Contro la macelleria sociale messa in atto dal governo Rajoy
Sciopero generale in Spagna
Manifestazioni in 111 città. Sciopero al 95% nell'industria

Una decina di giorni prima dello sciopero generale del 29 marzo contro la "riforma del lavoro" indetto dalle Comisiones Obreras (CcOo) e dall'Unión General de Trabajadores (Ugt) sulla pagina web del ministero dell'impiego spagnolo, che non si chiama più del lavoro, risaltava con evidenza uno spot video che esaltava quella riforma come "completa ed equilibrata", compiuta "nel rispetto del dialogo sociale". Come il primo ministro italiano Mario Monti che ha chiuso il dialogo sociale con chi ci stava e ha tirato dritto per la sua strada. Il governo di destra di Mariano Rajoy non ha perso tempo nemmeno a dialogare, altro che rispetto, ha tirato dritto e basta. Secondo il principio liberista che sarebbe necessario tagliare i diritti dei lavoratori e dare mano libera alle aziende per creare posti di lavoro. In un paese che ha già un tasso di disoccupazione al 23%, e che sfiora il 50% fra i giovani, pari a 5,5 milioni di disoccupati che secondo le previsioni arriveranno almeno a sei milioni entro la fine del 2012.
Una delle misure del pacchetto riguarda le deroghe al contratto nazionale di lavoro in caso di crisi aziendale; in presenza di "difficoltà economiche, problemi tecnici, organizzativi o di produzione" i padroni possono decidere, in deroga ai contratti collettivi e senza alcun negoziato con i sindacati, di ridurre gli stipendi e modificare orari di lavoro e turni. Questi per il governo sarebbero "passi necessari per rilanciare l'economia e ricominciare a creare nuovi posti di lavoro", per le organizzazioni sindacali sono due provvedimenti che "fanno carne da macello dei lavoratori".
Alla vigilia dello sciopero interveniva anche il ministro degli interni Jorge Fernández Díaz che annunciava di voler inasprire le pene per "disobbedienza e resistenza a pubblico ufficiale" per ottenere "una maggiore dissuasione dei comportamenti violenti o gravemente disobbedienti alle ingiunzioni delle forze di polizia". Per i lavoratori e gli studenti che protestavano niente carota, c'era solo il bastone.
Lo sciopero, l'ottavo sciopero generale dalla caduta del franchismo, c'è stato e ha avuto un'alta adesione, con una media del 77% e punte del 95% nell'industria, e una forte partecipazione alle manifestazioni che si sono svolte in 111 città, in ogni angolo del paese. Le principali erano in programma a Madrid, Barcellona e Valencia.
Lo sciopero iniziava alle prime luci dell'alba con i picchetti sindacali di fronte alle principali fabbriche del paese, ai mercati generali, nelle stazioni ferroviarie e nei depositi degli autobus dei capoluoghi di provincia. E anche le manifestazioni iniziavano presto, compresa quella di Madrid che era prevista per le sei del pomeriggio ma di fatto iniziata alle dieci di mattina da studenti, lavoratori e pensionati che si ritrovavano lungo la Gran Via e a Puerta del Sol, la piazza dove è nato il movimento degli indignati.
Grossi cortei hanno attraversato le principali città e anche località minori come Vigo e Santiago de Compostela, in Galizia, dove sono sfilate almeno duecentomila persone. O come nei paesi Baschi, dal capoluogo Bilbao alle altre città, ai 180 mila manifestanti in Andalusia confluiti nei cortei di Siviglia e Malaga.
Scontri sono avvenuti in molte manifestazioni con un bilancio di alcune centinaia di manifestanti fermati o arrestati e oltre un centinaio di feriti.
Nei cortei erano presenti rappresentanti dei partiti di opposizione, organizzazioni e collettivi studenteschi, organizzazioni sociali e gli indignati del movimento M-15 di Madrid, che era impegnato nella "settimana di lotta per il diritto alla casa" e aveva promosso una partecipazione "critica" alle manifestazioni delle confederazioni considerate "interne al sistema". Una posizione condivisa da altre organizzazioni sindacali minori che pur appoggiando e partecipando allo sciopero generale denunciavano che l'obiettivo della mobilitazione promossa da CcOo e Ugt era quello di ottenere dal governo l'apertura di un vero negoziato sull'insieme della politica economica e sociale. "Questa riforma è così profonda e regressiva che l'unica risposta che riteniamo accettabile è il suo ritiro, quindi non condividiamo l'idea che la si possa correggere attraverso il negoziato", affermavano ricordando che "col pretesto della stabilità di bilancio si è già aumentata l'età pensionabile e si sono diminuite le pensioni future, con una riforma che ha avuto il via libera dai sindacati maggioritari CcOo e Ugt. E con lo stesso pretesto si continuano a tagliare le spese sociali e si minaccia di andare oltre, diminuendo gli organici negli enti pubblici, riducendo i servizi per i cittadini, limitando il numero di persone con diritto a prestazioni sovvenzionate, privatizzando i servizi. Questa è la strada che hanno indicato i potenti in Europa. Tagliare diritti sociali e del lavoro. E se non si accetta questa ricetta, finisce che si tagliano anche i diritti democratici. Già in Grecia e in Italia ci sono stati cambi di governo senza passare per elezioni democratiche. Si è cambiata la nostra Costituzione in due giorni, senza partecipazione né approvazione dei cittadini. Con questa riforma si sono consegnati i diritti dei lavoratori nelle mani della Confindustria, con l'unico criterio della competitività e dell'aumento dei profitti delle imprese. Questa Riforma del Lavoro. L'unica cosa che produrrà è l'abbassamento generalizzato dei salari, sotto la minaccia del licenziamento (con minima o nessuna compensazione), e l'aumento della precarietà e della povertà".
Il giorno dopo lo sciopero generale il governo di Madrid approvava una manovra per il 2012 da 27 miliardi di euro, l'anticipo di quella che in due anni dovrebbe portare a tagli di bilancio per circa 60 miliardi di euro, con l'obiettivo imposto dalla Ue di ridurre il rapporto tra deficit e pil dall'8,5 % attuale al 3% nel 2013.
Anche nella nella convocazione dello sciopero del 29 marzo, le CcOo avevano denunciato che il governo Rajoy vuol demolire la scuola e la sanità pubblica, con la riforma del lavoro distrugge i posti di lavoro e trasforma la precarietà in principale forma di occupazione. E chiedevano una risposta a livello europeo, perché "le politiche che cercano di applicare in Spagna sono le stesse che hanno distrutto la Grecia e hanno conseguenze molto negative in Portogallo e altrove". In questo senso andava la grande assemblea del 28 marzo a Madrid, alla vigilia dello sciopero generale, cui partecipavano i dirigenti di tante organizzazioni sindacali, dalla Dgb tedesca, alle confederazioni francesi, alla Cgil italiana. Matureranno i tempi per un vero sciopero generale europeo? Ci vorrebbe anche quello assieme al coordinamento sindacale delle lotte contro la macelleria sociale dei governi europei. E ci sarebbe anche la Confederazione europea dei sindacati che avrebbe il dovere di muoversi ma che al momento dorme.

4 aprile 2012