella liberale, riformista e socialdemocratica dei D'Alema, Amato e Cossutta, e
quella alternativa del PRC, un'alleanza in grado di esprimere un governo. Per
Bertinotti questa "sinistra alternativa'', potrebbe essere anche una nuova
formazione politica, un nuovo inganno per irretire ed egemonizzare la galassia
del movimento antagonista e anticapitalista. Non a caso ha caldeggiato nella sua
relazione alla Direzione nazionale del 18 maggio "la costruzione della
Costituente dei movimenti''. Questa "sinistra alternativa'' dovrebbe in
realtà continuare a coprire a sinistra i DS o il partito che nascerà dalla
Quercia e assicurarsi un posto in un futuro governo.
Il suo modello è la Francia di Jospin, il suo auspicio è una nuova
"Epinay italiana'', ossia qualcosa che assomigli agli "stati generali
della sinistra'' già realizzati agli inizi degli anni '70 nella cittadina
francese da Mitterrand. A Epinay Mitterrand chiamò a raccolta tutte le varie
organizzazioni della "sinistra'', grazie a un programma comune col PCF
riuscì a vincere le elezioni e a rimanere due mandati all'Eliseo. Non è
casuale che anche Amato abbia richiamato una nuova Epinay nel rilanciare
l'unità dei riformisti: entrambe evidentemente affondano le loro radici nel
riformismo socialdemocratico.
Mentre apre ai DS e a D'Alema, Bertinotti finisce per spalancare la porta nei
confronti del "centro-sinistra''. Dopo avergli regalato in questa tornata
elettorale, per stessa ammissione di Bertinotti, ben 40 seggi con la "non
belligeranza'', il PRC ha raggiunto accordi organici con i candidati sindaco del
"centro-sinistra'' come la Jervolino a Napoli e Veltroni a Roma. Là dove
ciò non è avvenuto, alla vigilia del ballottaggio, ha dato indicazione di
votare i candidati dell'Ulivo persino in assenza di apparentamento, a eccezione
delle città dove i voti del PRC sono stati espressamente rifiutati.
|