La Sanità pubblica nel mirino di Monti
Verso la privatizzazione? Di sicuro ci sarà una nuova stangata

Il tecnocrate liberista borghese Monti procede come un bulldozer nella realizzazione uno dopo l'altro di tutti i punti della sua famigerata "agenda" economica: dopo aver tagliato le pensioni, ripristinato la libertà di licenziamento e tagliato gli "ammortizzatori sociali", demolito la scuola pubblica togliendole tutte le risorse, ora nel suo mirino è entrata la sanità pubblica, che ha in mente di abolire e privatizzare dopo averla finita di dissanguare del tutto.
Intanto, adottando in pieno il metodo supercollaudato del suo predecessore Berlusconi, ha cominciato con un annuncio shock per saggiare il terreno, seguito da regolare "smentita" per far calmare le reazioni di allarme e di indignazione suscitate dalla sua ben studiata uscita. Intervenendo infatti il 27 novembre in videoconferenza all'inaugurazione del Centro di biotecnologie di Palermo, a un certo punto ha buttato lì con apparente noncuranza, proseguendo subito oltre, la seguente frase: "La crisi ha colpito tutti e il campo medico non è una eccezione. La sostenibilità futura dei sistemi sanitari nazionali, compreso il nostro di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantita se non si individueranno nuove modalità di finanziamento per servizi e prestazioni. La posta in palio è altissima". Giustamente questa frase ha destato grande scalpore ed è stata interpretata da tutti come l'aver suonato una campana a morto per la sanità pubblica e l'annuncio dell'imminente privatizzazione del Servizio sanitario nazionale (SSN). Quantomeno è suonata come il preavviso di una nuova stangata in arrivo per obbligare gli assistiti a "contribuire" robustamente al suo finanziamento come primo passo verso una sanità completamente privata sul modello americano.
A fugarne la certezza non è bastato nemmeno lo scontato comunicato di "precisazioni" emesso in serata da Palazzo Chigi, con il quale voleva rassicurare l'opinione pubblica dichiarando che "contrariamente a quanto riportato dai media il presidente del Consiglio ha voluto attirare l'attenzione sulle sfide cui devono far fronte i sistemi sanitari per contrastare l'impatto della crisi... le garanzie di sostenibilità del servizio sanitario nazionale non vengono meno". Anche perché il ministro della Sanità, Balduzzi, nell'affrettarsi a "precisare" a sua volta che "non c'è nessuna ipotesi di privatizzazione della sanità, né del suo finanziamento. Monti ha solo posto una domanda sulla sanità che si pongono tutti", ha in realtà riattizzato il fuoco annunciando che "entro Natale cercheremo di introdurre un documento politico di indirizzo per orientare il cammino per il 2013 sulla riforma dei ticket".
Un annuncio che non promette nulla di buono, e anzi suona proprio come una conferma della minaccia di Monti di ricorso a "nuove modalità di finanziamento". Si sa infatti che da tempo il progetto a cui il ministro sta lavorando è quello di una "compartecipazione" dei cittadini, istituendo una franchigia sulle prestazioni gratuite. Si parla dell'ipotesi di una franchigia dell'1% sul reddito (200 euro per un reddito da 20 mila euro (lordi) l'anno, 300 euro su un reddito di 30 mila, e così via), cosicché l'assistito dovrebbe pagarsi analisi e prestazioni mediche fino ad un importo pari alla franchigia, e avrebbe diritto alla gratuità solo da quel momento in poi. Si pensa inoltre a introdurre un'assicurazione sanitaria obbligatoria per certi tipi di assistenza, come per le malattie croniche.

