Costi gonfiati, corruzione e fondi neri in Lombardia
Scoppia lo scandalo delle bonifiche d'oro. L'inchiesta colpisce il cuore del sistema di potere di Formigoni e della terza repubblica
Arrestato il "re dei rifiuti" Grossi e la moglie di Abelli, berlusconiano doc, braccio destro di Bondi e padre della lobbystica e ciellina sanità lombarda. Un fiume di denaro pubblico ha ingrassato politici e padroni corrotti

Dal nostro corrispondente della Lombardia
Associazione a delinquere, frode fiscale, appropriazione indebita, riciclaggio e corruzione di pubblici ufficiali. Sono queste le accuse che hanno portato, il 20 ottobre, al clamoroso arresto di Giuseppe Grossi, "dominus indiscusso del gruppo industriale Green Holding", con i suoi 200 milioni di fatturato il più grande "gruppo industriale italiano nel campo dei rifiuti e dell'ecologia", di tre suoi stretti collaboratori e di Rosanna Gariboldi, assessore provinciale di Pavia in lista per il Pdl per le regionali 2010, il cui arresto getta inquietanti ombre sul marito Giancarlo Abelli, il padre della lobbystica e ciellina riforma sanitaria lombarda, attualmente parlamentare, braccio destro di Bondi in qualità di vice-coordinatore nazionale del Pdl, nonché fedelissimo del neoduce Berlusconi, che l'ha chiamato dalla Russia per esprimergli la sua solidarietà.
Dalle carte emerge che Grossi, in virtù di un vortice di fondi neri e società fantasma create per le bonifiche delle aree di Santa Giulia e dell'ex Falck, potrebbe avere utilizzato mazzette per garantirsi impunità e coperture politiche. Da qui il coinvolgimento dei coniugi Abelli, sui cui conti svizzeri, tra l'altro mai denunciati, emergono "movimentazioni - ha spiegato il gip Fabrizio D'Arcangelo nel provvedimento - che presentano un significativo grado di anomalia" (si parla di tranche di centinaia di migliaia di euro per un saldo finale di 1,2 milioni di euro). Inoltre, risulta che Giancarlo Abelli, che ancora oggi ha un ufficio riservato in regione messo a disposizione da Formigoni e a cui fanno la fila direttori sanitari, primari e medici, usufruiva di un jet privato di Grossi per la tratta Roma-Milano.

Il business delle bonifiche, soldi pubblici ai privati
Più in generale dall'inchiesta emerge che Grossi ha messo in piedi un meccanismo truffaldino per creare fondi neri accantonando almeno 22 milioni di euro su società in paradisi fiscali. È stato sufficiente gonfiare per anni i costi delle bonifiche dell'ex aree industriali del milanese, appalti succulenti ottenuti grazie alla complicità della Regione.
Il business delle bonifiche ha il suo cuore in Lombardia, regione con 1.300 aree industriali da recuperare. Un business ambientale alimentato da un fiume di denaro pubblico stanziato dal Pirellone e dall'Unione europea a favore di poche imprese specializzate e la cui fetta maggiore è andata proprio a Grossi per i suoi saldi agganci politici. Negli anni costui, che si occupa anche di affari immobiliari e inceneritori, ha pescato i suoi referenti politici a destra, soprattutto, ma anche a "sinistra", in particolare con l'ex presidente PD della provincia di Milano, Filippo Penati.
Il caso specifico delle bonifiche coinvolge direttamente la Regione, le sue competenze, le autorizzazioni emesse, gli stanziamenti accordati, e pone di conseguenza sotto accusa la "cupola" che per anni ha dominato il mercato del riassetto delle ex aree industriali. Non per nulla il dittatore lombardo Formigoni s'è chiuso in una difesa d'ufficio, ostinandosi ad affermare, con la sua solita sfacciataggine, che "le regole sulle bonifiche vanno benissimo".

Le responsabilità di Formigoni
Formigoni non è estraneo a quanto accaduto perché ha deliberatamente scelto di affidare dei lavori, come il contestato ampliamento dell'inceneritore di Dalmine, alle società di Grossi persino quando costui risultava inquisito. Come se non bastasse, con la legge regionale 126 del 2009, promulgata in relazione alla problematica bonifica del polo chimico ex Sisas di Pioltello, la giunta Formigoni ha estratto dal cilindro una legge "ad aziendam" che dà il via libera alla richiesta di Grossi di costruire in Lombardia il centro commerciale più grande d'Europa in qualsiasi area a sua scelta del territorio regionale.
Il caso Grossi, di valenza regionale e nazionale, come dimostra il suo filo diretto con uomini vicini al neoduce Berlusconi, come Mario Resca, manager del Cda Mondadori e direttore di Italia Zuccheri Spa, con stabilimento nel pavese, "casualmente" in area interessata a bonifica, rivela la marcia ragnatela su cui sta sorgendo la terza repubblica. Non solo la stagione di tangentopoli non è terminata, ma è anzi esaltata da quell'arcipelago di potentati economici borghesi creati a livello sub-nazionale dal federalismo e dalla sussidiarietà del regime neofascista.
A differenza della "sinistra" borghese, che ha chiesto a Formigoni di ritirare i permessi concessi, i marxisti-leninisti lombardi ritengono che sia doveroso puntare più in alto e finalmente muovere con decisione la piazza per buttare giù il dittatore lombardo e le sue politiche confindustrial-neofasciste da terza repubblica.

28 ottobre 2009