I monaci e le monache buddisti in rivolta contro il regime militare del Myanmar
Oltre 300 mila dimostranti in piazza nelle principali città
 
Oltre 100 mila dimostranti hanno manifestato il 25 settembre nella ex capitale Yangon (Rangoon) intorno alla millenaria pagoda di Shwedagon contro la giunta militare al potere in Myanmar (Birmania) da 45 anni sfidando il divieto del governo che nella serata ha imposto il coprifuoco nella città e a Mandalay, la seconda città del Paese. Il regime militare preparava un nuovo giro repressivo per tentare di fermare l'escalation della protesta popolare guidata da monaci e monache buddisti che il giorno precedente, il 24 settembre, aveva registrato oltre 300 mila dimostranti in tutto il paese.
Le marce del 24 settembre hanno segnato finora il momento della più alta partecipazione alle proteste contro il regime. Oltre 100mila, tra monaci e laici, erano sfilati al grido di "democrazia" nelle strade della ex capitale; altre manifestazioni si erano svolte in almeno 25 città in tutte le parti del paese.
Le manifestazioni hanno avuto inizio il 19 agosto scorso per protestare contro la decisione della giunta militare guidata dal generale Than Shwe di raddoppiare il prezzo del diesel e quintuplicare quello del gas naturale che avevano portato alle stelle i prezzi dei generi alimentari. Promosse da partiti e gruppi dell'opposizione alla giunta militare erano state represse dall'esercito che aveva arrestato numerosi manifestanti.
A fine agosto si erano uniti alla protesta i monaci buddisti che promuovevano una manifestazione nella città nordoccidentale di Sittwe. Il 5 settembre i militari sparavano colpi di avvertimento per fermare la marcia di cinquecento monaci a Pakokku, 600 km a nordovest di Yangon. Il giorno seguente diverse centinaia di monaci prendevano in ostaggio quattro funzionari governativi e bruciavano la loro auto. Il 21 settembre l'Alleanza di tutti i Monaci Buddisti (Alliance of all Burmese Buddhist Monk) promuoveva una marcia di protesta nella ex capitale cui partecipavano più di 1.500 religiosi e annunciava di "non voler smettere di marciare fino a quando il regime dittatoriale non crollerà". La determinazione dei monaci, cui si univano nella protesta le monache, riusciva a raccogliere una sempre maggiore partecipazione popolare fino a quella del 24 settembre quando per la prima volta dal golpe del 1990 oltre 100 mila persone sfilavano per le strade di Yangon con cartelli con su scritto "migliori condizioni di vita", "rilasciate i prigionieri politici" e "la volontà del popolo sia soddisfatta".
Indipendente dalla Gran Bretagna dal 1948, la Birmania è stata governata per oltre un quarto di secolo (1962-1988) dalla dittatura militare del generale Ne Win. Nel 1988 scoppiavano le prime proteste popolari guidate dai gruppi di opposizione e di quelli delle minoranze vittime della politica razzista del regime. Una nuova giunta militare prendeva il potere guidata dal Consiglio per il Ripristino della Legge e dell'Ordine dello Stato (Slorc) che uccideva e arrestava migliaia di persone. Nell'89 i generali cambiavano il nome della Birmania in Myanmar e della sua capitale Rangoon in Yangon. Successivamente la capitale sarà spostata a Napydaw, un villaggio nella foresta a 400 chilometri a nord di Yangon.
Sotto la pressione internazionale i militari indicevano le elezioni nel 1990 ma a fronte della vittoria della Lega Nazionale per la Democrazia (Nld) decidevano di annullare il voto. Nonostante la dittatura tenesse il paese sotto il pugno di ferro il generale Than Shwe, alla guida della giunta militare dal 1992, riesce a far entrare il paese nell'Asean (Associazione delle Nazioni del Sud Est Asiatico) e promette riforme per ottenere la fine delle sanzioni contro il paese imposte dagli Stati Uniti. Nulla cambia e la dittatura militare resta in piedi grazie alla repressione.
La stessa repressione che il regime ha minacciato per soffocare la crescente protesta delle ultime settimane. Il ministro degli affari religiosi, il generale Thura Myint Maung, incontrava la gerarchia clericale buddista e avvertiva che "se i monaci non rispetteranno le regole e i regolamenti di obbedienza agli insegnamenti buddisti" verranno adottati "alcuni provvedimenti in base alla legge in vigore". I monaci non si piegavano e organizzavano nuove proteste col sostegno massiccio della popolazione.

26 settembre 2007