Dal Maghreb alla Penisola arabica
Si sviluppano le rivolte per la libertà dei popoli e contro gli oppressori
La vittoria della ribellione in Tunisia e Egitto è stata la scintilla che ha incendiato l'intera prateria

La rivolta in Tunisia, partita dalle povere regioni dell'interno contro l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e dilagata nelle città costiere e nella capitale dove sono stati protagonisti i giovani in gran parte disoccupati, ha travolto il regime di Ben Ali e ha dato il via a una serie di rivolte e proteste che hanno abbattuto il dittatore Mubarak in Egitto e stanno mettendo in grave difficoltà il regime di Gheddafi in Libia. Una rivolta popolare per la libertà, contro i regimi reazionari che prende campo nei paesi del Maghreb, dall'Algeria al Marocco, per estendersi in Medio Oriente e nella penisola arabica, dalla Giordania allo Yemen, al Bahrein.
Riportiamo una sintetica cronologia delle principali lotte delle masse popolari nella regione che auspichiamo si sviluppino sempre più forti perché, come affermato nel comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI del 12 febbraio "le masse egiziane, come pochi giorni prima quelle tunisine, hanno dimostrato al mondo che quando un popolo è unito e determinato a tenere la piazza non avendo paura nemmeno dei carri armati è capace di abbattere i propri oppressori e avanzare nella via dell'emancipazione sociale e politica".
 
Tunisia
Il 17 dicembre davanti al municipio di Sidi Bouzid, un giovane si dà fuoco per protestare contro la polizia che gli aveva sequestrato il banco di frutta e verdura, sostenendo che non avesse la licenza per vendere. La popolazione scendeva in piazza per denunciare le sempre più difficili condizioni di vita; è la scintilla che dava vita a una protesta che iniziava nelle regioni interne, la parte povera del paese già affamata e colpita dagli aumenti dei prezzi dei generi di prima necessità decisi dal governo, e in pochi giorni si allargava a macchia d'olio verso le zone costiere fino alla capitale Tunisi e diventava una rivolta di massa contro la dittatura di Ben Ali. Che il 14 gennaio, mentre a Tunisi centinaia di migliaia di dimostranti scendevano in piazza in occasione dello sciopero generale indetto dal sindacato, era costretto a scappare e trovare rifugio in Arabia Saudita.
Il 15 gennaio, Foued Mebazaa, presidente del Parlamento, si insediava al posto di presidente della Repubblica ad interim e incaricava il primo ministro Mohammed Ghannouchi di formare un nuovo governo con rappresentanti dell'opposizione. Il premier si impegnava a far liberare tutti i detenuti politici e comunicava che le elezioni legislative e presidenziali si sarebbero tenute entro sei mesi.
 
Egitto
La protesta in Egitto parte il 25 gennaio, quando in circa 30 mila manifestano in piazza Tahrir, chiedendo riforme politiche e sociali, sul modello dei "fratelli tunisini". La polizia interviene per disperdere i dimostranti e negli scontri si registrano 4 morti e 400 arrestati. Nei giorni successivi il numero delle vittime salirà a circa 300.
La protesta si accende in altre città tra le quali Alessandria e Suez, continua nei giorni successivi con al centro le manifestazioni oceaniche al Cairo in piazza Tahrir che diventa il centro della rivolta. Il 29 gennaio il presidente Mubarak annuncia le dimissioni del governo, l'insediamento di un nuovo esecutivo e la nomina di Omar Suleiman, l'ex capo dei servizi segreti, come vicepresidente.
L'1 febbraio in piazza Tahrir manifestano due milioni di persone che vogliono le dimissioni del presidente. L'esercito riconosce la legittimità della protesta e afferma che non interverrà contro i dimostranti; è il segnale dell'abbandono di Mubarak da parte dei suoi padrini, primo fra tutti l'imperialismo americano, che nei vertici militari cerca una nuova figura per sostituire in maniera indolore lo screditato dittatore. Che promette di non ricandidarsi alle presidenziali di settembre ma che infine, l'11 febbraio, è costretto a dimettersi passando i suoi poteri al Consiglio supremo dell'esercito che guiderà la transizione fino alle nuove elezioni politiche e presidenziali.
 
Libia
Le notizie sulle prime manifestazioni contro il regime di Gheddafi sono del 16 febbraio e parlano di scontri con la polizia nella città di Bengasi in seguito alle proteste contro l'arresto di un avvocato di un'associazione di parenti dei prigionieri uccisi nella sparatoria avvenuta nel carcere di Tripoli nel 1996. Altre manifestazioni si svolgono il 17 febbraio in altre città della Cirenaica, represse dall'intervento della polizia che causa una decina di morti.
Gheddafi usa il pugno di ferro contro le proteste che comunque dilagano in varie parti del paese. Il 18 febbraio si rivoltano le città di al-Bayda, Ajdabiya, Zawiya e Darnah; il 19 è la volta di Bengasi ed El Beida e a seguire Tripoli.
Gheddafi invia gli aerei a bombardare i rivoltosi e gruppi di mercenari per sparare sulla folla che protesta.
La Corte penale internazionale dell'Aja afferma che i manifestanti morti in Libia dal 15 al 20 febbraio sarebbero circa 600 e comunica che "sta cercando prove per processare il presidente libico Muammar Gheddafi".
 
