L'espulsione di Shalabayeva è un grosso regalo al dittatore kazako amico di Berlusconi e in affari con l'Italia
Il governo è responsabile dello scandalo kazako. Se ne deve andare
Vergognoso appoggio del PD
Napolitano blinda il governo Letta-Berlusconi e assolve Alfano

"Non vi chiedo solo un no alla mozione di sfiducia. Vi chiedo un nuovo atto di fiducia al governo". È con queste parole, cioè con la riproposizione in chiave positiva del ricatto berlusconiano "se cade Alfano cade il governo", che il 19 luglio Enrico Letta ha chiesto e ottenuto dal Senato nero di mettere un coperchio al maleodorante scandalo dell'arresto e deportazione tra il 28 e il 31 maggio scorsi, in spregio ai "diritti umani" e alle leggi internazionali, della moglie e della figlioletta del dissidente kazako Ablyazov, praticamente rapite e consegnate dalle nostre autorità di polizia nelle mani del dittatore e rinnegato del comunismo Nazarbayev, amico di Berlusconi e col quale l'Italia intrattiene lucrosi rapporti economici in Kazakistan.
Alma Shalabayeva era stata arrestata la notte del 28 maggio, dopo un'irruzione nella villetta di Casal Palocco dove risiedeva, da parte di una cinquantina tra poliziotti e agenti della Digos, che cercavano suo marito Mukhtar Ablyazov, un banchiere kazako ricercato per presunti scandali finanziari dal governo di Astana, che però si trovava in Inghilterra dove aveva richiesto asilo politico come perseguitato politico. La donna, che come sua moglie avrebbe anch'ella avuto diritto d'asilo nel nostro Paese, e che comunque aveva dei documenti che avrebbero potuto consentirle di restare, era stata invece maltrattata e insultata durante la perquisizione, condotta in un centro di identificazione ed espulsione, dove tra l'altro ha denunciato di essere stata tenuta 15 ore senza bere, né mangiare né poter parlare con nessuno, e infine in base alla procedura della legge Bossi-Fini, giudicata clandestina ed espulsa in tutta fretta dal paese il 31 maggio insieme alla figlioletta di sei anni. E per di più l'espulsione è avvenuta consegnandola ad emissari kazaki che avevano noleggiato apposistamente un aereo privato per portarle nel paese asiatico, dove attualmente vengono tenute in ostaggio, con la madre che rischia la prigione e la figlia di essere mandata in un orfanatrofio.
Ma quel che è più inquietante in questa sporca vicenda è che l'irruzione è avvenuta su pressante richiesta dell'ambasciatore kazako e del suo primo consigliere, accolta prontamente e senza discutere (dopo sollecitazione del suo diretto superiore, il ministro dell'Interno Alfano), dal capo di gabinetto del Viminale, Giuseppe Procaccini, e per suo tramite da tutta la catena di comando che a lui fa capo: dal capo della segreteria del Dipartimento di pubblica sicurezza, Raffaele Valeri, e giù giù fino al questore, al capo della squadra mobile e al direttore dell'Ufficio immigrazione di Roma.

