Esasperati per gli innumerevoli soprusi a cui sono sottoposti dalla giunta milanese
Rivolta della comunità cinese contro la repressione della neopodestà Moratti
Redazione di Milano
Chiusura dei phone center, ronde di "camicie verdi" fascioleghiste, sgomberi e segregazione dei rom: negli ultimi mesi a Milano il regime neofascista in materia di razzismo è passato rapidamente dalle parole ai fatti. Ora tocca alla comunità cinese e in particolare a quella sua parte composta da piccoli esercenti che lavorano concentrati nel quartiere intorno via Sarpi in negozi all'ingrosso (circa i 2/3) e al dettaglio che offrono beni e servizi. Sono costretti a lavorare 7 giorni su 7 per pagare a un pugno di loro ricchi connazionali senza scrupoli (che nel contempo sfruttavano come schiavi, negli scantinati centinaia di operai cinesi per produrre borsette e articoli d'abbigliamento) alti affitti, o con loro saldare grossi debiti da strozzini per i prestiti ottenuti per l'acquisto dei locali d'esercizio venduti loro a prezzi maggiorati dai precedenti proprietari italiani.
La maggior parte di loro non può permettersi, per le necessarie operazioni di carico-scarico delle merci, un furgoncino; quindi se la "cava", avanti e indietro, portando a più riprese la mercanzia, con la propria auto o (prevalentemente) con carrelli, biciclette o caricandosi in braccio o sulle spalle pesanti sacchi o scatoloni.
E a tutto questo si è aggiunta, tre mesi fa, una delibera comunale discriminatoria e razzista della giunta confindustrial-neofascista della neopodestà Moratti che limita a fasce orarie stringatissime le operazioni di carico-scarico con mezzi "propri" (furgoni, tricicli, ape ecc..) e vieta tassativamente - istituendo l'"isola ambientale a traffico limitato" nelle vie del quartiere Sarpi - l'utilizzo di qualsiasi altro mezzo di trasporto merci "improprio" (motorizzato e non) che non siano le braccia e le spalle! È a questo punto che cominciano le vessazioni quotidiane della Polizia Locale, agli ordini del comandante Emiliano Bezzon e del neopodestà vicario fascista - con deleghe sulla sicurezza e sui vigili di quartiere - Riccardo De Corato (AN), che di recente "batte la zona" con crescente intensità mettendo in modo fulmineo multe ad automobili private "non autorizzate per il trasporto merci" fino ad arrivare al sequestro di carrelli e biciclette. E per sedare sul nascere qualsiasi protesta individuale contro questi soprusi gli agenti della Locale non si sono nemmeno risparmiati nell'arrivare più di una volta "alle mani". Bombardati di multe per non aver ceduto al diktat di rinunciare ai propri indispensabili mezzi di lavoro alcuni negozianti sono costretti anche a chiudere l'esercizio.
Questi, in estrema sintesi, i precedenti con cui si è arrivati al 12 aprile quando, verso le ore 9.30, Yang Haihua, dopo aver parcheggiato regolarmente la propria vettura stava scaricando della merce destinata al proprio esercizio commerciale. Una pattuglia della Locale in transito, fermatasi per un controllo, contestava "l'illegittimo trasporto di merci per mezzo di una vettura privata": 74 euro di multa.
Oltre alla sanzione le due agenti di pattuglia riferivano a Yang che la carta di circolazione gli veniva arbitrariamente trattenuta per due mesi. Yang avrebbe cercato di spiegare alle sue vessatrici che la macchina gli era necessaria, le due agenti gli avrebbero risposto "andrai in taxi". A quel punto anche la moglie di Yang, Bu Ruowei ha protestato.
Secondo la comunità cinese a questo punto una delle due agenti avrebbe indirizzato commenti razzisti verso i cinesi sopraggiunti in capannello suscitando le prime proteste. Le agenti avrebbero chiamato rinforzi contando sul potere deterrente dei nuovi manganelli di recente dotazione alla Polizia Locale milanese. Fatto ciò cercano di caricare Bu - che giustamente oppone resistenza - e sua figlia sulla loro volante a suon di manganellate per portarle al comando "per accertamenti". È la scintilla che fa esplodere la rivolta!
