Il rinnegato XI Jinping apre alle "religioni tradizionali"
Ha bisogno del confucianesimo, del taoismo e del buddismo come collante sociale a sostegno del capitalismo

La società capitalista per tenersi in piedi ha bisogno tra le altre di una infrastruttura culturale, delle linee guide spirituali ed etiche che ovviamente non la mettano in discussione ma che la "abbelliscano" agli occhi delle masse popolari. A tale scopo niente di meglio della religione, oppio dei popoli. Lo conferma il nuovo gruppo dirigente cinese guidato dal rinnegato Xi Jinping che ha aperto di recente alle "religioni tradizionali", non una ma addirittura tre per coprire tutte le possibili combinazioni utili a tenere sotto controllo le diversità etniche e religiose delle masse popolari, poiché ha bisogno del confucianesimo, del taoismo e del buddismo come collante sociale per bloccare lo sviluppo della lotta di classe e farne puntelli a sostegno del capitalismo.
Gli servono come modelli morali soprattutto nella campagna anticorruzione, che affronta una delle cause all'origine di rivolte popolari contro funzionari locali, statali e del partito. Non è la prima promossa dai rinnegati di Pechino, e difficilmente eviterà il fallimento come le precedenti perché la corruzione è parte integrante della società capitalista, ma da sola non può comunque bastare. Crescita economica e crescita della corruzione viaggiano di pari passo nella Cina capitalista e la seconda innesca le rivolte che mettono in difficoltà la prima. A soccorso Xi Jinping chiama le "fedi tradizionali" e secondo fonti dell'agenzia Reuters avrebbe di recente invitato i funzionari e i media cinesi a essere meno critici verso di esse perché possano aiutarlo come una guida morale.
Nella Cina socialista il collante erano il marxismo-leninismo e la costruzione del socialismo. Nella battaglia politica venne in particolare attaccato il confucianesimo per il suo ruolo al servizio degli imperatori e dei signori feudali a partire dal momento in cui fu assunto come ideologia di Stato dalla dinastia Han che regnò in Cina a cavallo dell'anno zero; da duemila anni le idee, i principi e gli usi di Confucio erano alla base della precedente cultura reazionaria. Taoismo e buddismo avevano la stessa funzione ma con un peso minore.
Non a caso sotto il predecessore di Xi, la presidenza di Hu Jintao, i rinnegati di Pechino iniziarono proprio con la riabilitazione di Confucio e il richiamo ai principali concetti confuciani di "armonia" e di "società armoniosa", usati per condannare le rivolte popolari e dei lavoratori supersfruttati nelle fabbriche.
Il percorso dell'apertura del rinnegato Xi alle "religioni tradizionali" partirebbe nello scorso febbraio con l'incontro col principale monaco buddista di Taiwan, Hsing Yun, a Pechino, insieme a una delegazione di dignitari provenienti dall'isola. Yu Zhengsheng, al quarto posto nella gerarchia dei rinnegati di Pechino, visitava nel maggio scorso una moschea nella provincia occidentale dello Xinjiang e tra luglio e agosto cinque templi nelle aree tibetane, visite "senza precedenti per un leader anziano", sottolineava il South China Morning Post. Il vicedirettore dell'Ufficio affari religiosi, Zhang Lebin, in un commento scritto a luglio sul Quotidiano del Popolo, affermava che "trattare bene le religioni dovrebbe diventare un consenso comune e il diritto di praticare le religioni deve essere protetto". A agosto Xi lanciava un appello per la costruzione di una "civiltà sia materiale sia spirituale".
Una inchiesta del Guardian di alcuni mesi fa rivelava che il governo di Pechino permetteva il proselitismo a "evangelizzatori" cristiani nelle aree tibetane. Che Xi abbia intenzione di imbarcare anche il cristianesimo nell'operazione? Certo che se Pechino riesce a sottrarsi alla "ingerenza papale" può essere altrettanto efficace nel creare collante sociale a favore del capitalismo di cui ha bisogno. E in ogni caso lo può utilizzare politicamente per fiaccare in caso di bisogno la forza delle religioni storiche locali come il buddismo in Tibet o l'islamismo in Xinjiang.

23 ottobre 2013