Scoppia la protesta contro la legge Aprea
Il PD sponsor principale del nuovo attacco alla scuola pubblica. Studenti, genitori e insegnanti sul piede di guerra. Contraria anche la FLC-CGIL

Grazie all'avallo del governo Monti (esternato pubblicamente tramite il sottosegretario all'Istruzione Marco Rossi Doria) e all'appoggio attivo e fondamentale del PD, il progetto della legge "Aprea 2" (ddl 953), nemmeno sottoposto al voto delle aule parlamentari, va verso l'approvazione, al chiuso delle stanze delle commissioni di Camera e Senato.
Sul ddl ci eravamo già pronunciati nell'articolo La legge "Aprea 2" è da affossare (cfr. Il Bolscevico n. 19/2012; presente anche sul sito del PMLI). Esso, in sintesi, rappresenta una vera e propria mannaia per l'istruzione pubblica in quanto trasforma le scuole in fondazioni, elimina i finanziamenti statali, incentiva la cosiddetta "autonomia scolastica" (ciascun istituto deve sopravvivere ricercandosi sponsor privati), sancisce lo strapotere degli "esterni" (leggi privati) a scapito dei diritti degli studenti e del personale tecnico-amministrativo e promuove la concorrenza fra le scuole. Questa legge era stata presentata già nel 2008 (Aprea era allora presidente della Commissione Istruzione della Camera, già sottosegretaria della Moratti), ma le proteste dell'Onda l'avevano sommersa; ora viene rilanciata, trovando l'alleato più tenace proprio nel PD, che nel 2008 l'aveva osteggiata per motivi d'opportunità, mentre adesso rivela la sua pulsante vena neoliberista.
Il 6 agosto la Commissione Istruzione della Camera ne ha approvato il testo base, con il voto contrario della sola Italia dei Valori, il cui deputato Pierfelice Zazzera (vicepresidente della Commissione) denunciava il fatto subendo di rimando gli attacchi del PD (che ha la presidenza della Commissione nella persona di Manuela Ghizzoni), dietro la fantomatica scusa che l'approvazione del testo base non pregiudicava il voto di nuovi emendamenti.
Dopo la pausa estiva, l'11 settembre ha avuto inizio in Commissione la discussione degli emendamenti, approvati il 19 settembre. Ora il ddl è al vaglio delle commissioni del Senato. Gli emendamenti, salutati come una grande vittoria dalla deputata piddina Maria Coscia, essenzialmente prevedono che: gli statuti dovranno essere approvati dal consiglio dell'autonomia (nuovo nome del consiglio d'istituto), il ripristino dei consigli di classe (che mancavano nel testo originale), una commissione tecnica biennale di monitoraggio dell'applicazione della legge, il ripristino della rappresentanza Ata nel consiglio dell'autonomia (totalmente cancellata dal testo originale), la norma per cui i privati non avranno diritto di voto in sede al consiglio dell'autonomia.
È evidente che il PD vorrebbe usare questi emendamenti come acqua da gettare sul fuoco delle proteste che la riesumazione della legge Aprea sta provocando. In realtà non sono altro che uno specchietto per le allodole. Nella legge restano l'"autonomia" (che avrà effetti devastanti particolarmente al Sud), la trasformazione delle scuole in lucrose fondazioni, la cancellazione della libertà d'insegnamento, la condizione subordinata dei rappresentanti degli studenti e del personale Ata, e soprattutto l'asservimento della scuola ai privati.
I quali, anche se non potranno formalmente votare in seno al consiglio, avranno comunque nelle loro mano il potere di condizionare e ricattare economicamente le sorti degli istituto e, di conseguenza, di dettarne la linea. Gli stessi programmi didattici saranno stabiliti scuola per scuola, favorendo così l'intrusione degli interessi dei "benefattori" privati direttamente anche nella didattica. Ai singoli statuti è demandata anche la regolamentazione delle assemblee degli studenti e dei genitori, cancellando così una conquista della Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette.
La FLC-CGIL ha accolto queste modifiche come "positive", ma in generale giudica il testo inaccettabile. Non ci sono cascati nemmeno gli studenti, i genitori e gli insegnanti, che si lanciano nella protesta contro quella che, a ragion veduta, vedono come un gravissimo attacco alla scuola pubblica e alla libertà d'insegnamento.
L'11 settembre, mentre cominciava la discussione in Commissione Istruzione della Camera, il Coordinamento scuole secondarie di Roma ha organizzato un sit-in sotto Montecitorio che ha visto anche la partecipazione di comitati e coordinamenti di precari, insegnanti e genitori. Anna Angelucci del Coordinamento, in un'intervista al manifesto del 12 settembre, giudica la legge "inemendabile" perché "abolisce i decreti delegati, ridimensiona gli organi collegiali, prevede l'autonomia statutaria delle scuole, consente l'accesso a finanziatori privati negli organi di governo della scuola, compreso quello di valutazione interna". E aggiunge che "la 'sussidiarietà' del privato, in regime di autonomia statutaria, governato da dirigenti svincolati dal rispetto delle competenze degli organi collegiali, si tradurrà inevitabilmente in 'aziendalizzazione' e privatizzazione dell'istituzione. È l'ultimo atto di dismissione della scuola della Repubblica, dopo il blocco dei contratti, la soppressione degli scatti d'anzianità, la riforma delle pensioni, il furto di miliardi di euro ai finanziamenti di scuola e università, il licenziamento di decine di migliaia di lavoratori; e ora anche la promessa di un concorso-monstre per docenti già più che titolati, che toglierà centinaia di milioni alle casse esangui dell'istruzione".
Non finisce qui. Il 12 ottobre l'Unione degli Studenti scenderà in piazza anche contro la legge Aprea. Ci auguriamo che la protesta si allarghi e approfondisca sempre di più, coinvolgendo gli studenti, gli insegnanti, i precari, il personale tecnico-amministrativo e i genitori in una grande mobilitazione per la scuola pubblica, unitaria, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti. E che dalle piazze studentesche si levi il grido: "Monti vattene!".

26 settembre 2012