Rapporto di Giovanni Scuderi alla 6ª Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI (15 settembre 2002)
INTENSIFICHIAMO GLI SFORZI PER COSTRUIRE UN GRANDE, FORTE E RADICATO PMLI
Care compagne e cari compagni,
sono passati quasi quattro anni dal 4° Congresso nazionale del Partito e quindi è quanto mai necessario fare un primo bilancio del lavoro svolto per costruire un grande, forte e radicato PMLI secondo le indicazioni congressuali. Quello definitivo lo faremo al 5° Congresso che celebreremo non appena matureranno le condizioni, come prevede il secondo comma dell'art. 26 dello Statuto del Partito.
Dall'anno in cui abbiamo cominciato a gettare le prime fondamenta del PMLI, il 1967, abbiamo sempre avuto chiaro e forte in mente che non era possibile rovesciare il capitalismo e conquistare il socialismo senza un potente Partito marxista-leninista fondato sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao e legato alle masse operaie e popolari.
Davanti avevamo l'esperienza positiva del Partito di Lenin e Stalin e del Partito di Mao e quella negativa del partito di Bordiga, Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer. Da subito avevamo capito che i nostri modelli di riferimento erano i primi partiti e che il nostro non doveva rassomigliare in niente al partito revisionista italiano. L'esperienza storica, infatti, e le lotte rivoluzionarie allora in corso in Italia e in tutto il mondo dimostravano ampiamente che solo avendo alla testa Partiti simili a quelli di Mao e di Lenin e Stalin il proletariato internazionale e i popoli e le nazioni oppressi avanzavano e conquistavano uno per uno tutti i loro obiettivi, mentre seguendo i partiti revisionisti segnavano il passo e non uscivano dal quadro istituzionale e costituzionale del capitalismo e dell'imperialismo.
Abbiamo perciò sempre dedicato le attenzioni maggiori al Partito e alla sua costruzione e linea politica. Lo Statuto del PMLI ne ha tracciato a livello teorico e organizzativo i lineamenti, i caratteri e la struttura. E nel corso degli anni successivi, man mano che cresceva la nostra esperienza, abbiamo approfondito e sviluppato i suoi contenuti. Fin ad arrivare al 4° Congresso in cui abbiamo sintetizzato questa nostra esperienza e messo a fuoco i tre aggettivi fondamentali che costituiscono gli obiettivi attuali che dobbiamo perseguire per costruire e sviluppare in tutt'Italia il nostro amato Partito, e cioè: forte, grande e radicato.
Ora si tratta di passare in rassegna punto per punto i temi trattati al Congresso inerenti al Partito per approfondirli sulla base dell'esperienza successiva e delle attuali necessità del Partito. Dobbiamo esaminare in maniera critica e autocritica il lavoro già fatto in questo campo pensando a quello futuro da fare.

COSTRUIRE UN GRANDE PARTITO
Al Congresso abbiamo detto che per costruire un grande Partito sul piano pratico e organizzativo occorrono cinque cose: una linea politica proletaria rivoluzionaria, una linea organizzativa bolscevica, dei dirigenti ai vari livelli autenticamente marxisti-leninisti, un profondo radicamento nei luoghi di lavoro, di studio e di vita, molti militanti e Cellule in tutte le città, specialmente nelle fabbriche, nelle scuole e nell'università.
Della prima cosa possiamo ritenerci sostanzialmente soddisfatti. Col Nuovo Programma d'azione, che costituisce la conquista più grande dopo il 4° Congresso, la linea politica del Partito è divenuta più forte e convincente, anche se ancora carente e incompleta su alcuni punti. Esempio l'agricoltura e il Mezzogiorno. La seconda cosa l'abbiamo, ma va approfondita a livello teorico e rafforzata a livello pratico. La terza cosa è una realtà, ma i dirigenti devono essere più forti e preparati e ne occorrono di nuovi. Ne parleremo più in là. La quarta cosa, il radicamento, è iniziata, ma c'è ancora molto da fare. Ne parleremo più in là. La quinta cosa è in corso d'opera. Soffermiamoci subito su questa.
Il Partito si sta svilupando gradualmente su tutto il territorio nazionale, man mano che viene conosciuto, in particolare attraverso il nostro magnifico e universalmente apprezzato sito internet.
Sono i giovani e i giovanissimi, fin dai tredici anni, particolarmente interessati al PMLI. Per militarvi, o per collaborare con esso, o semplicemente per chiarirsi le idee su questioni politiche, sui maestri e sulla storia del movimento operaio nazionale e internazionale. Tengono buoni rapporti epistolari con il Partito anche militanti del PRC, del PdCI e, in certi casi, pure dei DS. I contatti epistolari, in stragrande maggioranza via e-mail, sono in continuo aumento. Solo dal 1° luglio a oggi, nei mesi estivi dunque, ne abbiamo contati a livello centrale 28 di nuovi.
Attualmente siamo presenti con istanze e militanti nelle seguenti regioni: Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna - dove abbiamo conquistato due nuove città, Cesena e Fosso Ghiaia (Ravenna) -, Toscana - dove abbiamo conquistato una nuova città, Massa -, Abruzzo, Campania - dove abbiamo conquistato una nuova città, Benevento -, Sicilia - dove abbiamo conquistato il capoluogo, Palermo. Con solo simpatizzanti siamo presenti in Liguria, Trentino-Alto Adige, Marche, Umbria, Lazio, Molise, Puglia, Calabria e Val d'Aosta, ultima conquista, e in questa settimana. Abbiamo amici in Sardegna. Solo nel Veneto, nel Friuli-Venezia Giulia e in Basilicata non abbiamo per ora alcun contatto.
Le istanze di Napoli e Forlì, dirette rispettivamente dal compagno Franco Di Matteo e dal compagno Denis Branzanti, sono diventate ancora più forti, agguerrite ed esperte, riconfermando di essere le forze trainanti dell'intero Partito. Ad esse si è aggiunta la brillante Organizzazione di Palermo diretta dalla compagna Giovanna Vitrano, esemplare quadro femminile e combattente di prima linea del PMLI. Un posto di rilievo l'ha guadagnato l'Organizzazione di Biella diretta dal compagno Gabriele Urban.
Le altre istanze, fuorché una che è da tempo inoperosa, lavorano al meglio delle loro possibilità e capacità. Il Comitato provinciale di Firenze però in questo ultimo periodo ha perso un po' di terreno, anche per cause oggettive, e ha quindi bisogno di produrre un grosso sforzo per recuperarlo concentrandosi sulle priorità e avendo una maggiore fiducia nelle proprie capacità e nelle possibilità di ribaltare la situazione fiorentina.
La vile aggressione politica che ha subito da parte dei neofascisti fiorentini di Forza Italia, presumibilmente ispirati dal neoduce Berlusconi, a proposito del manifesto sulla Liberazione di Firenze dai nazifascisti dovrebbe renderlo cosciente delle responsabilità politiche che pesano sulle sue spalle di fronte a tutto il Partito e alle masse italiane, non solo fiorentine. Esso, e la sua Segretaria compagna Antonella Casalini, ha tutta la solidarietà, l'affetto e l'aiuto dell'Ufficio politico e del Comitato centrale per superare alla grande questo delicato momento.