Un favore all'"amico kazako"
In pratica, quindi, come è emerso dalle ricostruzioni della stampa, l'intero ministero del Viminale si è messo a disposizione dell'ambasciatore kazako e del suo vice, che si muovevano negli ambienti della questura e del ministero stesso come se fossero in casa propria e guidavano personalmente le "forze dell'ordine" a loro completa disposizione in una forsennata caccia all'uomo, presentato come un pericoloso criminale e terrorista internazionale da rapporti trasmessi dall'Interpol kazaka e accettati senza discutere dalle autorità italiane. Fino ad ordinare e far eseguire dalla polizia un vero e proprio rapimento di due ostaggi che il nostro governo ha assecondato e coperto senza fiatare, e che perfino tre esperti dell'Onu per i rifugiati hanno stigmatizzato come tale, paragonandolo alle famigerate "extraordinary rendition" ordinate da Bush, come il rapimento nel 2003 a Milano dell'imam Abu Omar ad opera di agenti Cia con la complicità dei nostri servizi segreti.
È evidente che ciò è stato possibile solo perché Nazarbayev è un grande amico e socio in affari occulti di Berlusconi, tant'è vero che proprio nei giorni dello scandalo è stato visto in vacanza in Sardegna, ospite nella villa di un commercialista amico del neoduce e consulente di Mediaset. Il quotidiano L'Unione sarda ha riportato addirittura di una visita di due ore, smentita dall'interessato, che Berlusconi avrebbe fatto in elicottero all'amico kazako. Sta di fatto che l'Italia è il quarto investitore mondiale in Kazakistan, dopo Usa, Gran Bretagna e Olanda: un paese ricchissimo di gas e di altre materie prime in cui aziende come Eni, Finmeccanica, Italcementi, Ansaldo, Unicredit fanno grandi affari e che può giustificare ampiamente il "favore" politico reso dal governo Letta-Berlusconi al dittatore borghese e reazionario asiatico.
Il salvataggio del diretto responsabile di questo crimine, il ministro dell'Interno e vicepremier, nonché segretario del PDL Angelino Alfano, e con ciò stesso del ministro degli Esteri Emma Bonino e dell'intero governo Letta-Berlusconi, corresponsabili al pari del gerarca berlusconiano della grave vicenda, è avvenuto col respingimento per 226 voti contrari contro 55 a favore e 13 astenuti (i senatori della Lega Nord), della mozione di sfiducia al ministro presentata da SEL e M5S. Il PD ha dunque votato compattamente - a parte 3 senatori tra cui la Puppato che sono usciti dall'aula - per salvare Alfano e il governo Letta-Berlusconi, dopo aver implorato ipocritamente e invano per giorni il ministro di dimettersi spontaneamente (ma conservando la carica di vicepremier), per tentare di evitare di dover prendere una posizione netta: ancora una volta cioè, come aveva fatto solo pochi giorni prima accettando la chiusura del parlamento per un giorno in solidarietà con Berlusconi contro la decisione della Cassazione, il partito di Epifani ha scelto di arrendersi vergognosamente al ricatto del neoduce, salvando il governo e le proprie poltrone ministeriali e parlamentari a rischio di nuove spaccature interne e allargando il fossato che lo divide sempre più dai suoi stessi militanti ed elettori.

Intervento a gamba tesa del Quirinale
Mentre infatti militanti ed elettori PD esasperati e infuriati prendevano di nuovo d'assalto con proteste e ingiurie i siti del partito, i blog e i social network, e si rifaceva vivo anche il movimento Occupy PD, anche i renziani tornavano a cavalcare politicamente il malcontento e i dissensi interni per guadagnare posizioni in vista del congresso. Ma ci ha pensato Napolitano a zittirli e a rimettere in riga l'intero PD, con un altro dei suoi inauditi interventi presidenzialisti a gamba tesa per blindare il governo Letta-Berlusconi e salvare lo screditato e traballante Alfano.
Parlando infatti ai giornalisti alla "cerimonia del ventaglio", il nuovo Vittorio Emanuele III, che se ne era stato vergognosamente zitto per tutto il tempo nonostante lo scandalo kazako fosse esploso sulla stampa fino dai primi di giugno, nel definire ipocritamente "una storia inaudita" la "precipitosa espulsione" di Alma Shalabayeva e di sua figlia, ha subito assolto però Alfano e la Bonino, dicendo che "è assai delicato e azzardato evocare responsabilità oggettive per dei ministri". Non solo, ma ha ammonito a non toccarli perché se cade il governo delle "larghe intese", che il risultato elettorale "ha reso obbligato", "potrebbero essere irrecuperabili i contraccolpi sui mercati finanziari e nelle relazioni internazionali". "Non ci si avventuri perciò - ha sentenziato il rinnegato del comunismo inquilino del Quirinale - a creare vuoti, a staccare spine", perché "chi lavora su ipotesi più o meno fumose o arbitrarie" non può contare su decisioni che "spetterebbero al presidente della Repubblica". Un avvertimento a non mettere in pericolo la sopravvivenza del governo Letta-Berlusconi che vale evidentemente anche per i giudici della Cassazione, che il 30 luglio dovranno decidere se confermare o meno la condanna del neoduce per il processo Mediaset.
È forte di questa blindatura del Quirinale che Letta si è potuto presentare in Senato, affiancato in segno della sua totale solidarietà dai ministri Alfano e Bonino, per accreditare la loro completa "buona fede" e chiedere in sostanza un voto di fiducia al governo contestualmente all'assoluzione di Alfano, scaricando tutte le responsabilità sui funzionari del ministero e della polizia, come il dimissionario Procaccini e il prefetto Valeri, del resto già prossimi alla pensione. E questo sotto lo sguardo imperioso e compiaciuto di Berlusconi, venuto appositamente in aula dopo mesi di assenza, circondato da tutti i suoi gerarchi e gerarchesse, per testimoniare visivamente chi fosse il vero dominus della maggioranza di governo. Il tutto in un'aula militarizzata dal presidente Grasso, che per l'occasione ha perfino inventato nuove regole procedurali golpiste, vietando non solo di criticare, ma addirittura anche solo di nominare Napolitano da parte degli intervenuti, come è successo durante il discorso del rappresentante del M5S.

