Si sono schierati col neosindaco l'ex presidente Fiat, RCS e il petroliere Moratti
Romiti sostiene Pisapia: "un buon borghese moderato di tradizione milanese"

"Finalmente la borghesia si sveglia", ha esultato Cesare Romiti dalle pagine di "Repubblica". Ma secondo l'ex amministratore delegato Fiat e presidente della RCS (Rizzoli Corriere della Sera), ancora oggi rispettato e stimato dai circoli capitalistici nazionali per i massicci licenziamenti d'operai Fiat negli anni Ottanta, storico punto di svolta per una riscrittura reazionaria delle relazioni sindacali del nostro Paese, qual è il segnale che sta segnando la "riscossa" della borghesia, sua classe di riferimento? Niente meno che il successo elettorale, nella corsa a neopodestà di Milano, del vendoliano Giuliano Pisapia.
"Un signore perbene, educato gentile, pieno di cortesia, colto. Un buon borghese di tradizione milanese", sottolinea Romiti, il quale conosce la famiglia Pisapia da tempi non sospetti. "Conoscevo bene suo padre, che era uno dei più grandi avvocati milanesi". Insomma, la classica famiglia borghese parte integrante dei cosiddetti "salotti buoni", ovvero le stanze riservate del potere milanese dove si tirano i fili della città, del tutto speculare ai Moratti. Infatti, ha continuato Romiti, che li conosce entrambi, con Letizia Moratti ("una donna seria, ambiziosa, dedita al lavoro" e che "ha anche una magnifica famiglia"), e Giuliano Pisapia, "a Milano si stanno confrontando due veri moderati".
Brandire lo spauracchio di "Zingaropoli" oppure di "no global" e centri sociali seduti in consiglio comunale in caso di vittoria di Pisapia, come aizzano i fascio-leghisti e il neoduce Berlusconi, è segno di "una campagna elettorale aspra, povera di contenuti, indegna di una città civile come Milano", ha chiosato Romiti. Perciò, se nel corso della campagna elettorale i due candidati neopodestà di Milano hanno usato la sciabola anziché il fioretto, ciò è accaduto soltanto perché sono stati "vittime del loro entourage e delle tensioni fortissime tra i partiti". Parrebbe di capire, stando a Romiti, che se fosse per loro, assodato che storicamente si muovono entrambi nel campo degli interessi borghesi, a ben guardare Pisapia e Moratti potrebbero persino trovare più punti di unione che disunione. Un po' com'è accaduto all'ex prefetto Ferrante dopo la sconfitta elettorale per il "centro-sinistra" milanese del 2006, proprio contro Letizia Moratti: per lui, sconfitto nella corsa a neopodestà di Milano, all'indomani delle elezioni si è trovato un posto di lavoro nel gruppo Ligresti.
A pensarla in questo modo, del resto, Romiti è in "buona" compagnia. Persino il petroliere Massimo Moratti ha ricordato, in un'intervista al "Corriere della Sera", che "Giuliano ha valori borghesi e incarna la voglia di nuovo". Per "valori" borghesi Moratti intende forse quelle scelte che lo portano a scialacquare milioni di euro per il suo passatempo, l'Inter calcio dai bilanci perennemente in rosso, quei denari provenienti dalla sfruttamento degli operai della Saras, dove la mancanza di investimenti in sicurezza così come le esternalizzazioni al ribasso, da un lato, generano superprofitti, dall'altro "omicidi banchi". Ma avanti così, pure con Pisapia dunque, "una persona perbene" che "si rivolge a tutti". Anzi, avendo costruito un programma elettorale ad hoc per pescare voti sia nella destra che nella "sinistra" borghese (Expo, privatizzazioni, federalismo, sussidiarietà, vigile di quartiere, valore della famiglia tradizionale cattolica, sostegno alle imprese e alla micro-imprenditorialità, via libera al PGT morattiano dopo la populistica operazione di cosmesi insieme all'"archistar" Boeri), Pisapia più che "a tutti" parla in particolare alla classe dominante borghese nel suo insieme.
Come si permette di ironizzare Massimo Moratti, a Milano "si elegge un sindaco, non un comitato rivoluzionario". Proprio ciò che invece servirebbe per riuscire a soddisfare finalmente i bisogni e la volontà delle masse popolari. L'unica via che esse hanno, con l'istituzione delle Assemblee popolari e dei Comitati popolari a democrazia diretta, per vivere realmente in una città a loro misura. Quella città, Milano, che la borghesia cittadina, con i rappresentanti politici che di volta in volta seleziona a seconda delle necessità del momento come semplici figurine, dall'arrogante e viscerale antipopolare Letizia Moratti all'interclassista "borghese perbene" Pisapia, non ha fatto altro che affondare nel cemento, nell'inquinamento, nella speculazione immobiliare, non disdegnando nemmeno, pur di raggiungere i suoi fini, la collusione con la criminalità organizzata, la quale, grazie al silenzio complice dei partiti borghesi, ha messo le mani sull'economia "pulita" della città, infiltrandosi nei cantieri edili, nelle lottizzazioni immobiliari, nelle cooperative di servizi, nei bar, nei ristoranti, nelle cliniche. Solo il vento della rivoluzione per l'Italia unita, rossa e socialista potrà rimuovere le mafie e il sistema, il capitalismo, che le genera.

1 giugno 2011