Le nuove istanze di Cesena, Ravenna e Benevento sono ancora ai primi passi e risentono la loro poca esperienza politica. Ma possono fare meglio e dare dei grossi contributi al Partito. Purché studino di più, si impegnino maggiormente e con continuità nel lavoro politico, organizzativo e di massa e mettino a frutto l'esperienza e gli insegnamenti delle Organizzazioni del Partito più avanzate, a cominciare da quelle che sono loro più vicine e con cui hanno rapporti più stretti.
Dopo il 4° Congresso sono stati conquistati nuovi militanti, ma non tutti hanno retto agli sforzi della militanza, della costruzione del Partito e della lotta di classe. Alcuni sono retrocessi a simpatizzanti, altri sono stati risucchiati dalla borghesia. Quattro dirigenti, come è da tempo noto, hanno clamorosamente tradito il Partito e la causa del socialismo. Uno di essi però dà segni di ravvedimento e di pentimento.
Mentre la conquista dei simpatizzanti attivi, relativamente attivi e passivi avviene con una certa facilità, un po' d'appertutto si riscontrano delle difficoltà per conquistare nuovi militanti. Come mai?
Indubbiamente sul nostro lavoro di proselitismo pesano i grossi cinque ostacoli che rallentano e rendono difficoltoso lo sviluppo del Partito. Ma pesano anche il tipo di militanza richiesta ai membri del PMLI, l'accettazione del centralismo democratico, non essere credenti, la condivisione della rivoluzione socialista, segnatamente la lotta armata, l'astensionismo elettorale.
Messi di fronte allo Statuto e al Programma generale del Partito, accade spesso che chi in un primo momento è orientato a entrare nel Partito si tiri indietro e preferisca collocarsi nel ruolo di simpatizzante attivo. Noi non per questo possiamo e dobbiamo rivedere e "addolcire" i documenti fondamentali del Partito.
Quello che è scritto è scritto, e occorre battersi affinché rimanga scritto, poiché è frutto di un'esperienza storica vittoriosa. Dobbiamo solo interpretarlo correttamente e saperlo spiegare al potenziale membro candidato, partendo dal suo livello di coscienza e tenendo presente la sua esperienza politica e sociale, la collocazione di classe e l'età. Non dobbiamo pretendere che egli abbia in partenza il nostro stesso livello di coscienza, la nostra stessa sensibilità politica e attaccamento alla causa e al Partito. Tutto ciò avverrà gradualmente con l'esperienza e attraverso il nostro lavoro di formazione marxista-leninista. Un marxista-leninista non si forma in quattro e quattr'otto. A volte non è sufficiente nemmeno il periodo di candidatura.
Tuttavia l'accettazione dello Statuto e del Programma del Partito, così come dell'astensionismo elettorale, sono assolutamente pregiudiziali, come prescrive l'art. 12 dello Statuto.
Per i credenti di qualsiasi religione che vogliono entrare nel Partito l'unica collocazione possibile è quella di simpatizzante attivo. Con la categoria dei credenti marxisti-leninisti in senso lato, occorre avere un rapporto, un rispetto e un'unità particolari, come se fossero militanti del Partito. Ma senza cedere alcunché sui piani filosofico e teorico. L'unità con essi più che sul marxismo-leninismo-pensiero di Mao va basata sulla linea politica e sull'azione del Partito.
Dentro il Partito non è possibile che i marxisti-leninisti convivano a lungo con i credenti, sia perché le rispettive fondamenta filosofiche e ideologiche sono opposte e inconciliabili, sia perché le divergenze filosofiche e ideologiche prima o poi sfociano inevitabilmente in contraddizioni antagonistiche ingestibili nel Partito. Questo perché i credenti sono portatori di una concezione del mondo diversa dalla nostra e di un messaggio, di una pratica sociale, di una morale e di proposte politiche che tendono a inculcare anche ai non credenti finanche al partito del proletariato. L'esperienza dei cattolici nel PCI revisionista ne è un triste esempio.
Come abbiamo già stabilito, un giorno per i credenti, se lo vorranno, maturate le condizioni, potremmo creare delle Organizzazioni politiche fiancheggiatrici e dirette dal Partito.
Nonostante le difficoltà che incontriamo nel proselitismo, non è impossibile conquistare dei nuovi militanti. Tanto è vero che già oggi abbiamo dei casi assai interessanti in Sicilia, Campania, Molise, Marche, Lazio, Toscana e Piemonte.
Il nostro problema è solo quello di riuscire a farli maturare come membri del PMLI dato che risiedono lontani dal Centro e in quasi tutte le loro città non ci sono istanze o militanti del Partito. Cosicché purtroppo la loro crescita e formazione politiche sono affidate quasi unicamente alla loro tempra rivoluzionaria e al loro impegno all'autoformazione marxista-leninista.
Noi comunque dobbiamo fare i "salti mortali" - come già sta facendo la generosa Commissione per il lavoro di organizzazione trascinata dall'esempio del suo Responsabile - per aiutare questi nuovi compagni, magari riducendo temporaneamente le nostre premure e attenzioni verso le istanze e i militanti che già sono in grado di muoversi con le loro gambe.
Noi dobbiamo porre la massima attenzione alla formazione dei nuovi militanti e dei simpatizzanti potenziali militanti del Partito. Tutti i dirigenti ai vari livelli, ma anche i membri effettivi e più anziani del Partito, devono dare il meglio di se stessi in questo fondamentale lavoro di formazione con la consapevolezza che aver cura dei membri candidati significa avere a cuore il presente e l'avvenire del PMLI.
Che si possano seguire direttamente o no i membri candidati e i simpatizzanti potenziali militanti, noi dobbiamo mettere al centro della loro formazione lo studio del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, a partire dalle cinque opere fondamentali marxiste-leniniste, e della linea del Partito, con particolare riferimento alle parti inerenti alle loro rispettive collocazioni professionali o studentesche. Fin da subito i nuovi militanti devono essere educati a interessarsi in primo luogo dei problemi concreti e immediati delle masse cui fanno parte e dei propri luoghi di lavoro, di studio e di vita.
Dobbiamo far capire alle nuove compagne e ai nuovi compagni che lo studio rivoluzionario è assolutamente necessario per trasformare la propria concezione del mondo, sottrarsi alle pressioni e all'influenza della borghesia, far bene la lotta di classe, aiutare le masse a risolvere i loro problemi e difendere il Partito dagli attacchi dei nemici di classe. Chi non studia può fare dei seri danni alla causa del proletariato, alle masse, al Partito e a se stesso.
Come stabilito dal 4° Congresso, la cui giustezza è stata comprovata dalla pratica, noi dobbiamo svolgere il nostro lavoro di proselitismo soprattutto verso la classe operaia e i giovani. Non dobbiamo assolutamente desistere nel rivolgerci alla classe operaia anche se la conquista degli operai più avanzati e combattivi è piuttosto difficile in quanto essi sono tuttora sotto l'influenza e il controllo dei falsi partiti comunisti e la nostra presenza nei luoghi di lavoro e nella Cgil è ancora troppo debole e poco influente. Il tempo e l'esperienza politica e sindacale in corso degli operai e dei lavoratori però giocano a nostro favore, e se a ciò aggiungeremo un buon lavoro sindacale i risultati prima o poi arriveranno, e saranno copiosi.
Come constatiamo nel nostro lavoro, il proselitismo verso le ragazze e i ragazzi è relativamente più facile. Si spiega con la natura stessa dei giovani che rispetto agli adulti sono più aperti verso il nuovo, più propensi a fare nuove esperienze, più desiderosi a cambiare le cose esistenti, più avidi di sapere e di conoscere, più portati all'azione e al combattimento, più autonomi dalle istituzioni, dai partiti parlamentari e dai sindacati.
