Centinaia di migliaia gli schiavi in Europa
Seimila accertati in Italia. La maggior parte provengono dalla Romania, Bulgaria, Cina, Estremo oriente e Africa
Prime vittime le donne

Nei 27 stati dell'Unione europea (Ue), tra il 2008 e il 2010, sono state identificate 23.632 vittime della tratta di esseri umani, di persone che vengono sistematicamente private della propria libertà e costrette a lavorare senza compenso, a mendicare per altri o a prostituirsi. Sono solo i casi accertati che rappresenterebbero solo una minima parte di quelli reali. Sono persone che vengono comprate e vendute nel fiorente mercato clandestino che garantisce lauti guadagni alle organizzazioni criminali e che cresce in parallelo con la crisi economica che colpisce i lavoratori e le masse popolari del continente. In altre parole nella progredita Europa esiste ancora la schiavitù.
La schiavitù dei nostri tempi è il titolo del rapporto Eurostat, il rapporto diffuso il 15 aprile dagli uffici della commissaria Ue agli Affari interni Cecilia Malström che ha denunciato il dato e delineato una situazione tremenda.
Secondo gli osservatori del comitato permanente sul trafficking, il traffico di esseri umani, istituito a Bruxelles presso la Commissione, si può ritenere credibile che il numero di persone ridotte in schiavitù siano parecchie centinaia di migliaia in tutta l'Unione. Mentre i soli casi accertati sono in costante crescita, dai 6.309 nel 2008 ai 7795 nel 2009 fino ai 9.528 nel 2010, con un incremento complessivo del 18%. A fronte di questo aumento si registra al contrario una diminuzione del 13% del numero delle incriminazioni dei responsabili dei traffici illegali, sempre nei tre anni presi in esame. In altre parole i moderni mercanti di schiavi agiscono senza intoppi da parte dei governi europei, stabiliscono sempre più fitti rapporti di affari con la criminalità organizzata e possono consolidare un fatturato stimabile nell'ordine di molti milioni di euro.
Il rapporto denuncia che le prime vittime del meccanismo della schiavitù sono le donne, ben il 68% delle quasi 24 mila ufficiali, il 17% uomini, il 12% ragazze e il 3% ragazzi.
La maggioranza delle vittime identificate sono state costrette alla prostituzione o alla schiavitù sessuale, il 62%, il lavoro nero coatto è al secondo posto col 25% dei casi; seguono in percentuali minori altre forme di sfruttamento schiavistico come la compravendita di bambini da impiegare come mendicanti o per l'orribile pratica del prelievo di organi. La maggior parte delle vittime identificate nei paesi dell'Unione europea provengono dalla Romania e dalla Bulgaria e sono prevalentemente di etnìa rom; altre vittime del commercio di schiavi provengono da paesi extraeuropei come la Cina, i paesi del Sud-est asiatico o dai paesi africani, Nigeria in testa.
Il fenomeno non è certo nuovo e si può dire che la Ue, molto attenta e pronta a intervenire in aiuto quando a soffrire sono le grandi banche o a punire nei casi di non rispetto dei paesi membri dei parametri di bilancio, solo di recente ha mosso qualche passo contro il fenomeno della schiavitù. Solo dal 2011 esiste una direttiva della Commissione e del Consiglio europei che prescrive misure nazionali di prevenzione e repressione del traffico di esseri umani che dovevano essere riprese nelle legislazioni degli Stati entro lo scorso 6 aprile. Il termine è scaduto e soltanto sei paesi l'hanno adottata: Repubblica Ceca, Lettonia, Finlandia, Ungheria, Polonia e Svezia.
Il governo italiano lo ha fatto parzialmente inserendo nella legislazione solo il reato di "traffico di esseri umani". Tanto è bastato per scoprire che in Italia c'è stata una percentuale relativamente alta dei casi di schiavitù accertati, più di 6 mila sui 24 mila venuti alla luce in tutta l'Unione nei tre anni presi in considerazione.

2 maggio 2013