Un disegno liberista e antisociale da respingere in blocco
Sarebbe insomma un colpo mortale per il principio dell'assistenza sanitaria pubblica, universale e gratuita per tutti, sostenuto dalla fiscalità generale progressiva, che si era affermato dopo le grandi stagioni di lotte operaie e sociali degli anni '60 e '70. Col nuovo modello di finanziamento del Ssn, infatti, sparirebbero del tutto le esenzioni (già oggi vanificate di fatto dagli infiniti ticket), tutti dovrebbero pagare in proporzione al reddito, per quanto basso possa essere (in contrasto tra l'altro col principio della progressività delle imposte) e ci sarebbero solo delle "riduzioni" per le malattie gravi come il cancro. Il pretesto per inserire questo grimaldello nella sanità pubblica Balduzzi e Monti lo hanno scovato nella scadenza imposta per il 2014 dal governo Berlusconi alle Regioni di inventarsi nuovi ticket per altri 2 miliardi di risparmi. È con la scusa di evitare questa spada di Damocle che arriverebbe la franchigia di Balduzzi: lo stesso identico copione seguito per i tagli fatti con la legge di stabilità, giustificati con la necessità di evitare l'aumento dell'Iva già programmato da Berlusconi e Tremonti.
È questo quindi il vero disegno che traspare dalle parole di Monti: "Stiamo rifacendo le fondamenta alla casa", aveva rivelato Passera parlando del recente accordo che abolisce la contrattazione sindacale collettiva, e il programma di privatizzazione della sanità ventilato da Monti risponde perfettamente a questa logica liberista. Sono perciò gravi certe "critiche" che sanno invece di apertura sottobanco come quelle del governatore della Toscana, Enrico Rossi, che si proclama "contrario ad ogni privatizzazione del servizio" e allo stesso tempo favorevole a "rivedere anche la compartecipazione ai servizi, basandosi sull'Isee" (che poi è la proposta Balduzzi), e si dice "in linea con ciò che ha detto il presidente Napolitano: 'Occorre preservare un sistema sanitario nazionale, guardandosi da atteggiamenti puramente conservativi e difensivi dell'esistente'".
Ben più ferma e coerente, invece, la posizione espressa in una nota congiunta di Cecilia Taranto, segretaria nazionale della FP-CGIL e Massimo Cozza, segretario nazionale della FP-CGIL Medici, che bollano come "gravi" le dichiarazioni di Monti, "anche se non fanno altro che confermare quanto scritto nell'agenda del suo governo, fatto da noi denunciato per tempo e inutilmente smentito dal ministro Balduzzi. Il premier non può permettersi certe preoccupazioni sulla sostenibilità del servizio sanitario nazionale dopo averlo ridotto all'osso. Se il governo ha intenzione di privatizzare, come denunciamo da mesi, lo dica. Noi lo combatteremo, ma non può ridurre alla fame il sistema per poi svenderlo".
Ed è proprio così: le minacce neanche tanto velate di Monti arrivano dopo che la sanità pubblica è stata affamata a morte dal suo stesso governo e da quello che l'ha preceduto. Mentre la spesa sanitaria cresce al ritmo del 3% l'anno, a causa dell'invecchiamento della popolazione ma anche del peggioramento delle condizioni di vita e di salute delle masse, la dotazione del Ssn diminuisce di anno in anno a causa dei tagli lineari dei governi Berlusconi prima e Monti adesso. Secondo uno studio del workshop Ambrosetti la sanità pubblica ha subìto tagli per 26 miliardi tra il 2010 e il 2014, che col 2015 arriveranno a 30. Ci sono state ben 6 manovre in 5 anni: quattro del governo Berlusconi e due del governo Monti: i tagli di quest'ultimo, tra spending review e legge di stabilità, ammontano a 6,3 miliardi, di cui 0,9 nel 2012, 2,4 nel 2013 e 3 nel 2014. Che si vanno a sommare agli oltre 19 miliardi delle altre quattro manovre di Berlusconi e Tremonti.

I veri conti della sanità in Italia
Anche secondo una relazione della Corte dei conti i tagli al Ssn ammontano a 31 miliardi entro il 2015, più del doppio dei tagli in Grecia (15 miliardi) e della Spagna (12 miliardi), e persino della Gran Bretagna (20 miliardi di sterline). In questo i due governi hanno agito di concerto e nello stesso modo: tagliando la dotazione del fondo sanitario nazionale e scaricando sulle Regioni il compito di effettuare materialmente i tagli, limitandosi a indicare loro i possibili sistemi: chiusura dei piccoli ospedali e presidi sanitari sul territorio, taglio dei posti letto, riduzione dei prezzi ai fornitori e ai servizi convenzionati, imposizione di ticket sulla diagnostica e le prestazioni ambulatoriali.
Soltanto il taglio dei posti letto ammonta a ben 70 mila unità dal 2000 al 2012. E per la spending review i posti letto dovranno diminuire di altre 7.389 unità. Secondo Balduzzi non si dovrebbe parlare di tagli ma di "riorganizzazione": meno posti letto in ospedale e più lungodegenze e assistenze sul territorio; però a costo zero. Lo stesso costo zero previsto per l'apertura dei poliambulatori 24 ore su 24 strombazzata di recente dal ministro.
Eppure, con tutto il loro continuo richiamarsi all'Europa e all'insostenibilità della spesa, Monti e Balduzzi si guardano bene dal rivelare quali sono i veri conti della sanità pubblica nel nostro Paese: in Italia la spesa sanitaria pubblica è circa il 7,4% del Pil, l'80% della spesa totale, che supera di poco il 9% del Pil. Ma entrambe le spese sono inferiori alla media dei 15 paesi originari dell'Unione europea. La nostra spesa sanitaria pro capite è appena superiore solo a quella del Portogallo, è praticamente uguale a quella greca ed è molto inferiore rispetto a tutte le altre. Come quella tedesca, che è superiore di ben il 46% alla nostra. Sono dati del 2010, e nel frattempo questo divario non può che essere peggiorato, viste le ripetute stangate che si sono abbattute in questi due anni sul Ssn. Secondo la stessa Università Bocconi di Monti, in Italia la spesa nazionale pro capite è di 2.964 euro, mentre la media europea è di 3.765, il 27% in più.
Ed è proprio grazie ai ripetuti tagli alla spesa e al conseguente peggioramento dei servizi che sta crescendo, in Italia ancor più che in altri paesi europei, la quota di sanità privata pagata di tasca propria dai cittadini: è ben noto infatti il triste fenomeno del ricorso alle strutture private favorito sia dagli alti ticket che dai tempi di attesa biblici di quelle pubbliche. Sempre secondo dati Ambrosetti, la spesa privata per la sanità in Italia, la cosiddetta out of pocket, è attualmente del 23%. Il livello massimo si raggiunge nelle regioni del Nord, come Friuli (27%), Emilia-Romagna e Piemonte (26%). La spesa sanitaria privata media è di 955 euro al Sud e di 1.265 euro al Centro-Nord.

5 dicembre 2012