Si spiega ancor più concretamente col fatto che i giovani di sinistra sono stufi del governo Berlusconi e dell'incessante bombardamento della propaganda contro il socialismo, il comunismo, Stalin e Mao. Ciò li spinge ad approfondire la storia del movimento operaio, del socialismo e dei suoi ideatori e realizzatori. Da qui il passo verso il nostro Partito è breve.
Noi dobbiamo approfittare di questa inedita e favorevole situazione per stare quanto più è possibile in mezzo ai giovani per chiarire loro le idee e per attirarli sulla via dell'Ottobre italiano. Il che però non deve significare ignorare i loro problemi materiali e sociali. In primo luogo quelli del lavoro e scolastici.
Sta alle singole istanze stabilire quale priorità dare a ciascuno di questi due fronti, in base alla realtà concreta della propria città e della disponibilità di compagni disoccupati e studenti. Ovviamente nelle città dove abbiamo le forze necessarie, l'ideale sarebbe lavorare contemporaneamente sui due fronti. In ogni caso i disoccupati e gli studenti militanti e simpatizzanti del Partito, salvo eccezioni, devono considerare rispettivamente il lavoro di massa per il lavoro e quello studentesco come il loro compito prioritario.
Lavorando sistematicamente e con una chiara strategia tra i disoccupati e gli studenti, noi dobbiamo far sì che la nostra bandiera del lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato per tutti i disoccupati e i lavoratori diventi la bandiera dei movimenti per il lavoro. Così come la nostra bandiera della scuola e dell'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti diventi la bandiera del movimento studentesco.
Mai come in questo momento abbiamo bisogno di avere molti studentesse e studenti militanti e simpatizzanti attivi del Partito. Non solo per dare un corretto orientamento al movimento studentesco, ma anche per sostenere i nostri sforzi tesi a sviluppare il PMLI su scala locale e nazionale e a portare a un livello di massa superiore la nostra lotta contro il neoduce e il regime neofascista. Disponendo di un maggior numero di ore libere e non avendo il peso di incombenze e di responsabilità familiari, solo essi infatti sono in grado di assolvere diversi compiti dei rivoluzionari di professione che noi a tutt'oggi non possiamo avere.
Dobbiamo fare l'impossibile per raggiungere questo vitale obiettivo, pur essendo condizionati e penalizzati dalla mancanza della Commissione giovani del Comitato centrale del Partito. Un grave problema che potrà essere risolto con lo sviluppo del Partito e quando avremo dei giovani quadri in grado di assumersi quest'incarico. Nel frattempo non possiamo che affidarci alla generosità del compagno Simone Malesci, che però è sommerso da altri compiti, come quelli giornalistici e di membro della Commissione di organizzazione.
Con le sole forze interne del Partito è pressoché impossibile realizzare tutti i nostri compiti e muoverci contemporaneamente su tutti i fronti della lotta di classe. Dobbiamo perciò mobilitare e coinvolgere a fondo anche i simpatizzanti e gli amici del Partito sulle questioni pratiche, amministrative e operative del Partito.
Ma il primo e più importante coinvolgimento dei simpatizzanti e degli amici del Partito va fatto a livello politico consultandoli collettivamente e individualmente sulle questioni e sulla linea del PMLI, invitandoli a delle riunioni periodiche per discutere temi politici, promuovendo dei corsi di studio rivoluzionario, facendoli partecipare all'organizzazione delle attività e delle iniziative pubbliche del Partito, affidando loro degli incarichi, sollecitandoli a dare un contributo politico, programmatico e giornalistico sulla base della loro specializzazione professionale e sindacale, e così via.
Dobbiamo ricorrere pure agli amici meno stretti o generici del Partito per farci aiutare a risolvere qualche problema in cui essi abbiano una competenza specifica.
Più simpatizzanti e più amici avremo e quanto più sapremo coinvolgerli e utilizzarli tanto più leggero sarà il fardello, anche economico, che ciascun membro del Partito porta sulle spalle.
Ci sono già delle istanze che coinvolgono e utilizzano regolarmente i simpatizzanti e gli amici e ne traggono un grande giovamento. Altri ancora si devono cimentare in questa esperienza. E' tempo che lo facciano.
Dobbiamo sviluppare una larga politica di coinvolgimento e di unità verso i simpatizzanti e una tale politica ancor più larga verso gli amici. Noi siamo quelli che siamo e così vogliamo rimanere, ossia marxisti-leninisti. I simpatizzanti e gli amici sono diversi da noi, di poco o di molto, ma c'è sempre una differenza ideologica, politica e organizzativa e di scelta di vita. Ma ciò non toglie che si possa e si debba lavorare insieme, sia che ci accomuni la stessa causa, sia che si condivida tutto o in parte la linea del Partito, sia che si abbia un solo punto in comune. Ciascuno rimanga pure quello che è, l'importante è che tutti si faccia del bene al Partito e alla causa, anche in piccolissima misura.
Agli amici non possiamo chiedere la tessera che hanno in tasca. Fatta salva la pregiudiziale antifascista e l'onestà personale chiunque può essere coinvolto e utilizzato per le necessità del Partito, specie gli intellettuali e gli specialisti. Non dobbiamo aver paura, ritegno o complesso di inferiorità e di sottomissione nel rivolgerci a chi ne sa più di noi e può darci una mano a risolvere dei problemi in cui non siamo competenti. Pensiamo per esempio agli ambientalisti e agli storici.
La linea politica verso gli ex membri del PMLI, adottata dalla Seconda Sessione plenaria del 4° CC del PMLI, si è dimostrata nella pratica giusta, utile e proficua. Dobbiamo seguirla imparando a gestirla correttamente, con saggezza ed equilibrio.
Grazie ad essa abbiamo recuperato dei compagni che ora collaborano col Partito dandoci in certi casi notevoli contributi sul piano giornalistico e storico o sul piano finanziario.
L'esperienza delle Cellule madri sta dando dei buoni risultati, va quindi proseguita. Non dobbiamo però trattenere troppo a lungo i militanti che risiedono in città limitrofe a quella della Cellula madre. Anzi, salvo eccezioni da valutare con molta attenzione, d'ora in poi non bisogna più inserire nelle Cellule madri i militanti di altre città. Ciò per evitare il rischio che si creino nella mente dei militanti delle distorsioni organizzative, delle confusioni statutarie e che si entri in contraddizione col criterio territoriale della militanza secondo cui ogni membro del Partito deve lavorare nel proprio luogo di lavoro, di studio e di vita.
In conformità a tale criterio territoriale i militanti nelle città dove non ci sono Cellule devono centralizzarsi al Responsabile provinciale del Partito. Se non c'è al Responsabile regionale. Se anche questo manca alla Commissione di organizzazione del Comitato centrale.
Quando la Cellula madre è composta da almeno sei membri, in base all'art. 9, comma 6, dello Statuto, deve eleggere un Comitato di Cellula di tre membri. Per assolvere pienamente le sue funzioni, occorre che la Cellula madre tenga presente nella programmazione del lavoro le necessità dei luoghi di provenienza dei suoi membri dove, appena maturano le condizioni, saranno fondate le nuove cellule.
Data la situazione politica e visto l'attacco fascista di Forza Italia al Partito che si propone di metterci a tacere e di liquidarci, diventa sempre più pressante la necessità di costituire dei quadri e dei militanti di riserva, come prescrive l'art. 31 dello Statuto. Pertanto, via via che si creano le condizioni organizzative, occorre provvedere a mettere in pratica tale misura a tutti i livelli, comprese le Cellule.