Bahrein
Le proteste contro il governo del primo ministro Sheikh Khalifa bin Salman al Khalifa, che amministra lo stato del Golfo Persico dal 1971, iniziavano il 14 febbraio. I protagonisti della protesta sono gli studenti che chiedono lavoro, più diritti, una riforma costituzionale e le dimissioni del premier. Il simbolo della protesta è un lenzuolo bianco, macchiato con inchiostro rosso, a indicare la determinazione a sacrificare se stessi in nome della libertà.
La polizia carica duramente le manifestazioni che si svolgevano a Bani Jamrah e Diraz, si registrano alcuni morti. Le manifestazioni e gli scontri si ripetono nei giorni successivi e il 16 febbraio almeno 2.000 manifestanti passano la notte in tende allestite in una delle piazze centrali della capitale Manama, piazza della Perle. Contro il presidio di protesta interviene l'esercito che il 17 febbraio riprende il controllo della capitale e soffoca la rivolta; il bilancio è di tre morti e 230 feriti.
Il 18 febbraio la folla si riunisce nel sobborgo di Duraz e grida slogan contro gli al Khalifa, il clan dei monarchi sunnita, alla guida di uno stato a maggioranza sciita. La polizia interviene coi lacrimogeni e con le armi e disperde la manifestazione.
Il principe ereditario Salman bin Hamad al-Khalifa riceveva pieni poteri dal re per risolvere la crisi e il 18 febbraio ordinava il ritiro di tutti i militari dalle strade. I dimostranti tornavano a occupare piazza delle Perle e i partiti di opposizione chiedevano le dimissioni del governo. Il 20 febbraio i sindacati proclamavano uno sciopero a oltranza.
 
Algeria
Le proteste in Algeria iniziano il 6 gennaio con cortei e manifestazioni a Bab El Wadi, Zaralda e Wahran, seguite l'8 gennaio da quelle nella capitale Algeri dove migliaia di dimostranti sfidavano il divieto del regime e scendevano in piazza per protestare contro gli aumenti dei prezzi dei generi alimentari e degli affitti. La polizia caricava i dimostranti e disperdeva le manifestazioni con un bilancio di 5 morti e oltre 700 feriti.
Sull'onda del successo della rivolta tunisina le proteste, sempre soffocate dalla polizia, continuavano nel mese di gennaio contro la disoccupazione e la corruzione e spingevano, il 3 febbraio, il presidente Abdelaziz Bouteflika a annunciare la prossima revoca dello stato di emergenza, in vigore dal golpe del 1992 attuato contro la vittoria elettorale del Fronte islamico.
In una capitale blindata, alcune migliaia di manifestanti riescono a riunirsi in piazza Primo Maggio il 12 febbraio. La polizia interviene e arresta oltre 400 persone. La protesta si ripete il 20 febbraio con i dimostranti che promettono di ritornare ogni sabato in piazza fino a quando il presidente Bouteflika non se ne andrà.
Yemen
Nello Yemen le dimostrazioni partono il 27 gennaio contro il governo del presidente Ali Abdallah Saleh, al potere da 32 anni. Saleh promette di non ricandidarsi alle elezioni presidenziali del 2013 ma il 3 febbraio nella capitale Sanaa protestano 20 mila persone. Altre manifestazioni dal 12 al 14 febbraio, protagonisti gli studenti che marciano verso l'ambasciata egiziana di Sanaa con cartelli con le scritte "Alì, dopo Mubarak è il tuo turno".
La coalizione dei partiti di opposizione accetta un invito del presidente Saleh al dialogo ma i cortei di protesta continuano anche il 16 febbraio nella capitale, e nella città di Aden i dimostranti tentato l'assalto al municipio, nel quartiere di Mansura.
 
Giordania
Le masse popolari della Giordania scendono in piazza ad Amman, Irbid, Aqaba, Madaba e Rakak il 14 gennaio protestando contro il carovita e il governo del premier Samir al-Rifai.
Il re Abdallah II annuncia il 27 gennaio le dimissioni del governo e la formazione di un nuovo esecutivo con l'incarico di attuare "delle vere riforme economiche".
Gibuti
Il 18 febbraio migliaia di manifestanti sono in piazza a Gibuti contro il presidente Ismael Omar Guelleh, al potere dal momento dell'indipendenza dalla Francia nel 1977, occupano lo stadio della capitale e affermano che vi resteranno fino a quando Guelleh, che ha emendato la costituzione per potersi ricandidare, non si sarà dimesso.
Guelleh risponde rinviando le elezioni presidenziali previste l'8 aprile e fa arrestare tre leader dell'opposizione.
Marocco
Il 16 gennaio a Rabat la polizia caricava una manifestazione contro gli aumenti dei prezzi. Non è che l'inizio di una mobilitazione che si sviluppava il 19 febbraio a Tangeri dove i manifestanti che protestavano contro le tariffe troppo elevate di acqua, energia e trasporti, saccheggiavano una stazione di polizia e immobili di proprietà della multinazionale francese dell'energia Veolia.
Il 20 febbraio decine di migliaia di dimostranti in piazza in tutto il paese da Rabat a Casablanca a Fez denunciavano la corruzione del governo e chiedevano libertà, una Costituzione democratica che riduca i poteri del monarca, Maometto VI, una giustizia indipendente, lavoro e mantenimento del potere di acquisto dei salari.
Kuwait
Proteste contro il regime dell'emiro del Kuwait si sono svolte il 20 febbraio a Jahra a nord ovest di Kuwait city. Il bilancio degli scontri con gli agenti è stato di almeno 30 feriti e 50 manifestanti arrestati.

23 febbraio 2011