Via Paolo Sarpi viene occupata da una folla inferocita di centinaia di cinesi, ma anche di alcuni italiani, ormai all'orlo dell'esasperazione per gli innumerevoli soprusi a cui sono sottoposti dal tallone di ferro della Thatcher di Palazzo Marino. Il contingente della Locale cerca invano di disperdere la folla con cieca violenza, non risparmiando di colpire a manganellate donne e bambini ferendoli a sangue. Intervengono con altrettanta violenza gli agenti della Polizia di Stato attrezzati di tutto l'armamentario antisommossa, ma di fronte alla risposta di forza delle masse devono presto fare dietro front coprendo alla meglio la ritirata dei "colleghi" della Locale.
"Basta razzismo e repressione" è lo slogan che nasce spontaneo dalla rivolta, urlato e scritto su foglietti tenuti in alto. Dietro uno striscione rosso con su scritto "No agli abusi sulla comunità cinese" la folla si muove in corteo lungo via Sarpi in direzione dell'incrocio con via Bramante dove si conclude trasformandosi in una grande festa popolare.
"Sul rigore in Chinatown non si torna indietro", minaccia arrogantemente la neopodestà Moratti blaterando che il quartiere Sarpi sarebbe una "intollerabile zona franca" dell'ingrosso a cui occorre "porre rimedio" mentre in verità è proprio la sua giunta che ha imposto un trattamento speciale discriminatorio ad hoc per i commercianti cinesi lì concentrati. La giunta comunale annuncia quindi che proseguirà con un ulteriore giro di vite con la chiusura al traffico e l'isola pedonale, con le multe e il sequestro dei mezzi di trasporto merci, con l'obbiettivo di deportare in massa nella periferia ("delocalizzare", per dirla alla Moratti) i commercianti all'ingrosso cinesi. "Milano non si farà ricattare dai violenti come è accaduto nelle banlieue parigine", sbraita l'assessore forzista al Commercio Tiziana Maiolo (ex PRC, ex "il manifesto"), mentre appaiono scritte nazifasciste a firma di Forza Nuova "cinesi raus" e i fascioleghisti organizzano una lugubre fiaccolata da "notte dei cristalli" lungo via Sarpi dove il consigliere comunale in camicia verde Matteo Salvini ringhia "tornino da dove sono venuti", cercando di aizzare i residenti italiani all'odio razziale e al pogrom anticinese in un clima che rievoca sinistramente il più becero antisemitismo fascista e nazista degli anni '30.
L'Unione della "sinistra" borghese critica i metodi ma non la politica e le finalità della giunta milanese mentre evita di esprimere alla comunità cinese alcuna solidarietà che invece esprime in modo deciso e incondizionato esclusivamente agli agenti di polizia Locale e di Stato "aggrediti" (sic!). Il segretario cittadino dei DS Pierfrancesco Majorino va oltre condannando l'"allucinante reazione della comunità cinese".
Degna di nota è invece la solidarietà espressa in un presidio antirazzista, in via Sarpi, il giorno 13 aprile, dagli studenti organizzati dei Collettivi e dai giovani dei centri sociali "antagonisti".
Solidale coi commercianti cinesi è anche la Cellula "Mao" di Milano del PMLI che appoggia la loro giusta lotta contro le discriminazioni razziali imposte dalle istituzioni neofasciste cittadine e invita tutta la Milano antifascista e progressista ad unirsi in un largo fronte unito antirazzista per contrastare decisamente i focolai di xenofobia attizzati sempre più frequentemente nel capoluogo lombardo per giustificare, mantenere e peggiorare le condizioni di supersfruttamento in cui l'attuale regime relega i lavoratori immigrati.

24 aprile 2007