COSTRUIRE UN FORTE PARTITO
Al Congresso abbiamo detto che per costruire un forte Partito occorrono sostanzialmente tre cose: difendere e applicare la linea politica e la linea organizzativa del Partito; formare dei quadri sul modello dei maestri; elevare la combattività interna ed esterna al Partito dei militanti.
A ciò ci siamo attenuti, riportando dei buoni successi nelle città dove le tre cose sono operanti. Ma possiamo fare ancora di più e meglio.
La linea politica e organizzativa del Partito continua a godere del sostegno di tutto il Partito. Nessuno lo mette in discussione, tuttavia nella sua applicazione o su certe questioni sono sorte delle contraddizioni che hanno investito finanche il Comitato centrale e l'Ufficio politico. Ciò è inevitabile e positivo.
Inevitabile data la diversità della coscienza politica, dell'esperienza politica, della conoscenza del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, del grado della trasformazione della concezione del mondo, dell'origine di classe, della permeabilità alle influenze borghesi e piccolo borghesi esistente tra i membri del Partito. Mao ha spiegato che "Finché esistono le classi le contraddizioni tra le idee giuste e quelle errate in seno al Partito comunista sono il riflesso nel Partito delle contraddizioni di classe" (in Sulla contraddizione, agosto 1937, opere scelte, vol. 1, p. 363).
Le contraddizioni in seno al Partito non sono negative, ma positive. Perché trattandole correttamente, sulla base della formula unità-lotta-correzione-unità, si ha occasione di chiarire le idee, correggere le idee errate, approfondire le questioni, accrescere la combattività e l'esperienza del Partito e conoscere meglio i compagni. Mao giustamente rileva che "Se nel Partito non ci fossero né contraddizioni né lotta ideologica per risolverle, la vita del Partito cesserebbe" (nella suddetta opera, p. 336).
Non dobbiamo quindi temere le contraddizioni in seno al Partito, anzi dobbiamo favorirle tenendo viva la lotta ideologica all'interno del Partito attraverso la critica e l'autocritica.
Noi dobbiamo educare le compagne e i compagni a non avere una visione idealistica del Partito. Devono sapere che le contraddizioni e le lotte sono sempre presenti nel Partito e che esse si possono trasformare in lotta tra le due linee e diventare antagonistiche. Occorre perciò denunciare e combattere tempestivamente e risolutamente ogni idea, proposta, parola d'ordine, atteggiamento e iniziativa, da chiunque professate e suggerite, non coerenti con la linea proletaria rivoluzionaria e le indicazioni del Partito.
Bisogna essere tutti consapevoli che quanto più il Partito diventerà grande, forte e radicato, tanto più la borghesia, attraverso i suoi agenti mascherati, tenterà di dare l'assalto alla direzione e alla linea del Partito per rovesciarla e impadronirsi del Partito.
Dopo il Congresso sono emersi anche errori di spontaneismo e "ultrasinistrismo", in un caso di schematismo con venature bordighiste, forse residuo ideologico di una influenza della vecchia direzione locale del Partito.
Nell'esercizio della critica e dell'autocritica abbiamo imparato molto tutti quanti, compreso il Segretario generale chiamato in causa in prima persona. Abbiamo infatti accresciuta la nostra esperienza del trattamento degli errori di "sinistra" all'interno del Partito. Siamo andati a fondo delle contraddizioni correggendo le idee errate riguardanti, a seconda dei vari casi, certe parole d'ordine sulla politica estera, la politica sindacale, il lavoro di massa, la commemorazione dei maestri, nonché il rispetto del centralismo democratico e la corretta interpretazione del materialismo dialettico.
Nel corso di questa lotta ideologica e politica ci siamo più convinti che mai che l'esercizio della critica e dell'autocritica è una potente arma per mantenere l'unità del Partito, per migliorare e correggere il Partito e i suoi membri, per avere dei rapporti chiari, sinceri e leali all'interno del Partito.
Qualche volta può succedere che chi è criticato non accetti la critica e rimanga sulle sue idee. Può anche accadere che chi critica mantenga il suo giudizio se non è soddisfatto della risposta del criticato. In entrambi i casi la posizione è legittima, consentita e tutelata dal Partito. Purché però l'uno e l'altro si attengano al giudizio finale del Partito e rispettino il centralismo democratico.
Poiché nel PMLI vige una piena democrazia, adeguata e funzionale al carattere e agli scopi proletari rivoluzionari del Partito e regolamentata dallo Statuto, si possono avere tranquillamente idee diverse su questa o quella questione tattica, o rivendicativa, o di azione, come su importanti elementi di linea politica o elettorale. In sede congressuale si possono persino mettere in discussione lo Statuto e il Programma generale del Partito.
Ma finché non si ottiene la maggioranza, la minoranza deve sottostare alla maggioranza le cui posizioni costituiscono la linea ufficiale del Partito. Questa linea è quella che deve essere applicata da tutti indistintamente i membri del Partito, ed è l'unica che deve essere conosciuta e propagandata all'esterno del Partito.
Come ci insegna Mao "Una delle regole della disciplina di Partito è la sottomissione della minoranza alla maggioranza. Se il punto di vista della minoranza è stato respinto, questa deve aderire alla decisione approvata dalla maggioranza. Se necessario, può riproporre un nuovo esame della questione nella riunione successiva, ma a parte ciò non deve compiere alcuna azione in contrasto con la decisione presa" (in Come correggere le idee errate nel Partito, dicembre 1929, Opere scelte, vol. 1°, p. 114).
Questo in base al centralismo democratico che costituisce il principio organizzativo cardine del nostro Partito e che nessuno può violare. Più in alto siamo, più dobbiamo rispettare scrupolosamente il centralismo democratico. Chi lo vìola, in buona o cattiva fede, fa un grave danno al Partito, al proletariato e alla causa del socialismo.
Il centralismo democratico si può infrangere solo quando il Partito è caduto completamente in mano alla borghesia e ai suoi agenti. In tal caso i marxisti-leninisti devono organizzarsi come meglio possono per unire e organizzare le forze e tentare di riconquistare il potere nel Partito. Se non ce la fanno e non intravedono alcuna possibilità di riuscirci in un prossimo futuro non devono disperdersi ma riorganizzarsi per dar vita a un altro Partito autenticamente marxista-leninista. Così come insegnano, e in certi casi fatto, i maestri e i fondatori del PMLI.
Generalmente il centralismo democratico è attaccato dai revisionisti di destra, ma anche i revisionisti di "sinistra" non lo tollerano. Gli uni e gli altri si sentono oppressi e condizionati dal centralismo democratico e quindi operano per vanificarlo e smantellarlo, se non ideologicamente almeno nella pratica minando così la disciplina proletaria e l'unità del Partito.
Facendo il bilancio delle esperienze delle organizzazioni del Partito nell'Esercito rosso, Mao così denunciava e correggeva gli individualisti piccolo borghesi membri del Partito che, afflitti dall'"ultrasinistrismo", dallo spontaneismo, dall'avventurismo e dal soggettivismo, mettevano a repentaglio lo sviluppo e il successo della rivoluzione cinese.
