La nostra critica

Rifondazione si muove nell'ambito della politica sussidiaria
IL "SALARIO SOCIALE'' E' UNA PROPOSTA FUORVIANTE DI STAMPO NEOLIBERALE
Lo scopo di Bertinotti è quello di recuperare gli astensionisti
e di avere una merce di scambio per dare i voti al "centro sinistra''
Nel febbraio di quest'anno i deputati del PRC, con in testa il segretario Fausto Bertinotti, avevano presentato una proposta di legge composta di 14 articoli per l'"Istituzione della retribuzione sociale'' destinata ai disoccupati di lunga durata e per coloro che sono in cerca di prima occupazione da oltre un anno. Una proposta che, nonostante una specie di campagna propagandistica portata avanti dai "Giovani comunisti'' di Rifondazione, era passata praticamente sotto silenzio fino a che il gruppo dirigente del partito falsamente comunista, diretto da neorevisionisti e trotzkisti, l'ha rilanciata con una teatrale conferenza stampa alla fine di luglio in vista della definizione e dell'approvazione della legge finanziaria e guardando, soprattutto, alle prossime elezioni politiche in programma per la primavera del 2001. Esso, per tentare di dare credibilità a questa proposta (ed altre che fanno parte di un pacchetto di richieste) sono state sparate cifre multimiliardarie ed è stata coniata una parola d'ordine roboante quanto falsa che recita: "Redistribuire la ricchezza, cambiare la vita''.

NATURA E SCOPI

Ma qual è la natura politica e con quali scopi è stata presentata questa proposta per il "salario sociale''?
Incominciamo col precisare che la parola d'ordine "redistribuire la ricchezza'' addirittura per "cambiare la vita'' è uno slogan vecchio come il cucco da sempre lanciato dai riformisti borghesi, sia di parte liberale che di parte socialdemocratica, di cui oggi si sono appropriati persino i fascisti di AN per bocca di Fini. Tale parola d'ordine non mette infatti in discussione il sistema economico e politico vigente, anzi, nella pratica lo accetta, si limita a richiedere una modifica del "patto sociale'', della "politica dei redditi'' e sussidi caritatevoli per i meno abbienti.
Da Marx in poi, il proletariato e in particolare la sua parte più avanzata e cosciente, i comunisti (oggi marxisti-leninisti), hanno sempre lottato non per una semplice quanto impossibile "redistribuzione della ricchezza'' tra classe dominante e classe dominata ma contro lo sfruttamento e i profitti capitalistici, per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro, per l'abolizione del lavoro salariato e il modo di produzione e di scambio capitalistici, per il socialismo e il comunismo. Prima che passasse l'omologazione ideologica capitalista e neofascista e si completasse la parabola revisionista sfociata platealmente nel liberalismo e nel liberismo, lo stesso PCI pur essendo revisionista non voleva sentir parlare di sussidi assistenziali in sostituzione dei diritti sociali universali. Lo stesso dicasi dei sindacati confederali, specie la Cgil.

NEL SOLCO DEL "REDDITO MINIMO''

