Grande successo in tutta Italia dello sciopero generale indetto da Cobas, Rdb, Cub e Sdl
Mezzo milione a Roma contro governo e padronato
100 mila a Milano, migliaia a Genova. Cortei e presidi in molte città. In prima linea i lavoratori del pubblico impiego, scuola, trasporti, sanità, ma anche della galassia del precariato degli enti di ricerca. Napolitano a studenti e insegnanti: "Non dite solo di No"
Studenti e lavoratori uniti nella lotta contro la "riforma" Gelmini e la macelleria sociale del governo Berlusconi
Ne aspettavano 100 mila, preannunciando già che sarebbe stata la "più grande manifestazione mai organizzata dal sindacalismo di base". Ma il successo dello sciopero generale di 24 ore indetto da tempo da Cobas, Rdb, Cub e SdL contro la politica economica del governo e gli attacchi di Confindustria è andato ben oltre le aspettative, si è saldato alla protesta anti-Gelmini che divampa da settimane in tutto il Paese, diventando un'unica grande giornata di lotta che ha visto fianco a fianco studenti e lavoratori e che ha dato vita ad una straordinaria e combattiva manifestazione nazionale. A Roma, il 17 ottobre, secondo gli organizzatori, in ben 500 mila sono scesi in piazza per dire no alla macelleria sociale del neoduce e alla distruzione della scuola e dell'università pubbliche volute della sua gerarca Gelmini. A cui vanno ad aggiungersi i 100 mila tra lavoratori, pensionati e studenti che hanno sfilato nei tre cortei a Milano, laddove c'era una combattiva delegazione del PMLI con bandiere e cartelli, e le migliaia che hanno sfilato a Genova. Mentre cortei, presidi e assemblee presso le università, organizzati o spontanei, si sono svolti in tutte le principali città italiane, tra cui Torino, Palermo e Firenze.
Secondo dati divulgati con un comunicato stampa unitario dalle tre sigle sindacali, diffusa e alta l'adesione allo sciopero in tutti i settori produttivi. Oltre due milioni di lavoratori hanno incrociato le braccia, sia nel settore pubblico, a partire dalla scuola, in tutti i gradi (dove si stima un'adesione tra il 60 e il 70%), all'università e alla ricerca, al pubblico impiego, alla sanità, ai trasporti, sia nel settore privato, dai lavoratori delle industrie, a quelli dei call center, alle ditte di pulizie. Forte l'adesione allo sciopero nel trasporto pubblico: alla Trambus di Roma si è registrato il 45% di astensione dal lavoro; alla CGT di Torino il 75%; a Bologna fra il 75 e il 77%; a Venezia centro l'80% extraurbano 40%; a Treviso il 40%. Così è stato anche nei settori aereo, ferroviario e marittimo, dove decine sono stati i voli e i treni cancellati.
Ma la forza di questa giornata di mobilitazione antigovernativa e antipadronale, è venuta dalla piazza. A Roma a dispetto di una pioggia battente, un inatteso, grandissimo e combattivo corteo prende forma in piazza della Repubblica, fin dalle prime ore del mattino. Ad aprire il serpentone umano lo striscione unitario che racchiude i temi che hanno portato in piazza i sindacati non confederali, i collettivi studenteschi, i coordinamenti spontanei di insegnanti e genitori, "Basta con la distruzione di lavoro, salari, diritti, scuola e servizi pubblici", ed un altro con su scritto "Tremonti, Gelmini distruttori della scuola".
Dietro una selva di bandiere rosse dei sindacati non confederali, cartelli, striscioni e tanti, slogan, contro Berlusconi, Gelmini, Brunetta, Tremonti. Molti dei manifestanti, sono in piazza per la prima volta, e molti ancora non sono neppure iscritti ai sindacati promotori dello sciopero. Non pochi hanno in tasca la tessera della Cgil. Ma il motivo per cui hanno scelto di scioperare oggi lo grida una maestra che ha deciso di non aspettare lo sciopero generale indetto da Cgil, Cisl e Uil per il 30 ottobre, "la Gelmini va fermata, sta distruggendo la scuola... si leva il tempo pieno, si riduce il personale docente e molte insegnanti sono mamme: la verità è che vogliono ricacciare le donne in casa". Gli fa eco un infermiere: "non ne possiamo più e non vediamo una lira, era semplicemente l'ora di muoversi". Lavoratrici e lavoratori che hanno deciso di scioperare e scendere in piazza perché non accettano che il governo salvi le banche e tagli i servizi pubblici.
E così questa volta nel corteo ci sono anche i lavoratori della multinazionale svedese Ikea, che denunciano i "ricatti" che sono costretti a subire dalla direzione, come la marea di contratti a tempo rinnovati da anni, il divieto alle cassiere di partecipare alle assemblee sindacali e i turni vessatori per chi si iscrive al sindacato.
Ci sono i vigili del fuoco portano una barella sulla quale c'è un manichino, a cui viene succhiato il sangue dal ministro Brunetta. "Manifestiamo contro la militarizzazione dei vigili del fuoco, dice un pompiere bolognese, chiediamo più uomini e più mezzi per assicurare un buon servizio ai cittadini, oggi riusciamo a portare avanti il nostro lavoro grazie ai precari".