"Da quando il 4° Corpo d'Armata dell'Esercito rosso ha fatto sue le direttive del Comitato centrale nelle sue file le manifestazioni di ultrademocratismo sono considerevolmente diminuite. Per esempio, è divenuto più facile applicare le decisioni del Partito, non si insiste più nella richiesta errata di attuare nell'Esercito rosso il cosiddetto 'centralismo democratico dal basso in alto' o di 'discutere i problemi alla base e poi prendere le decisioni in alto'. Di fatto, però, l'attenuazione dell'ultrademocratismo è soltanto un fenomeno apparente e momentaneo e non significa per niente che le concezioni ultrademocratiche siano completamente scomparse. In altre parole, continua Mao, l'ultrademocratismo resta ancora profondamente radicato nella coscienza di molti compagni. La prova è data, per esempio, dalle varie manifestazioni di riluttanza ad attuare le decisioni del Partito.
Per eliminare questo stato di cose bisogna:
1. Sul piano teorico, distruggere le radici dell'ultrademocratismo. Innanzi tutto bisogna sottolineare che esso è pericoloso in quanto danneggia, e potrebbe anche completamente distruggere, le organizzazioni di Partito; affievolisce, e potrebbe anche annullare, la capacità combattiva del Partito, rendendolo incapace di adempiere i suoi compiti di lotta e causando quindi la sconfitta della rivoluzione. Bisogna poi sottolineare che l'ultrademocratismo ha le sue radici nell'indisciplina piccolo-borghese. Quando essa penetra nel Partito si trasforma in concezioni ultrademocratiche in campo politico e organizzativo, concezioni assolutamente incompatibili con i compiti di lotta del proletariato.
2. Nel campo organizzativo, applicare rigorosamente il principio della democrazia sotto una direzione centralizzata. Ciò deve essere attuato secondo le seguenti linee:
1) Gli organi dirigenti del Partito devono tracciare una giusta linea direttrice e trovare la soluzione appropriata ai problemi che sorgono, in modo da porsi come centri di direzione.
2) Gli organismi superiori devono conoscere bene la situazione esistente negli organismi inferiori e le condizioni di vita delle masse, in modo da avere una base obiettiva per una giusta guida.
3) Nessun organismo di Partito, a qualsiasi livello, deve prendere decisioni avventate nel risolvere i problemi. Ma una volta presa, la decisione deve essere messa in pratica con fermezza.
4) Tutte le decisioni di una qualche importanza prese dagli organismi superiori devono essere comunicate immediatamente agli organismi inferiori e alla massa dei membri del Partito. A questo fine occorre convocare riunioni di attivisti o assemblee generali di cellula o anche assemblee dei membri del Partito nelle colonne (quando le circostanze lo permettono), e designare i compagni che dovranno fare rapporti.
5) Gli organismi inferiori del Partito e la massa dei membri del Partito devono discutere dettagliatamente le direttive degli organismi superiori, in modo da comprenderne appieno il significato e stabilire i metodi per attuarle.
Le idee in contrasto con i principi organizzativi
, continua ancora Mao, si manifestano nell'organizzazione di Partito del 4° Corpo d'Armata nei modi seguenti:
A. La minoranza non si sottomette alla maggioranza. Quando, per esempio, una proposta della minoranza viene respinta, questa non applica lealmente la decisione dell'organizzazione di Partito.
Per eliminare questo stato di cose occorre:
1. Far sì che nelle riunioni tutti i partecipanti abbiano la piena possibilità di esprimere il proprio parere. Determinare ciò che vi è di giusto e di errato in ogni problema controverso, rifuggire dai compromessi e le soluzioni formali. Se il problema non viene risolto, occorre discuterlo una seconda volta - se ciò non ostacola il lavoro - per arrivare a una chiara soluzione.
2. Una delle regole della disciplina di Partito è la sottomissione della minoranza alla maggioranza. Se il punto di vista della minoranza è stato respinto, questa deve aderire alla decisione approvata dalla maggioranza. Se necessario, può proporre un nuovo esame della questione nella riunione successiva, ma a parte ciò non deve compiere alcuna azione in contrasto con la decisione presa.
B. Critica che non osserva i principi dell'organizzazione:
1. La critica all'interno del Partito è un'arma per rafforzare l'organizzazione di Partito e accrescerne la capacità combattiva. Tuttavia, nell'organizzazione di Partito in seno all'Esercito rosso, la critica non ha sempre questo carattere e talvolta si trasforma in un attacco personale. Di conseguenza, danneggia non solo gli individui, ma anche l'organizzazione. E' una manifestazione d'individualismo piccolo-borghese. Per porre rimedio a questo stato di cose, occorre aiutare i membri del Partito a capire che lo scopo della critica è accrescere la capacità combattiva del Partito per raggiungere la vittoria nella lotta di classe, e che essa non deve diventare strumento di attacchi personali.
2. Molti membri del Partito esercitano la critica non all'interno del Partito, ma al di fuori. E questo perché i semplici membri del Partito non comprendono l'importanza dell'organizzazione di Partito (riunioni, ecc.) e ritengono che non vi sia alcuna differenza tra la critica fatta all'interno dell'organizzazione e quella fatta al di fuori. Per mettere fine a questo stato di cose è necessario educare i membri del Partito, perché si rendano conto dell'importanza dell'organizzazione di Partito e comprendano che le critiche al comitato di Partito o ai singoli compagni vanno fatte nelle riunioni di Partito"
(nell'opera suddetta, pp. 112, 113, 114, 115).
In questi ultimi anni la combattività del Partito, in genere, è molto cresciuta e maturata. Specie nella lotta contro il governo Berlusconi e il regime neofascista in cui il Partito è emerso come il vero e unico oppositore di classe del neoduce. Specie nella grande manifestazione di Genova in cui eravamo presenti con una coraggiosa e combattiva delegazione avente come capo il compagno Simone Malesci e come vice capi il compagno Denis Branzanti e la compagna Antonella Casalini, come nella precedente importante manifestazione di Napoli contro il Global forum in cui il compagno Franco Di Matteo ha svolto un ruolo chiave nella nostra delegazione. Specie in occasione del XIV Congresso nazionale della Cgil in cui i delegati membri del PMLI, bene istruiti, organizzati e guidati dal compagno Emanuele Sala, hanno svolto fino in fondo il ruolo di oppositori di sinistra alla linea borghese, riformista e istituzionale di Cofferati. Specie infine nella lotta in difesa dell'art. 18 in cui forse stiamo dando il meglio di noi stessi.
La nostra combattività ha toccato l'apice nella grandiosa e storica manifestazione del 23 marzo dove la nostra delegazione ufficiale diretta dal Segretario generale del Partito, applauditissima durante il corteo, ha ottenuto all'arrivo al Circo Massimo una inaspettata ovazione che rimarrà per sempre nella memoria e nel cuore del Partito e di tutti i membri della delegazione.
Sulla spinta di quest'onda di esperienze, di successi e di incoraggiamenti, dobbiamo continuare ad elevare la combattività dell'intero Partito e di tutti i suoi membri avendo una grande fiducia nelle nostre possibilità, nella linea del Partito, nelle nostre proposte e nelle nostre capacità, nonché nelle masse in lotta.
Per quanto sarà possibile dobbiamo aumentare il volume di fuoco contro il governo Berlusconi e i suoi provvedimenti economici, sociali, politici e militari, in difesa dell'art. 18 impegnandoci a fondo nel referendum e negli altri referendum sociali, per il rinnovo dei contratti di lavoro, per il blocco di tutte le tariffe e di tutti i prezzi, per l'aumento dei salari, degli stipendi e delle pensioni adeguato all'inflazione reale.