Bertinotti tenta di smarcarsi dalla politica sussidiaria di stampo neoliberale, critica, o fa finta di criticare la cancellazione dei diritti sociali universali e la concezione di uno "Stato sociale'' ridotto all'osso solo per i poveri e i bisognosi, ci prova a presentare il "salario sociale'' come una cosa diversa e "alternativa'' al "Reddito minimo di inserimento'' (Rmi) proposto dai governi Prodi e D'Alema (introdotto con il Dlgs n.237/98, attualmente sperimentato in 39 comuni con risultati del tutto deludenti e parte integrante della "riforma'' sull'assistenza sociale messa a punto dalla ministra Livia Turco), aumenta, ma poi non di molto, la cifra da corrispondere ai soggetti indicati e lo collega alla gratuità di alcuni servizi pubblici e sociali, il risultato nella sostanza non cambia.
La proposta del "salario sociale'' checché ne dica il vertice del PRC, segue le orme del "reddito di cittadinanza'', o del "reddito minimo'' o del "salario minimo garantito'' che dir si voglia, applicato, sia pure in vario modo, in quasi tutti i paesi della Unione europea, ricalca la stessa proposta della Ces (Confederazione dei sindacati europei) che nella sua piattaforma rivendica "la garanzia di un reddito per tutti, pari almeno al 50% del reddito nazionale procapite'', e finisce per favorire la controriforma liberista per "un nuovo welfare state'', sia pure nella forma più soft teorizzata da Atkinson cui fanno riferimento per esempio i DS e la Cgil, ma non solo. La filosofia, le motivazioni economiche, i contenuti rivendicativi, le finalità sociali nella sostanza non sono dissimili.
La rivendicazione del "salario sociale'' è anche fuorviante e ha uno scopo elettoralistico.
è fuorviante perché richiama l'attenzione su rivendicazioni secondarie per non dire sbagliate, non indica i veri e prioritari obiettivi di lotta quali l'opposizione ferma e risoluta alla politica economica liberista e controriformatrice e la prossima legge finanziaria di cui è figlia, al di là di certi accorgimenti tattici del governo Amato dettati dalla campagna elettorale ormai già in atto, il lavoro a tempo pieno per tutti, aumenti effettivi e consistenti per le pensioni minime e sociali e per l'indennità della disoccupazione, forti riduzioni dell'Irpef per i lavoratori a basso reddito, rilancio della sanità pubblica e gratuita, misure straordinarie per lo sviluppo del Mezzogiorno, provvedimenti a sostegno della scuola pubblica e dei forti aumenti retributivi uguali per tutti gli insegnanti, appoggio politico al rinnovo dei contratti di lavoro e via dicendo.
Le sue finalità sono di tipo elettoralistico giacché queste sono declamate apertamente dallo stesso Bertinotti per cercare di tamponare il dissenso di sinistra crescente all'interno del suo partito, evitare un possibile crollo elettorale alle prossime politiche e anche, se possibile, recuperare il voto astensionista aumentato in larga parte proprio grazie agli elettori che in passato seguivano il PRC. Il caporione trotzkista usa anche il "salario sociale'' come merce di scambio per giustificare una posizione morbida e acquiescente, se non di adesione aperta alla Finanziaria in corso di approvazione e, ancor di più per mascherare la svendita dei voti di Rifondazione al polo di "centro sinistra'' nell'ambito del patto di "non belligeranza'', come afferma Bertinotti, e di spartizione dei seggi. Amato e Rutelli non possono che ringraziare.

PER POCHI, A TEMPO E REVOCABILE

Nei contenuti poi questo "salario sociale'' non è un granché e vi sono alcuni punti assai negativi e inaccettabili: 1) a beneficiarne sarebbero solo i disoccupati di lunga durata e coloro che sono in cerca di prima occupazione purché abbiano superato i 18 anni e siano iscritti al collocamento da almeno un anno; 2) la durata della corresponsione del "salario sociale'' è fissata in tre anni, e dopo?; 3) l'entità mensile è pari a un milione di lire esentasse e rivalutabile sulla base dell'indice Istat ed è valevole per il calcolo a fini pensionistici. Siamo poco sopra alla cifra di sopravvivenza che viene calcolata in circa 750 mila lire; 4) i fruitori della "retribuzione sociale'' possono essere impiegati in lavori di "pubblica utilità'' sia dalle amministrazioni pubbliche che dalle imprese private (leggi cooperative sociali del "Terzo settore'' legate politicamente a Rifondazione) basta che integrino la differenza mancante con i trattamenti dei contratti collettivi nazionali di lavoro. L'esperienza fallimentare dei "lavori socialmente utili'' (Lsu) per il PRC evidentemente non è servita a niente; 5) sono previsti incentivi per i padroni che si degneranno di assumere un disoccupato che percepisce il sussidio sociale prima del termine previsto in tre anni; 6) ci sono incentivi anche per favorire lo sviluppo dell'imprenditoria autonoma e cooperativa, concretamente i fruitori del "salario sociale'' potranno riscuotere in un'unica volta l'intero ammontare del sussidio per metter su ditta.
I soggetti interessati però non potranno rifiutare nessuna offerta di lavoro a tempo pieno o parziale, compreso quello di "pubblica utilità'' pena la perdita immediata del "salario sociale''.
La proposta è imbellettata dalla richiesta dell'accesso gratuito, per i fruitori del "salario sociale'', ai trasporti urbani, al servizio sanitario, alla scuola pubblica per i figli, alla formazione professionale, a un contributo per pagare l'affitto. Ma questi, e non solo questi, non dovrebbero essere diritti sociali fondamentali garantiti gratuitamente a tutti? La stessa richiesta di elevazione dell'indennità di disoccupazione ad una retribuzione "non inferiore alla retribuzione sociale'' e per una durata massima di 12 dodici mesi a noi pare insufficiente.
Ecco come stanno le cose! Che nessun si faccia menare per il naso dall'imbroglione Bertinotti e dai suoi compari.