Nel 50° anniversario della morte del grande maestro del proletariato internazionale
I RINNEGATI E I TROTZKISTI ATTACCANO STALIN COME I FASCISTI

Se la destra della borghesia e i fascisti hanno utilizzato il 50° anniversario della morte di Stalin per vomitare altre montagne di calunnie e falsità sui cosiddetti "crimini" del grande maestro del proletariato internazionale, fedele successore di Lenin, artefice dell'edificazione dell'Urss socialista e della sconfitta del nazifascismo, neanche la "sinistra" borghese si è fatta tanti scrupoli in proposito, tutt'altro. Rinnegati e trotzkisti, infatti, quando hanno parlato o scritto di Stalin lo hanno fatto al solo scopo di denigrarlo e attaccarlo, spesso con più accanimento e odio della stessa stampa borghese.
La cosa stupisce solo fino a un certo punto, giacché è tipico dei voltagabbana e dei traditori esibire maggior livore e odio dei loro nuovi padroni, perché nell'ansia di farsi perdonare il loro passato, che gli viene sempre rinfacciato per tenerli sulla corda, tendono a essere più realisti del re. Probabilmente, se la nostra commemorazione non avesse avuto il successo e la risonanza che ha avuto, i rinnegati, i falsi comunisti e i trotzkisti avrebbero cercato di evitare di parlare di Stalin sulla loro stampa, o avrebbero relegato l'argomento del cinquantenario in qualche trafiletto semi invisibile nelle pagine interne. Troppo imbarazzante per loro sarebbe stato infatti andare a rivangare, sia pure per gettarvi fango, un passato nei confronti del quale la destra li accusa di non aver ancora fatto i conti fino in fondo.
Il fatto è che la nostra coraggiosa iniziativa, con l'enorme e imprevista eco che ha avuto, li ha spiazzati e li ha costretti a venire allo scoperto. Il rischio, per loro, era infatti di restare indietro perfino alla stessa stampa borghese e di lasciare a noi tutta la scena, con il "pericolo" di influenzare troppo la loro base. Ecco perché, mentre in generale fino al 2 marzo, giorno della commemorazione di Firenze, la stampa dei rinnegati e dei trotzkisti non aveva praticamente fatto menzione della nostra iniziativa e dei gravissimi tentativi dei fascisti e della destra borghese di impedirla, e nemmeno aveva dedicato un rigo a Stalin, dopo la commemorazione ha cambiato musica e ha dedicato vari articoli e servizi al 50° della morte di Stalin, anche se ovviamente per attaccarlo e attaccarci.
L'esempio più eclatante è quello del quotidiano del PRC, "Liberazione", che è stato muto come un pesce sulla nostra iniziativa minacciata dai fascisti, rifiutandosi ostinatamente di pubblicare i nostri comunicati stampa e persino le lettere di protesta inviate da alcuni suoi lettori nostri simpatizzanti; questo fino al 2 marzo. Per poi, subito dopo, uscire con quel vergognoso numero del 5 marzo, con la faccia di Stalin in copertina e la scritta "mai più", che si proponeva sfacciatamente in contrapposizione alla nostra parola d'ordine "Con Stalin per sempre".
Inutile dire che l'intero numero trasuda veleno contro Stalin e il socialismo, a cominciare dall'articolo di apertura della trotzkista Rina Gagliardi ("Fuori dallo stalinismo. Per il comunismo"), fino a quello di chiusura del direttore Sandro Curzi ("E Togliatti ci disse: `Al lavoro. La vita continua..."') , che nondimeno conferma, con i suoi ricordi di figgicciotto, la maldissimulata soddisfazione di Togliatti per la morte del capo dell'Urss e guida del movimento comunista mondiale, che da vivo non aveva mai osato attaccare e anzi esaltava pubblicamente ad ogni occasione. Naturalmente non mancano articoli sui presunti "crimini" di Stalin, dallo "Stato Gulag" all'"eliminazione fisica" degli oppositori interni, dai suoi "metodi barbarici" alle sue presunte "tendenze scioviniste" nei confronti delle minoranze nazionali, e via denigrando e calunniando.
Particolarmente sporca è stata la scelta operata a sommo studio dai trotzkisti de "il manifesto", che hanno deciso di "snobbare" fino in fondo l'importante ricorrenza storica, scegliendo di pubblicare sul numero del 5 marzo una rievocazione degli scioperi torinesi del marzo 1943 e di ignorare completamente l'anniversario della morte di Stalin. Come se poi quegli scioperi, che rappresentarono il primo scrollone politico al ventennale regime fascista mussoliniano e il prologo della gloriosa Resistenza, non fossero stati possibili anche e soprattutto grazie a Stalin e all'Urss socialista, che con la battaglia di Stalingrado e la controffensiva dell'Armata rossa sul Don, proprio in quel periodo storico capovolsero le sorti della guerra e aprirono la strada alla sconfitta totale del nazifascismo.
Tuttavia il quotidiano di via Tomacelli, pur ignorando volutamente il 50° di Stalin e la nostra manifestazione, si è permesso lo stesso una sporca perfidia contro entrambi, pubblicando proprio il 2 marzo (in contemporanea cioè con la nostra manifestazione) un articolo di fondo del trotzkista Pintor sulla figura di Stalin, beffardamente intitolato "Ei fu", a significare che per quanto riguarda l'autore e quel giornale è l'ora di seppellire per sempre Stalin e voltare pagina.
Anche l'organo dei rinnegati DS, "l'Unità", si è decisa a pubblicare un inserto di 4 pagine in occasione del 5 marzo, ovviamente per attaccare Stalin, non certo per celebrarlo. Vi si sostiene infatti che egli fece "milioni di vittime", che arrecò un "danno immenso all'idea di socialismo", che aveva "un'unica passione, il potere", ecc. Tesi e argomenti che sembrano presi di peso dalla pubblicistica anticomunista della destra e dei fascisti, tipo il "libro nero del comunismo" e simili concentrati di falsità.
In quest'orgia di bugie e calunnie vale infine la pena di citare "la Rinascita della sinistra", settimanale del PdCI, che dedica a Stalin un articolo di una pagina, in cui le solite accuse di "atrocità", i "Gulag", i "crimini" del capo dell'Urss vengono inquadrati nientemeno che in un "impianto identitario staliniano molto più simile a un complesso di pratiche magiche (sic!) che a una dottrina politica e filosofica". Una tesi la cui stravaganza e assurdità si commentano da sole, e che è dettata probabilmente dal maldestro tentativo di attaccare Stalin in un modo per così dire "fuori dal coro", per non urtare eccessivamente la sensibilità della base del partito ancora fedele al grande maestro del proletariato internazionale.