Vertice dell'Eurozona
Il salvataggio del governo greco lo pagherà il popolo ellenico
Più poteri al Fondo salva Stati. La Finlandia voleva il Partenone a garanzia

Sulla base dell'intesa raggiunta alla vigilia tra il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel, il vertice straordinario dei paesi dell'Eurozona del 21 luglio a Bruxelles ha dato il via libera al secondo intervento finanziario da 158 miliardi di euro, dopo quello da 110 miliardi di euro del 2010, per salvare la Grecia dalla bancarotta e l'euro.
Sono i due protagonisti dell'asse franco-tedesco a spiegare il loro piano al premier greco Goirgio Papandreu prima dell'inizio del vertice, agli ambasciatori il compito di illustrarlo ai governi degli altri paesi. E alla fine dei lavori sarà ancora Sarkozy a annunciare che i leader dell'eurozona sono "determinati" a salvare la Grecia "come membro dell'euro e dell'eurozona" e a illustrare i termini dell'intesa.
Il documento finale sostiene che "gli Stati membri riaffermano il loro impegno a fare tutto il necessario per assicurare stabilità all'area euro e ai suoi stati membri", impegno che si traduce in un nuovo prestito dei governi dell'Unione europea (Ue) da 109 miliardi di euro; altri 12 miliardi saranno reperiti sul mercato, altri 37 miliardi dovrebbero venire da interventi privati di banche e assicurazioni che potranno salire fino a 50 nel 2014.
"La Grecia è un caso eccezionale" ma unico, ribadisce il presidente della Banca centrale europea (Bce), il francese Jean-Claude Trichet, che sottolinea come il governo di Atene sarà aiutato con prestiti a lungo termine, 15-30 anni, e al tasso del 3,5%, un tasso di mercato per i paesi più virtuosi. Un intervento che sarà seguito dal Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf), il fondo salva Stati cui vengono concessi maggior poteri non solo per fornire le garanzie a sostegno del valore dei titoli pubblici ellenici ma anche per poter intervenire anche direttamente sui mercati finanziari e ricomprarli se il governo di Atene non fosse in grado di rimborsare le obbligazioni che giungono a scadenza. E evitare il cosiddetto "default", il fallimento.
Una missione che cambia il ruolo del fondo, creato in via provvisoria lo scorso anno per mettere la prima toppa al default della Grecia, che lo potrebbe trasformare in un organismo permanente a sostegno anche ad altri Paesi, se necessario. Si pensa alle difficoltà di Irlanda e Portogallo ma anche di Spagna e Italia. Perché è evidente che la Grecia è al momento l'anello più debole messo sotto pressione dalla speculazione finanziaria che ha deciso di attaccare e speculare sull'euro.
Che l'euro non tracolli interessa anche al concorrente imperialista Giappone che attraverso il ministro delle Finanze Yoshihiko Noda ha fatto sapere di essere disponibile a acquistare ulteriori obbligazioni dell'Efsf dopo i circa 2,5 miliardi di euro acquistati nelle tre precedenti emissioni destinate ad aiutare Irlanda e Portogallo.
L'intervento dell'Eurozona darà una boccata di ossigeno al governo di Atene, un salvataggio che sarà pagato dal popolo greco col piano di lacrime e sangue varato dal socialdemocratico Papandreu per poter pagare gli interessi sul debito. I governi imperialisti europei non hanno chiesto il conto al precedente governo di destra che ha truccato i conti per entrare nell'euro né ai capitalisti greci che ne hanno ricavato lauti profitti. Sono intervenuti solo al momento in cui il default del paese rischiava di innescare un effetto domino e mettere in pericolo l'euro. E che non lo fanno per spirito di "solidarietà" lo conferma anche l'incredibile richiesta messa sul tavolo del vertice di Bruxelles dal premier finlandese Jyrki Katainen che in cambio dei nuovi aiuti voleva in garanzia il Partenone, tutta l'Acropoli e alcune isole greche. D'altra parte era stato lo stesso governo Papandreu a pensare per primo alla svendita del patrimonio nazionale, aziende pubbliche e isole, per tappare la falla del debito.

27 luglio 2011