Ci sono i precari della ricerca, in rappresentanza di quelle migliaia di fisici, chimici, ingegneri, biologi, geologi, medici che sono accomunati dalla spada di damocle di un contratto in scadenza che, grazie all'emendamento firmato da Brunetta, non verrà mai rinnovato. Lavorano nei più importanti enti di ricerca italiani: l'Istituto di fisica nucleare, l'Istituto superiore di sanità, quello di vulcanologia e di geofisica, Cnr, Enea, Isfol, Inran, Ispra, Istat e tanti, tanti altri. Sono trentenni e quarantenni che hanno investito una vita intera nello studio ad altissimo livello, e una specializzazione che pensavano di riuscire a mettere a disposizione del paese in cui sono nati e che invece il governo del neoduce Berlusconi, considera pesi morti da tagliare.
Imponente lo spezzone delle Rdb-Cub, con una presenza massiccia nel pubblico impiego (dall'Inps all'agenzia delle entrate, dai ministeri agli enti locali) e nei trasporti locali. Non passa inosservato lo spezzone dei dipendenti Alitalia che fa riferimento a Sdl, con gli steward e le hostess in divisa.
E tantissimi gli striscioni dei Cobas, soprattutto della scuola, ma anche quelli in rappresentanza di diverse aziende e fabbriche.
E poi c'è il "popolo della scuola pubblica" fatto di studenti di tutte le età, compresi i bambini delle materne, di docenti, Ata, genitori, che si è imposto con la sua partecipazione massiccia e si è fuso con la marea dei lavoratori del pubblico e privato. Un tam-tam che ha portato a Roma, anche affrontando lunghi viaggi, tanti genitori coi figli a seguito, maestre e insegnanti dei coordinamenti locali, delle scuole che da giorni e settimane si oppongono ai tagli della Gelmini con i "No Gelmini Day", le "notti bianche" della scuola. Da Pisa, dove la protesta universitaria, studenti medi e genitori delle elementari si è saldata fin da subito sono partiti otto pulman per Roma. Tante, creative e arrabbiate, le maestre e le mamme, le precarie Ata e le aspiranti insegnanti iscritte alle scuole di specializzazione Ssis che secondo i piani del governo andrebbero cancellate. Donne soprattutto, perché loro sono le prime che pagheranno i tagli feroci della Gelmini e Tremonti. "È una riforma che penalizza noi donne - spiegano un gruppo di maestre venute della Sicilia e che promettono di tornare anche il 30 ottobre - impoverisce la scuola pubblica in una regione già fortemente depauperata e stravolge l'organizzazione familiare".
La difesa dell'istruzione pubblica è il leit-motiv di tutta la manifestazione. Gli slogan e gli striscioni, i cartelli e le coreografie che bocciano il decreto 137 appena approdato al Senato per essere convertito in legge, e si scagliano contro la mozione xenofoba del leghista Cota che "vuole ristabilire le ex classi differenziali", rimbalzano di spezzone in spezzone, compaiono dovunque, gridati dai manifestanti provenienti dalla Sicilia come dal Trentino, dai napoletani come dai padovani, dai precari abruzzesi e bresciani. Cantano e gridano slogan, come: "piove, piove può anche nevicare, ma nessuno ci può fermare", "taglia e ritaglia e il bambino raglia". E ancora: "uno, due tre stella, la nostra scuola si ribella", "Noi la crisi non la vogliamo. Noi la crisi non la paghiamo". "Nel 1985 ero all'università - commenta un'insegnante - Mi sono fatto la Pantera, ma un movimento di protesta studentesca come questo non l'ho mai visto... è la prima volta nella storia che tutte le scuole dalle materne all'università sono compatte".
E di fatti a chiudere il corteo, si fa per dire, c'è il grandissimo e combattivo spezzone studentesco, di cui facevano parte anche gli studenti medi e universitari marxisti-leninisti. Trenta-quaranta mila, forse di più, difficile quantificarli nel fiume umano che ha invaso le vie della capitale. In diverse migliaia parteciperanno all'assedio durato alcune ore del ministero della Gelmini. E annunciano: "andremo avanti fino a che non sarà ritirata la legge 133. Da domani occupazioni in altre scuole e università". E giurano: "è solo l'inizio".
Intanto da piazza San Giovanni, Pierpaolo Leonardi, coordinatore nazionale dei Cub commentando l'esito della giornata afferma: "La manifestazione di oggi è il sondaggio che Berlusconi non avrebbe mai voluto vedere". "La lotta può pagare - prosegue Piero Bernocchi, leader dei Cobas scuola - è questo il messaggio che mandiamo a tutti gli italiani. Gli avversari sono forti, ma ballano su un vulcano. Oggi abbiamo dato un segnale strepitoso, siamo sulla buona strada".
Un segnale che il presidente della repubblica, il rinnegato Napolitano, ha platealmente deciso di non voler raccogliere. Tant'è che dopo aver rispedito sprezzantemente al mittente la richiesta proveniente da decine di migliaia di sms e e-mail di non firmare la conversione in legge del decreto, ha scelto proprio il giorno in cui piazze e strade erano percorse da studenti e docenti che manifestavano contro la "riforma" per esternare il suo ennesimo avallo alla scuola della terza repubblica del neoduce Berlusconi e la gerarca Gelmini. "Bisogna cambiare anche nella scuola e discutere i cambiamenti da fare" sui quali "si può essere d'accordo su alcuni e non su altri", ha detto in un incontro con gli studenti a Castel Porziano. Ma, agli insegnanti e agli studenti in rivolta manda a dire che "non bisogna dire solo dei no e farsi prendere dalla paura" e neanche "da nessuna esagerazione e da nessun allarme".

22 ottobre 2008