A Roma contro il governo, la Confindustria, gli accordi separati sui contratti e sul nuovo modello di contratto, contro l'attacco al diritto di sciopero
700mila metalmeccanici e lavoratori pubblici in piazza
Una marea di bandiere rosse. In prima fila gli operai Fiat di Pomigliano e della Innse di Milano manganellati dalla polizia di Berlusconi e Maroni. Un gruppo di lavoratori grida contro D'Alema e altri dirigenti del PD: "Andate via, ci avete svenduto". Bertinotti e Bettini intervistati dalla Rai mentre alle loro spalle sfilano le bandiere dei Maestri e del PMLI
Partecipazione militante della delegazione nazionale del PMLI diretta da Malesci

Dal nostro inviato speciale
Si sentiva proprio il bisogno di una bella, potente e incoraggiante prova di forza della classe operaia e dei lavoratori italiani in risposta alla crisi economica e finanziaria prodotta dal sistema capitalistico, agli attacchi furibondi mossi dal governo, dal padronato e dai loro servi al contratto e sul nuovo modello di contratto, figli di accordi separati che hanno escluso la Cgil, nonché al diritto di sciopero per il quale ai padroni e ai governanti non sono più sufficienti le limitazioni imposte con le leggi degli anni passati. Ebbene, la prova di forza si è avuta venerdì 13 febbraio con lo sciopero generale dei metalmeccanici e dei lavoratori pubblici, per la prima volta assieme queste due categorie, e con la grandiosa manifestazione nazionale di Roma promossa dalla Fiom e dalla Fp della Cgil.
Oltre il 70% di adesioni allo sciopero nel settore metalmeccanico e circa 700mila partecipanti alla manifestazione per gettare il guanto della sfida (vincendo per k.o. la prima battaglia tanto che ora il nuovo Mussolini è almeno costretto a dirsi "preoccupato" per la crisi economica e per le sue conseguenze) all'arroganza della classe dominante borghese in camicia nera, alla mollezza dei vertici collaborazionisti di Cisl e Uil (il capo cislino Raffaele Bonanni non ha trovato di meglio che prendersela con queste manifestazioni che riflettono "sentimenti della vecchia sinistra del Novecento"), alle tesi rinunciatarie e fuorvianti di parte della cosiddetta "opposizione" parlamentare, al freddo intenso alleato del governo del neoduce Berlusconi, alle difficoltà organizzative ed economiche di uno sciopero collocato ad appena due mesi da quello generale del 12 dicembre e in un momento di grave crisi in cui, dalle Alpi a Lampedusa, i posti di lavoro sono a rischio, la cassa integrazione dilaga, i contratti dei precari "regolarmente" non rinnovati, il futuro più che mai incerto anche a breve termine.

Tre grandi cortei rossi
Nel cuore della capitale hanno mosso alla volta di piazza S. Giovanni tre cortei sindacali (da piazza della Repubblica, da piazzale della Tiburtina e da piazzale dei Partigiani) e uno studentesco da piazza Barberini, combattivo e partecipato soprattutto dalle ragazze e dai ragazzi delle scuole superiori di Roma nord, del quale riferiamo a parte e che si è poi accodato al corteo partito da piazza della Repubblica.
La distesa di bandiere rosse era impressionante in ogni corteo: quelle della Fiom, quella della Fp, quelle regionali e nazionali della Cgil. Ovunque dominava il rosso, anche nei minimi particolari, non solo tra le tute blu, storica punta di diamante della classe operaia ma anche tra i lavoratori pubblici molti dei quali del settore impiegatizio, impoveriti, vessati e mobbizzati dal governo e dai ministri ex socialisti Maurizio Sacconi ("lo sciopero è un errore") e Renato Brunetta, quest'ultimo capace di attirare su di sé ogni possibile e immaginabile denuncia in chiave politica o ironica che fosse.
Impossibile elencare le presenze, si può però dire che tutta l'Italia era rappresentata e non mancavano delegazioni ufficiali di ogni categoria di lavoratori e pensionati. Tante le donne e i giovani.
Il corteo di piazza Repubblica, inizialmente rallentato dal pavoneggiamento di alcuni esponenti politici del "centro-sinistra" che si facevano intervistare, è stato infine aperto dagli operai Fiat di Pomigliano, mentre quelli dell'Innse di Milano hanno aperto il corteo della Tiburtina, entrambi con ancora i segni freschi delle manganellate distribuite loro dalla polizia di Berlusconi e Maroni comandata a metter fine alle sacrosante proteste per il diritto al lavoro e al salario.
La presenza dei dirigenti del PD o di imbroglioni tipo l'ex guardiano della Camera Fausto Bertinotti non ha avuto effetti, anzi, D'Alema e altri leader del PD si sono beccati la contestazione da un gruppo di lavoratori al grido di: "Andate via, ci avete svenduto".
In piazza S. Giovanni hanno parlato i rappresentanti dei lavoratori di Pomigliano e di altre realtà maggiormente colpite dalla crisi e dai provvedimenti di Palazzo Chigi, applauditissimi, circondati da fraterna solidarietà di classe. Con attenzione sono stati seguiti i comizi di Carlo Podda, segretario della Fp, e di Gianni Rinaldini, segretario della Fiom, applauditi nei passaggi in cui approfondivano la denuncia del governo e, in una qualche forma, il parallelo tra l'odierna situazione e quella del ventennio mussoliniano nonché quando rimarcavano gli appuntamenti di lotta che attendono il movimento sindacale nazionale e internazionale. Dal canto suo il segretario generale Guglielmo Epifani ha trovato consenso dalla piazza soprattutto quando ha detto che la Cgil andrà avanti nella battaglia intrapresa, che non si piegherà, lanciando tra l'altro la grande manifestazione nazionale del 4 aprile prossimo con conclusione al Circo Massimo.