Governo inchiodato da una valanga di prove
Ma nonostante la complice volontà affossatrice di Napolitano, Letta, Berlusconi e del soccorrevole Epifani, lo scandalo dell'espulsione della Shalabayeva è tutt'altro che chiuso, ed ogni giorno che passa emergono sempre nuovi e più inquietanti risvolti e interrogativi che inchiodano il governo alle sue responsabilità. A cominciare dallo stesso Letta, che come presidente del Consiglio ha il diretto controllo dell'Aisi, il servizio segreto interno. Possibile che nessuno l'abbia informato né prima né dopo di un'operazione dai così gravi risvolti interni e internazionali? È credibile che i nostri servizi segreti non ne sapessero nulla, quando è accertato che la villa di Ablyazov era spiata perfino da un'agenzia privata italiana su incarico di una misteriosa entità israeliana, probabilmente assoldata dal governo kazako?
E come fa Alfano, appellandosi al compiacente rapporto sulla vicenda ordinato dal governo al nuovo capo della polizia Pansa, a sostenere di aver saputo solo da una telefonata della Bonino dell'espulsione della Shalabayeva, quando era stato proprio lui, il 28 maggio ad indirizzare i funzionari kazaki, che lo avevano cercato telefonicamente per due giorni, dal suo capo di gabinetto per trattare di "una questione delicatissima", secondo la testimonianza dello stesso Procaccini? Se perfino i suoi predecessori al Viminale Maroni e Scajola hanno dichiarato che è del tutto inverosimile che un'intera catena di comando potesse compiere un'operazione simile senza che il ministro dell'Interno non ne fosse informato e l'avesse autorizzata? E perché ancora il 5 giugno dichiarava che nell'espulsione delle due kazake non c'era stato nulla di irregolare, e la stessa cosa faceva la ministra della Giustizia Cancellieri, dichiarando che nella procedura di espulsione tutto era risultato giuridicamente "perfetto"?
E come può la Bonino tirarsi fuori dallo scandalo sostenendo di aver avuto notizia dell'avvenuta espulsione solo da una email degli avvocati della Shalabayeva, quando la notizia era già stata data da un lancio dell'Ansa già un'ora dopo l'espulsione? Possibile che una che si spaccia per paladina dei "diritti umani" in tutto il mondo non sapesse nulla della vicenda del dissidente kazako ricercato in Italia come "terrorista" da un governo dittatoriale, fino al punto di negare che sua moglie risultasse un'esule politica quando l'ufficio immigrazione interpellò appositamente gli uffici della Farnesina da lei diretta? E perché allora, una volta venuta a conoscenza del fattaccio, non ha fatto fuoco e fiamme con il governo kazako e per chiederne conto al suo ambasciatore, ma ha aspettato solo il 12 luglio, un mese e mezzo dopo i fatti, quando lo scandalo era ormai su tutti i giornali, a far revocare l'ordine di espulsione dall'Italia e a interessarsi della sorte delle due espulse?
Come possono poi le autorità di polizia sostenere che l'operazione era scattata solo per la cattura di Ablyazov, e che nulla sapevano della presenza nella villa di sua moglie, ma sapevano solo che il marito non fu trovato in quella casa, per cui la vicenda della sua detenzione ed espulsione sarebbe stata solo frutto del caso e dell'automatismo delle leggi sull'immigrazione clandestina? Quando a smentirle ci sono i cablogrammi ricevuti da Astana che insieme alla cattura del finanziere kazako raccomandavano anche la "deportazione" della moglie e della figlia? E perché per tutto il mese di giugno continuarono la caccia all'uomo, agli ordini dei kazaki e perdurando il complice silenzio di Alfano e Bonino, anche dopo aver saputo ufficialmente il 4 giugno da Scotland Yard che Ablyazov e sua moglie erano effettivamente rifugiati politici?
E si potrebbe continuare ancora parecchio, se lo spazio ce lo consentisse, con i fatti che dimostrano che il governo Letta-Berlusconi non poteva non sapere di questo crimine, che vi è anzi coinvolto interamente e fino al collo, e che perciò se ne deve andare subito: non foss'altro perché ha svenduto la sovranità nazionale e ha violato gravemente i "diritti umani" e la legalità internazionale, mentre si vanta ipocritamente di difenderli, al punto da violare per questo l'articolo 11 della Costituzione mantenendo contingenti militari imperialisti in diversi Paesi.

24 luglio 2013