Dobbiamo stare in prima linea nelle lotte che si svilupperanno contro l'incombente aggressione imperialista all'Irak.
Meglio e più che nel passato abbiamo osato andare nella "tana del lupo" per stanarlo e infliggergli duri colpi. In questo lavoro tutto il Partito deve imparare dai compagni forlivesi, napoletani e fiorentini che quando hanno potuto sono riusciti a prendere la parola nei dibattiti pubblici organizzati da partiti o movimenti della "sinistra" borghese per smascherare i loro rappresentanti, in alcuni casi il sindaco, di fronte alla propria base. I compagni fiorentini hanno persino ottenuto la parola dal palco ufficiale a conclusione di una grande manifestazione dopo i fatti di Genova.
Forti di queste esperienze, dobbiamo utilizzare qualsiasi tribuna ci sembri adatta per farci conoscere, propagandare le nostre posizioni e proposte e confutare quelle errate. Ma bisogna farlo con cognizione di causa, conoscendo bene il tema in discussione, preparandoci accuratamente, usando la dialettica e le tattiche necessarie per farci capire e accettare, e tenendo sempre presente lo stato d'animo e il livello medio di coscienza politica dei presenti.
Mai dobbiamo andare impreparati, a testa bassa e a petto nudo a tali appuntamenti di confronto e di scontro. Dobbiamo essere coscienti che abbiamo a che fare con dei volponi e dei navigati imbroglioni politici. Dobbiamo quindi saperli affrontare senza complessi di inferiorità ma anche senza arroganza e con fare provocatorio.
Dobbiamo avere il coraggio di affrontare i nemici anche se al momento sono più forti di noi e godono di un maggior seguito di massa. Se agiamo con intelligenza tattica e con abilità dialettica è possibile batterli, come David fece con Golia.
Non dobbiamo dar tregua ai governi centrale e locali e ai partiti ad essi asserviti. Concentrandoci però sulla contraddizione principale che varia da città a città, da luogo di lavoro, di studio e di vita a un altro luogo analogo.
Le bandiere rosse dei maestri e del PMLI e i nostri cartelli non devono mai mancare nelle manifestazioni di massa quando siamo presenti ufficialmente. Se siamo soli, dobbiamo privilegiare la bandiera del Partito, salvo che non si disponga di un'asta per le doppie bandiere. Dobbiamo riportare in piazza i grandi ritratti di Stalin per ricordarlo in vista del 50° anniversario della sua scomparsa. Prendendo l'esempio dei compagni biellesi che l'hanno già fatto e in occasione della manifestazione promossa dall'Anpi della Valsessera per ricordare la gloriosa battaglia dei partigiani sull'Alpe di Noveis.
Il manifesto "Buttiamolo giù" deve sempre essere presente nei nostri spezzoni durante i cortei, le manifestazioni, gli scioperi, i blocchi stradali, ferroviari e navali.
L'8 Marzo, il 25 Aprile, il 1° Maggio, la ricorrenza della Liberazione dal nazi-fascismo della propria città, non devono mai mancare in piazza le bandiere del Partito. Se non ci sono manifestazioni e noi non siamo in grado di organizzarle da soli o con altri, occorre programmare una qualche iniziativa - banchino, mostre, presidi a monumenti, ecc., affinché in quelle date sventolino alte le nostre bandiere.
Esemplare l'esperienza dei compagni della Val Vibrata che ogni 1° Maggio issano la bandiera del PMLI su dei pioppi più alti della loro zona.
Nelle manifestazioni di massa quando rappresentiamo il Partito dobbiamo indossare con fierezza la camicia rossa, il fazzoletto rosso del Partito, le spille dei maestri e del Partito, e tenere bene in vista "Il Bolscevico".
Quando nelle manifestazioni non siamo col Partito e non rappresentiamo il Partito, ma siamo presenti in quanto operai, lavoratori, pensionati, disoccupati, sindacalisti, studenti, se tatticamente è ritenuto possibile e utile, dobbiamo indossare qualche simbolo del Partito, anche se è una sola spilla e tenere in tasca "Il Bolscevico".
Dobbiamo prendere la parola nelle assemblee sindacali, popolari e studentesche.
Non dobbiamo aver paura di nulla e di nessuno. Perché siamo nel giusto e lavoriamo per una nobile causa. Niente e nessuno ci può e ci deve fermare. Non dobbiamo temere lo scontro con i nemici di classe, anche se dovesse costarci dei problemi familiari e professionali e la repressione poliziesca e giudiziaria. Noi serviamo con tutto il cuore il popolo e per il popolo siamo disposti a patire il carcere e a donare la vita.
Per costruire un forte Partito occorrono dei quadri di acciaio, a prova di bomba, rotti a tutte le fatiche, alle difficoltà e alle incombenze della lotta di classe, fedeli al Partito, al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, al socialismo e al proletariato, capaci di organizzare, dirigere ed educare i militanti del Partito e le masse.
Oltre alla giustezza della linea politica e organizzativa, i quadri sono decisivi per la costruzione e lo sviluppo del Partito, per legare la classe operaia e le masse al Partito, aiutarle a risolvere i loro problemi immediati e conquistarle al socialismo.
"Qualcuno di voi forse potrà pensare - dice Stalin - che una volta tracciata una buona linea politica tutto finisca qui. No, in questo caso si è solo a metà dell'opera. Dopo aver tracciato una giusta linea politica è indipensabile scegliere i dirigenti in modo da mettere nei vari posti uomini che sappiano tradurre in pratica le direttive, che siano capaci di comprenderle, di adottarle come proprie e sappiano applicarle. In caso contrario la politica perde il suo significato, diventa uno sterile gesticolio... Creare dei dirigenti di partito - continua Stalin - è molto difficile: ci vogliono anni, cinque, dieci, più di dieci anni" (Stalin in Rapporto organizzativo del CC del PCR(b) al XII Congresso, 17 aprile 1923, Opere complete, vol. 5, pp. 253 e 264).
Noi di ciò siamo perfettamente consapevoli, in quanto fa parte anche dell'esperienza diretta del nostro Partito. Non a caso il Congresso ha dato una grande importanza alla formazione di quadri sul modello dei maestri.
Gli attuali dirigenti del Partito a tutti i livelli fanno l'impossibile per venire incontro alle necessità del Partito, salvo un caso su cui quanto prima dovremo prendere dei provvedimenti. Il Partito può senz'altro essere fiero e orgoglioso dei suoi dirigenti, compresi quelli della seconda linea alcuni dei quali svolgono degli incarichi preziosissimi per l'intero Partito nell'assoluto anonimato.
E' necessario però che i dirigenti siano ancora più forti, più preparati, più colti sui fronti teorico e politico, più coscienti delle loro responsabilità per il presente e per il futuro del Partito.
Noi, dirigenti nazionali membri del CC e dell'UP, dobbiamo elevare costantemente la nostra coscienza politica e il bagaglio della cultura rivoluzionaria fino al giorno dell'ultimo respiro. Mai dobbiamo staccarci dalla base del Partito, demoralizzarci per gli insuccessi, montarsi la testa per i successi.
Dobbiamo rafforzare il gioco di squadra nel rispetto rigoroso del centralismo democratico e dei ruoli, continuare a imparare gli uni dagli altri, a sorreggerci e incoraggiarci nelle difficoltà, a spronarci nel lavoro, ad avere cura del Partito come la cosa più cara della nostra vita.