L'attiva presenza del PMLI
Il PMLI aveva aderito ufficialmente allo sciopero e alla manifestazione nazionale e non ha mancato di portare il suo attivo e vivace contributo proletario rivoluzionario in piazza.
Ritenendo non proficuo dividere le forze, il Partito si è concentrato sul corteo che muoveva da piazza della Repubblica. Della Delegazione nazionale del PMLI, diretta dal compagno Simone Malesci, facevano parte compagne e compagni militanti e simpatizzanti provenienti da Sicilia, Abruzzo, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia e Piemonte.
Forti della chiara e tempestiva presa di posizione sui temi della mobilitazione eleborata dalla Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI, i compagni hanno formato uno spezzone di corteo nel quale spiccavano i bellissimi cartelli ("Con i metalmeccanici e i lavoratori pubblici. No al nuovo modello di contratto padronale e corporativo. Occorre lo sciopero generale di 8 ore di tutte le categorie con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. Abbattiamolo", riferito al neoduce) assieme a tante bandiere dei Maestri e del PMLI gonfiate dal vento che sferzava le facce ma non poteva fiaccare la voglia e l'entusiasmo dei marxisti-leninisti.
Sono stati distribuiti centinaia e centinaia di volantini ad hoc, diffuse decine di copie de Il Bolscevico, il ricco e importante n. 7, vendute bandiere dei Maestri e spille dei Maestri e del PMLI. Alcuni studenti romani hanno voluto Il Bolscevico sottolineando che lo avevano letto alla manifestazione nazionale del 30 ottobre scorso per lo sciopero generale della scuola.
Dal megafono del Partito, tenuto a turno dai compagni Simone Malesci, Emanuele Sala, Federico Picerni, Angelo Urgo e Cinzia Giaccherini, sono state lanciate le venti parole d'ordine preparate per la manifestazione e apparse sul numero scorso del nostro giornale. Tra le più apprezzate e rilanciate dai manifestanti: "Questa crisi è del capitale, la paghino i padroni e non le masse", "Il nuovo modello contrattuale, con il referendum dobbiam bocciare", "Diritto di sciopero non si tocca, lo difenderemo con la lotta" e poi quelle sul precariato e sui ministri fannulloni, per l'aumento di salari e pensioni, per sanità e istruzione pubbliche e gratuite, per il Mezzogiorno, per la sicurezza sul lavoro, contro il "pacchetto sicurezza" xenofobo e razzista e infine tutti quelli classici e nuovi contro Berlusconi compreso "Il caso Eluana l'ha confermato, il nuovo Mussolini va cacciato". Cantate più volte "Bandiera rossa" e "Bella ciao", anche accompagnate dalla banda musicale del comune di Monterotondo (Roma).
In piazza si è verificata una stretta e significativa unità di lotta con i lavoratori della Cgil di Crotone che a più riprese ci chiedevano di lanciare slogan soprattutto in difesa del loro martoriato territorio e del Meridione. Un lavoratore calabrese ha ammainato la bandiera di Rifondazione per impugnare momentaneamente quella del PMLI.
In piazza S. Giovanni praticamente a schiera e ben vicine al palco dei comizi spiccavano le insegne del PMLI; le nostre bandiere risultavano visibili da grande distanza.
Sono state molte le attestazioni di stima e simpatia verso il PMLI durante il corteo e particolarmente graditi sono risultati i saluti rivoltici da nostri simpatizzanti e amici che ci hanno incontrato strada facendo nel corteo. Da rilevare che un compagno operaio metalmeccanico, simpatizzante livornese del PMLI, sfilando nel corteo partito dalla Tiburtina ha ricevuto i complimenti dai manifestanti perché quella del PMLI era "la bandiera più bella". Diversi manifestanti hanno dialogato col Partito, anche sostenendo tesi in disaccordo su alcune questioni, ma sempre nel segno di un rispetto e di un'attenzione crescenti tanto quanto calano rispetto e attenzione verso i dirigenti della "sinistra" di regime.
Bertinotti e il boss del PD Goffredo Bettini sono stati intervistati dalla Rai mentre alle loro spalle si vedevano sfilare le bandiere dei Maestri e del PMLI.
Costanti l'ispirazione e il sostegno del Segretario generale del PMLI e del Responsabile della Commissione centrale di organizzazione alla Delegazione in piazza a Roma. Nella lettera di ringraziamenti dei dirigenti nazionali del Partito con alla testa il compagno Giovanni Scuderi si legge fra l'altro: "Tutto il Partito vi è grato per questo importante servizio che avete reso alla comune causa... avete avuto la possibilità di constatare di persona quanto grande sia il potenziale di lotta delle due categorie di lavoratori scesi insieme per la prima volta in piazza e quanta apertura crescente vi sia da loro verso il nostro Partito. Dobbiamo quindi concentrare di più il nostro lavoro sul movimento operaio e sindacale. Non solo per immettere nelle vene del PMLI nuovo sangue proletario, ma anche per aiutare la classe operaia e le lavoratrici e i lavoratori, le pensionate e i pensionati a risolvere i loro problemi immediati riguardo il salario, le pensioni, il contratto, le condizioni di vita e di lavoro".

18 febbraio 2009