Successo dello sciopero generale dei sindacati non confederali
In 50 mila a Roma contro il governo e la Confindustria
Oltre 1 milione e 200 mila i lavoratori che hanno incrociato le braccia
Lancio di uova contro il Senato

Oltre 1 milione e 200 mila le lavoratrici e i lavoratori che hanno aderito alla protesta; oltre 50 mila coloro che hanno preso parte alla manifestazione nazionale che ha sfilato per le vie della capitale: sono le cifre fornite dai sindacati non confederali (USB, SLAI, SNATER, UNICOBAS) promotori dello sciopero generale indetto per l'11 marzo. "Una straordinaria adesione - è il giudizio di Pierpaolo Leonardi dell'Esecutivo USB - che testimonia la rabbia del mondo del lavoro e del non lavoro, sono stati decine di migliaia i lavoratori, le donne, i precari, i migranti, i senza reddito, i cassintegrati, i senza casa, che hanno bloccato completamente il centro della capitale arrivando, nonostante i divieti, fin sotto le finestre del Senato".
Lo sciopero ha ottenuto un innegabile successo di adesioni, tenuto conto del vergognoso silenzio dei media di regime sull'iniziativa di lotta. In particolare nel settore dei trasporti pubblici dove, sia a Roma che a Milano, le metropolitane sono rimaste chiuse, gli autobus a ranghi ridotti. E questo nonostante la revoca dello sciopero dei trasporti indetto precedentemente per lo stesso giorno da CGIL, CISL, UIL, UGL e FASAL-CISAL.
Da segnalare la presenza nel corteo romano di una folta delegazione di lavoratori dell'ATAC per contestare le scandalose assunzioni di amici e familiari da parte della giunta comunale Alemanno, la "parentopoli" su cui sta indagando la magistratura.
Un affollato e combattivo corteo "armato" di bandiere rosse è partito da piazza della Repubblica in direzione di piazza Navona, passando per via Cavour, via dei Fori Imperiali, vie delle Botteghe oscure, largo Argentina, corso Vittorio Emanuele. Dietro lo striscione di testa, con su scritto "Uniamo le lotte, mettiamoli in crisi", hanno preso posto i lavoratori del pubblico impiego, dove questi sindacati contano una maggiore forza, dei trasporti, scuola, vigili del fuoco, operatori sanitari, dipendenti dell'Alitalia, ma anche operai dell'industria, vedi per esempio le delegazioni della FIAT Mirafiori, Pomigliano e Cassino, e tanti precari, migranti, senza casa.
Alcuni episodi hanno vivacizzato il corteo: la contestazione davanti al Senato con lancio di uova. Un fitto lancio di uova i manifestanti lo hanno replicato anche quando sono passati davanti alle sedi di CISL e UIL. In corso Vittorio Emanuele, all'altezza del Teatro Valle, proprio davanti ai blindati delle "forze dell'ordine", alcuni manifestanti hanno montato delle tende da campeggio per simbolizzare, come in Egitto, che "la mobilitazione è permanente".
I simpatizzanti di Parma e provincia del PMLI hanno diffuso nel corteo i volantini e alcuni numeri de Il Bolscevico.
Al centro dello sciopero i sindacati non confederali hanno posto la lotta "contro l'attacco sconsiderato del governo Berlusconi ai diritti fondamentali dei lavoratori nel settore pubblico e privato... i guasti provocati dalle riforme Gelmini, Brunetta e dal sanguinario modello Marchionne". Più nel dettaglio, lo sciopero è stato indetto, è scritto nella nota dell'USB, per difendere l'occupazione e il contratto nazionale e per lo sbocco dei contratti del pubblico impiego, contro la precarietà e la delocalizzazione degli impianti produttivi, contro il tentativo di imporre il modello Marchionne, per la difesa dei salari e delle pensioni pubbliche, per la tutela dei beni comuni, il diritto ad abitare, per un fisco più giusto, che faccia pagare le tasse agli evasori e riduca la pressione fiscale sui lavoratori dipendenti, per la difesa della scuola, dell'università e della ricerca pubblica, per la regolarizzazione di tutti i migranti, per la democrazia sui posti di lavoro, contro il nuovo patto sociale tra governo, Confindustria, CISL e UIL che per rendere più competitive le imprese peggiora le condizioni e il salario dei lavoratori.
Una bella prova di forza, tutto sommato riuscita, quella messa in campo dai sindacati non confederali. Condivisibili in buona sostanza gli obiettivi e le rivendicazioni posti a base dello sciopero, anche se non è stato esplicitato il più importante: le dimissioni del neoduce di Arcore.
Tuttavia alcune domande si pongono. Basta la forza di cui tali sindacati dispongono (che, con tutta evidenza, rappresentano una minoranza sia pure combattiva dei lavoratori e degli altri soggetti sopracitati), per sconfiggere la politica del governo e della Confindustria, per buttare a gambe all'aria Berlusconi? Era necessario e inevitabile indire un proprio sciopero generale, oggettivamente autoreferenziale e autopromozionale, al quale ha aderito una ristretta minoranza sia pur significativa, oppure era tatticamente più giusto premere nei confronti della CGIL perché unisse la sua forza per un vero sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma sotto Palazzo Chigi?
Unire le lotte dei lavoratori è un proposito giusto, di più è una necessità vitale per ottenere risultati concreti positivi. Ma poi ci vuole coerenza!

16 marzo 2011