Non dobbiamo tirarci indietro quando il Partito ci affida dei compiti nuovi a cui non ci sembra di essere portati. Non si può dire "non ci riesco", "non sono capace" perché si può fare qualsiasi cosa se si vuole e se ci appoggiamo al Partito. Il problema è se si è disposti o no a fare i sacrifici necessari per riuscirvi.
Noi dobbiamo tendere a essere dei dirigenti esemplari come Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Dobbiamo prendere esempio da loro anche per quanto riguarda la modestia, lo stile di vita, l'amore verso il Partito, la causa, le masse.
Più successi otteniamo, più siamo amati dal Partito e dalle masse, più dobbiamo essere modesti e umili. Mai dobbiamo metterci al di sopra del Partito e delle masse e ritenerci i migliori. I vecchi quadri del Partito non hanno mai sofferto di questa terribile malattia borghese.
Dobbiamo tenere viva la coscienza che la nostra vita appartiene oltre che a noi stessi al Partito, al proletariato e alla causa. Per questo abbiamo il dovere di tutelarla da tutti i pericoli materiali e da tutte le influenze borghesi, piccole borghesi e revisioniste di destra e di "sinistra", dalle amicizie e dalle pratiche sociali che possono nuocere alla nostra militanza marxista-leninista e al nostro ruolo di dirigenti.
Occorrono dei nuovi dirigenti per rendere più forte il Partito, e noi abbiamo il dovere di darglierli. Non possiamo aspettare il 5° Congresso che si è allontanato nel tempo.
Due compagni e una compagna, emersi prepotentemente nel lavoro di Partito, potrebbero benissimo occupare già il posto di membro candidato del Comitato centrale, al quale potremmo proporre la loro cooptazione.
Questa decisione sarebbe anche una risposta concreta alla questione posta dal Congresso circa la necessità di formare i successori della causa rivoluzionaria.
La nostra linea di sperimentazione di nuovi quadri non è stata certo intaccata dal fallimento di certe prove. Noi dobbiamo continuare ad aver fiducia nei nuovi quadri e aiutarli a diventare dei buoni dirigenti del Partito. Ne va della vita presente e futura del PMLI.

COSTRUIRE UN PARTITO RADICATO
Il radicamento, abbiamo detto in Congresso, è la questione principale che dobbiamo risolvere per costruire un grande, forte e radicato Partito. Una questione aperta da tempo e messa per la prima volta a fuoco nel documento del CC del 20 febbraio 1988 con la parola d'ordine "forgiare l'anello mancante" della catena della costruzione e dello sviluppo del Partito.
Dal Congresso a oggi indubbiamente abbiamo fatto in questo campo molti passi avanti e accumulato importanti esperienze. In certe città infatti il radicamento ha raggiunto un buono stadio e sta già dando i suoi primi frutti per quanto riguarda il legame con le masse, la visibilità, la credibilità e l'autorevolezza del Partito, la politica di fronte unito e delle alleanze, il proselitismo e il lavoro giornalistico. Qualche germoglio comincia a spuntare sul terreno sindacale e alcune esperienze sono state fatte sul fronte studentesco.
Non tutto il Partito però ha raggiunto questo stadio. In certi casi siamo ancora in uno stadio primordiale. Forse perché non si è capito l'importanza del radicamento, o per impreparazione e capacità, o per mancanza di forze che ci consentono di entrare in merito ai problemi dell'ambiente di cui facciamo parte (città, quartiere, provincia, regione e luogo di lavoro o di studio).
Ma anche là dove il radicamento è in atto occorre migliorarlo, approfondirlo, sistematizzarlo ed estenderlo. Dobbiamo quindi insistere nel chiarirci le idee sul radicamento ragionando un po' attorno alla parola d'ordine "Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulla priorità, studiare", che è la chiave della costruzione e dello sviluppo del Partito. Chi l'ha utilizzata interamente ha ottenuto degli ottimi successi, chi l'ha utilizzata parzialmente ha ottenuto qualche successo, chi non l'ha utilizzata affatto non ha ottenuto alcun successo.
E' quindi comprovato dalla pratica che senza lo studio si naviga a vista; senza concentrarsi sulle priorità non si sa dove andare e si gira a vuoto; senza radicarsi è come se fossimo degli apolidi, della gente estranea al proprio ambiente.
Ma cosa significa in concreto le tre parti che compongono la suddetta parola d'ordine?
Studiare significa conoscere e applicare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea del PMLI in riferimento alle questioni concrete politiche, sindacali, sociali, studentesche, culturali che dobbiamo risolvere e che riguardano il luogo dove siamo presenti. Significa conoscere e applicare i metodi di analisi dei maestri nell'esaminare e risolvere i problemi. Significa conoscere a fondo la propria città e ambiente di lavoro o di studio con le loro caratteristiche, problemi e contraddizioni. Significa conoscere la composizione, il programma, i bilanci, i piani urbanistici, le delibere, ecc. dell'amministrazione della propria città e le relative posizioni dei vari partiti, nonché le condizioni di vita e i problemi e le rivendicazioni delle masse. Significa conoscere la realtà sindacale del proprio luogo di lavoro e i problemi della propria scuola o università.
Concentrarsi sulle priorità significa stabilire i temi principali su cui centrare e sviluppare il lavoro politico, rivendicativo, di massa, organizzativo, propagandistico e giornalistico, in base alle necessità e ai bisogni più urgenti delle masse della propria città. Significa bombardare senza soluzione di continuità le proprie giunte comunale, provinciale e regionale.
Radicarsi significa applicare con forza il Programma d'azione in riferimento alle priorità prescelte. Significa intervenire con volantini, manifesti, documenti, comunicati stampa, conferenza stampa, dibattiti, in base alle possibilità concrete che abbiamo, sulle questioni che fanno parte delle priorità e che scoppiano improvvisamente. Due ottimi esempi di ciò sono costituiti dal documento dell'Organizzazione palermitana del PMLI sulla crisi idrica in Sicilia e l'articolo della Redazione napoletana de "Il Bolscevico" sul piano sanitario della Campania. Un esempio di radicamento a livello nazionale è costituito dallo studio sulla sanità in Italia pubblicato su "Il Bolscevico".
Come già stabilito dal Congresso noi dobbiamo radicarci soprattutto nel movimento operaio e sindacale e in quello studentesco. Conformemente a questa direttiva, salvo quelli che hanno compiti e ruoli particolari, i militanti e i simpatizzanti lavoratori e pensionati del Partito devono concentrarsi nell'azione nei propri luoghi di lavoro e nel sindacato, mentre i militanti e i simpatizzanti studenti devono agire nelle scuole, nelle università e nel movimento studentesco.
Dobbiamo perciò continuare a lavorare nella Cgil, attraverso "Lavoro società" finché ci converrà e non nasceranno nuove situazioni, e la Corrente sindacale di classe, tenendo tuttavia ferma la nostra strategia sindacale. Né Cofferati, né tanto meno il suo delfino e successore Epifani ci rappresentano a livello sindacale. Noi dobbiamo continuare tatticamente a dare a costoro tutta la corda di cui hanno bisogno per mandare avanti la lotta in difesa dell'art. 18 ma sulla base delle nostre parole d'ordine politiche e sindacali e della nostra strategia sindacale. Deve apparire chiaro ai lavoratori che noi non condividiamo né la strategia politica né quella sindacale di Cofferati e Epifani. E nemmeno la loro piattaforma rivendicativa inchiavardata sulla concertazione, la politica dei redditi, il libero mercato, le regole e le compatibilità del capitalismo.
