Astensionismo in aumento rispetto alle precedenti comunali
A Bologna il 30,4% dell'elettorato diserta le urne
Forte arretramento di PD e PDL. Non convincono pienamente vendoliani e grillini
Il nuovo sindaco piddino Merola favorevole a privatizzazioni e federalismo

Dal nostro corrispondente dell'Emilia-Romagna
Le elezioni comunali a Bologna si sono concluse con un alto tasso di astensionismo, che si colloca come secondo "partito" scelto da 91.649 elettori. Si tratta del 30,4% del totale aventi diritto, con una crescita del 4,8 per cento sulle comunali 2009. Fisiologico il calo rispetto alle regionali 2010, fortissima l'avanzata sulle politiche 2008.
Le elezioni si sono concluse con la vittoria di Virginio Merola (PD) al posto di sindaco con il 50,46% dei voti validi, che tuttavia corrispondono al 35,1% sull'intero corpo elettorale. Un risultato tutt'altro che scontato, anche in una città dove tradizionalmente la "sinistra" borghese (a partire dal PCI revisionista) gode di forte stabilità, per via della disillusione e dello sdegno prodotti dallo scandalo "Cinziagate" che a febbraio 2010 ha travolto il precedente sindaco piddino Flavio Delbono provocando il commissariamento del Comune; ma anche della corsa alle poltrone seguita al ritiro, per motivi di salute, del precedente candidato (dato per favorito) Maurizio Cevenini, il quale comunque ha corso come capolista del PD. Basti pensare che nel 2009 Delbono era stato eletto con il 60% dei voti validi e che il PD è sceso al 38% rispetto al 40% delle regionali 2010.
Sempre a proposito della coalizione di "centro-sinistra", l'unica altra lista a superare il 10% dei voti validi (sia pure di poco) è stata quella capeggiata dalla cosiddetta "cattolica rossa" Amelia Frascaroli, sostenuta da Vendola. L'IDV non arriva al 4% e la Federazione della Sinistra all'1,5%.
La "tendenza generale al tracollo" del PDL si registra anche a Bologna, dove il partito di Berlusconi è precipitato al 16,6% rispetto al 25,2% delle regionali, mentre la Lega Nord, pur avendo il 10,7% sempre dei voti validi, non è riuscita a costringere Merola al ballottaggio, come invece sperava. Dati, questi, che hanno gettato la destra bolognese nello sconforto, con il candidato sindaco Manes Bernardini (Lega) che afferma: "A certi bolognesi è mancato il coraggio e ha vinto l'ideologia" (sic). E con Rosy Mauro, responsabile della Lega Nord-Emilia, che arriva a definirlo un "voto anomalo" annunciando un ricorso.
Si colloca terzo Massimo Bugani (Movimento 5 Stelle) con il 9,4%, seguito dalle "liste civiche" del megalomane amico delle banche Stefano Aldrovandi e del destro Daniele Corticelli, entrambi i quali puntavano a risultati ben più alti rispetto al 4,7% ed al 2,4% che hanno rispettivamente raccolto.
Ultimamente, valutando il risultato elettorale, tutta la "sinistra" borghese di Bologna si vanta di avere osteggiato l'astensionismo: "la partecipazione è stato un tema centrale della nostra campagna", ha detto Cevenini; la stessa Frascaroli alla vigilia del voto aveva lanciato un vergognoso appello ad andare a votare per non "disonorare" il sacrificio dei gloriosi partigiani, usando un ricatto morale ben noto, come se il solo scopo della Resistenza fosse stato quello di ottenere il diritto di voto, una conquista certo fondamentale, ma non isolabile dal contesto generale, poiché i partigiani lottavano per creare una nuova società libera e democratica dalle ceneri del regime fascista che oggi il neoduce Berlusconi ha restaurato sotto nuove forme, nuovi metodi e nuovi vessilli (nonché grazie all'immobilità e, a volte, alla complicità della "sinistra" parlamentare borghese), in cui le elezioni vengono strumentalizzate dai partiti borghesi per darsi una legittimità di massa, mentre governanti nazionali e locali fanno i loro porci comodi riducendo parlamento e consigli locali ad "aule sorde e grigie" prive di potere.
Inoltre astenersi non significa affatto non votare, tutt'altro: significa trasformare il voto in un'arma "che esprime una protesta, un dissenso, una sfiducia, una dissociazione dal regime neofascista, dai partiti parlamentari e dalle istituzioni borghesi" (dal documento elettorale dell'Ufficio politico del PMLI, 3 aprile 2011).
A questa pressione va ad aggiungersi l'insofferenza popolare verso il governo Berlusconi e il commissario di Bologna, Anna Maria Cancellieri (alla quale non a caso il PDL aveva proposto la candidatura a sindaco), che ha portato molti a votare "turandosi il naso". Infine non vanno sottovalutate le trappole piazzate per ingabbiare gli elettori di sinistra nell'elettoralismo con una parvenza di "alternativa", ovvero la lista della Frascaroli (già arrivata seconda alle primarie tenutesi a gennaio) e il Movimento 5 Stelle, unici veri "vincitori" fra le forze borghesi in lizza.
Ciò non toglie che l'aumento dell'astensionismo come rifiuto cosciente dei partiti borghesi c'è stato e li ha preoccupati non poco. Anche i voti al Movimento 5 Stelle confermano lo sdegno crescente verso la sedicente "opposizione" parlamentare, per quanto insufficiente dal punto di vista della lotta anticapitalista.
Cominciano ora (salvo imprevisti) i cinque anni di governo di Merola. E già non promettono bene. Il neosindaco ex assessore di Cofferati considera infatti un "patto" fra "pubblico e privato" come panacea di tutti i mali della crisi; è a favore (nonostante le classiche frasi da campagna elettorale) dei finanziamenti pubblici alle private e della gestione della scuola pubblica da parte dei privati ("far gestire le scuole ai privati con i soldi del Comune è solo un modo diverso di garantire il servizio pubblico", ebbe a dire a marzo); è a favore del federalismo; non ha nulla da invidiare al populismo e al personalismo dei suoi rivali di poltrone del "centro-destra" (ricordiamo che, prima che fossero definite le liste elettorali, puntava a candidarsi come "civico" sganciandosi così dalla dirigenza del PD). La dice altresì lunga la "profonda gratitudine" espressa dal segretario bolognese del PD, Raffaele Donnini, alla commissaria antipopolare Cancellieri per i suoi mesi di governo della città.
Le masse lavoratrici, studentesche e popolari di Bologna non devono riporre alcuna speranza in una questa "nuova" giunta di "centro-sinistra", ma continuare implacabilmente le loro lotte per il lavoro, per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, l'istruzione pubblica, i diritti politici, sociali ed economici.
Ai fautori del socialismo chiediamo di unirsi al PMLI come militanti o simpatizzanti per combattere contro tutti i governi borghesi nazionali e locali, sia dichiaratamente di destra che dietro una parvenza di "sinistra", e di battersi per l'Italia unita, rossa e socialista.

25 maggio 2011