Dobbiamo spingere in avanti la lotta sindacale e convincere i lavoratori ad andare sotto Palazzo Chigi per dare una bella spallata al governo Berlusconi.
Nel lavoro studentesco bisogna utilizzare le rivendicazioni specifiche del Programma d'azione e mettere in pratica le indicazioni che si trovano nelle coordinate del lavoro politico e di massa del PMLI.
Nel lavoro di radicamento tra i lavoratori, gli studenti, i no global, i movimenti antiberlusconiani a Napoli, Forlì, Firenze e Biella abbiamo compiuto delle importanti esperienze di fronte unito e di unità d'azione che non vanno disperse. Ad esse occorre che si ispiri tutto il Partito per generalizzarle e compierne altre, ora che sta scoppiando l'"autunno caldo" e che soffiano forti i venti della guerra imperialista.

L'AVVENIRE E' DEL PMLI, DEL PROLETARIATO E DEL SOCIALISMO
In conclusione, nonostante i problemi e le difficoltà incontrate in questo ultimo periodo, la tendenza è verso lo sviluppo nazionale e il radicamento locale del Partito. La recente apertura della nuova sede del Partito a Forlì, salutata con grande gioia da tutte le istanze, costituisce un chiaro segnale della crescita politica e organizzativa del PMLI.
I 5 grossi ostacoli che rallentano e rendono difficoltoso lo sviluppo del Partito sono ancora presenti nel nostro cammino. Ma il tempo, gli avvenimenti e l'esperienza crescente delle masse e la nostra opera lentamente li stanno rimuovendo. Quelli che per ora sembrano inamovibili sono il ferreo black-out che persevera verso il PMLI e la nostra povertà di mezzi e di risorse economiche. Sul primo potremo incidere ben poco, ma sul secondo possiamo e dobbiamo fare di più inventando qualcosa, anche a livello di Cellula, sul piano commerciale e delle sottoscrizioni.
Il prossimo tratto di strada che dobbiamo percorrere è duro, pieno di ostacoli e in salita, ma il traguardo del primo grande balzo del proselitismo e organizzativo si avvicina sempre più. Abbiamo ancora davanti quattro dei cinque anni d'oro che dobbiamo sfruttare a fondo per raggiungere questo storico traguardo.
Noi dobbiamo essere certi che l'avvenire è del PMLI, del proletariato e del socialismo. Dobbiamo però lavorare con una coscienza politica alta, responsabile e vigile, applicando e facendo applicare la linea e le decisioni del 4° Congresso, del CC e dell'UP affinché il Partito cresca bene e abbia un sicuro avvenire marxista-leninista.
"Il Bolscevico" sotto la direzione del compagno Achille ha svolto e continua a svolgere un importante ruolo nella costruzione e nello sviluppo del Partito. Andrebbe rafforzato con più redattori e con più pagine per poter rispondere meglio alle nuove esigenze del Partito.
Per quanto riguarda l'aumento dei redattori, sarà difficile far qualcosa a breve termine, ma almeno si dovrebbe tentare di recuperare, in tutto o in parte, e nel più breve tempo possibile, il bravo redattore che siamo stati costretti a impiegare in un altro fronte nevralgico.
Per quanto riguarda le pagine, potremmo tentare di aggiungerne quattro o almeno due. Non sarà un'opera indolore dal punto di vista economico, redazionale e organizzativo, ma le 12 pagine attuali da tempo ci stanno strette e non riescono più a contenere la crescente mole di articoli che arrivano dai corrispondenti locali e dai lettori del giornale. Non si tratta di compiere immediatamente questa importante operazione strategica, ma prima la si fa meglio è.
"Il Bolscevico" va utilizzato di più nelle diffusioni e nelle affissioni. Bisogna imparare dai compagni napoletani che in media ogni mese riescono a vendere 100-130 copie de "Il Bolscevico" attraverso le diffusioni nelle piazze, nelle manifestazioni e nelle edicole.
Ogni istanza dovrebbe diffondere "Il Bolscevico" almeno una volta al mese nelle piazze e nelle vie. Ogni città dovrebbe avere una bacheca pubblica del Partito dove poter affiggere "Il Bolscevico" come c'è a Villa Rosa, Nereto, San Benedetto del Tronto e Rufina. Tutti i membri del Partito, a partire dai dirigenti nazionali, devono amare, leggere, utilizzare e diffondere di più "Il Bolscevico". Dobbiamo tendere a creare in ogni città dei gruppi o circoli di amici de "Il Bolscevico".
Tutti quanti dobbiamo essere riconoscenti alle gloriose e generose Penne Rosse de "Il Bolscevico" che ogni settimana ci chiariscono le idee, ci orientano nel lavoro politico e ci informano sulla vita e le attività del Partito. A loro chiediamo di fare ulteriori sforzi per migliorare la produzione giornalistica nei contenuti e nella forma. C'è bisogno di articoli centrati sul tema, argomentati, documentati, dialettici e sintetici.
I redattori centrali e locali devono tenere presente che le tre fasi che precedono l'azione valgono anche per la redazione degli articoli.
Questa mattina, alla riuscitissima commemorazione di Mao, senza parlare dell'applauditissimo saluto a nome del CC della compagna Monica Martenghi, tramite il brillante e militante discorso del compagno Loris Sottoscritti, che ringraziamo di cuore per questo suo importante contributo, abbiamo inflitto un colpo durissimo al neoduce Berlusconi. E' da quando è salito a Palazzo Chigi che lo martelliamo senza soluzione di continuità. Dobbiamo insistere su questa linea attaccandolo da tutti i lati e su tutte le questioni.
Deve apparire con chiarezza agli occhi delle masse che il PMLI è il vero e unico oppositore di classe al governo Berlusconi. In tal modo attireremo nuove forze e nuovi consensi al nostro Partito e influenzeremo maggiormente i movimenti antiberlusconiani. Noi ci dobbiamo unire con tutte le organizzazioni e i movimenti politici, sindacali, sociali, culturali e religiosi che combattono contro il neoduce e vogliono abbatterlo. Al contempo però dobbiamo lottare affinché questa battaglia si svolga sulla base della nostra strategia per il socialismo. Ora che le masse si sono svegliate e scendono in piazza, per noi sarà sempre più facile farsi ascoltare e far capire che l'avvenire della classe operaia e delle masse sta nel socialismo.
E' inevitabile che la grande bandiera dell'Italia unita, rossa e socialista diventi progressivamente la bandiera di tutti gli sfruttati e gli oppressi del nostro Paese. Il rosso ritornerà di moda, di gran moda, e i nostri maestri conquisteranno i cuori del proletariato e delle nuove generazioni. Noi riusciremo a far giganteggiare Stalin nella manifestazione pubblica che terremo a Firenze in occasione del 50° anniversario della sua scomparsa. Sarà un grande avvenimento storico che darà una forza mai avuta al nostra amato Partito.
Intensifichiamo i nostri sforzi per costruire un grande, forte e radicato PMLI!
Lottiamo per difendere ed estendere l'art. 18!
Opponiamoci all'aggressione imperialista all'Irak!
Né un soldo, né un soldato, né una base, né qualsiasi aiuto dell'Italia all'aggressione imperialista all'Irak!
Buttiamo giù il governo del neoduce Berlusconi!
Lottiamo per l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi maestri vinceremo!