Dopo oltre 30 anni di lotta dell'associazione delle vittime
Sentenza storica: l'amianto uccide
Il tribunale di Torino condanna a 16 anni i manager dell'Eternit De Cartier e Schmidheiny per la morte di 2.100 persone. Risarcimenti milionari alle parti civili

Il 13 febbraio 2012 il Tribunale di Torino, presieduto da Giuseppe Casalbore, ha finalmente pronunciato la sentenza del più grande processo penale nel mondo per le morti causate da amianto: la multinazionale svizzera Eternit, nelle persone dei magnati Stephan Schmidheiny e Louis De Cartier è stata dichiarata "colpevole" per la morte di 2.100 persone.
Dopo due anni di processo e 66 udienze, gli imputati sono stati entrambi condannati a 16 anni e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici, "per aver omesso di adottare idonee misure di sicurezza per i dipendenti degli stabilimenti di Casale Monferrato e Cavagnolo" (provincia di Alessandria), in particolare per la strage avvenuta dopo il 13 agosto 1999. Il barone De Cartier (91 anni) è stato riconosciuto colpevole di disastro ambientale doloso a partire dal 27 giugno 1966, e Schmidheiny (65 anni) dal 18 settembre 1974.
Il processo ha anche accertato e certificato che "i dipendenti dell'Eternit ed i cittadini delle aree circostanti agli stabilimenti (comprendenti ben 48 comuni) sono stati vittime della consapevole condotta dei manager che, a fronte del successo commerciale del loro prodotto, si sono disinteressati dei danni alla salute creati dalle tecniche di lavorazione dell'amianto, sempre più evidenti nel tempo". Le parti civili del processo (più di seimila tra malati, parenti delle vittime, sindacati, istituzioni locali e associazioni) sono riuscite ad ottenere il risarcimento dei danni: 100mila euro ciascuna per Cgil, Cisl Piemonte e Torino, Feneal, Uil Piemonte e Alessandria, Ass. Vittime Amianto, 70mila euro per Wwf e Medicina Democratica, 25 milioni per il comune di Casale Monferrato, 4 milioni per il Comune di Cavagnolo, 5 milioni alla provincia di Alessandria, 20 alla regione Piemonte, oltre a una provvisionale all'Inail di 15 milioni di euro. In tutto, per i familiari delle vittime, si dovrebbe arrivare a 95 milioni.

"La sentenza non è un punto di arrivo, ma di partenza"
"È una bella vittoria anche se con molto dolore: non ho mai pianto, speravo di piangere oggi ma non ci riesco. Questa lista infinita fa troppo male, ma non dobbiamo dimenticare". Con queste parole l'83enne Romana Blasotti Pavesi, 60mila euro di risarcimento per avere perso cinque parenti tra cui il marito e una figlia per mesotelioma, e simbolo del movimento di lotta all'amianto di Casale, ha commentato la condanna dinanzi al Palazzo di Giustizia di Torino presidiato dalle masse popolari. "Anche se sappiamo che non abbiamo finito di soffrire - ha aggiunto - è una soddisfazione essere arrivati fin qua e spero che i giovani proseguano la nostra lotta". Ad assistere alla sentenza di condanna erano presenti anche gli operai della ThyssenKrupp.
Secondo il procuratore Guariniello, che ha istruito il processo e si è occupato di sicurezza sul lavoro fin dagli anni '70, la sentenza "può dire una parola di speranza per tutte le popolazioni che sono state esposte all'amianto e... per tutte le altre grandi tragedie del lavoro e dell'ambiente che si consumano nel mondo".
La classe operaia, i lavoratori e l'intero popolo italiano devono quindi ringraziare la coraggiosa "Associazione delle vittime di Casale Monferrato", i veri protagonisti di questa importante e storica vittoria. Non va dimenticato comunque che ci sono voluti ben trent'anni di lotte e sacrifici per inchiodare i padroni alle loro responsabilità ed ottenere un minimo di giustizia.
"La sentenza emessa oggi dal tribunale di Torino nel processo contro i proprietari dell'Eternit di Casale Monferrato è sicuramente di portata storica" per Maurizio Marcelli, coordinatore nazionale dell'Ufficio salute, ambiente, sicurezza della FIOM secondo il quale "il significato della sentenza si estende ai comportamenti di tante aziende senza scrupoli che, negli anni, hanno permesso che l'amianto potesse continuare a far morire lavoratori e cittadini".
Gli echi della sentenza di Torino hanno risuonato anche all'estero. La leader del movimento che si oppone alla lavorazione dell'amianto in Brasile, Fernanda Giannasi, ha detto: "Casale e gli italiani devono essere soddisfatti per la sentenza di oggi. Una sentenza che aiuta il Brasile dove si lavora ancora l'amianto, potrebbe salvare tante vite nel mio paese". Il quotidiano francese "Le Monde" ha denunciato che "in Italia è una procura indipendente che ha deciso di aprire un'istruttoria. Invece in Francia (dove è il governo che nomina i procuratori!) si è fatto di tutto per frenare l'istruttoria e ritardare il processo. La sentenza italiana interpella l'istituzione giudiziaria francese". Si complimentano e si preparano a dare battaglia anche gli ex-operai svizzeri dell'Eternit.

Bonificare il territorio dall'amianto-killer
Riferendosi al tentativo di spaccare il fronte di lotta e chiudere la vicenda con un colpo di spugna accettando le elemosine proposte da Schmidheiny, tentativo messo in atto nel dicembre scorso, con un colpo di mano notturno, dal neopodestà di Casale Monferrato, Cesare Demazzi che ha poi dovuto fare marcia indietro per la collera popolare, il sindaco di Ozzano, Davide Fabbri, ha voluto ribadire che "il Monferrato è uno, non sono tanti pezzetti ed è giusto che ci sia un fronte comune". Stessa condanna dei crumiri da parte del sindaco di Mirabello, Luca Gioanola: "Il Comune non deve ragionare come un'impresa ma deve essere in grado di leggere le sensibilità e le volontà di un territorio".
Il sindaco di Conzano, Emanuele De Maria ha commentato: "sentir leggere tutti i nomi è stata un'emozione forte, toccante. La sentenza di condanna è solo il primo passo. Ora c'è un punto fisso che indica la giusta strada". Anche Paola Robotti, sindaco di Valmacca si è detta soddisfatta, anche se "credo che i risarcimenti non siano adeguati. Quelle persone hanno creato troppo male sul nostro territorio... devono ripagarci adeguatamente". Gli ha fatto eco il sindaco di Ponzano, Paolo Lavagno: "si deve continuare la lotta per recuperare i soldi che spettano ai piccoli Comuni... l'amianto è presente massivamente sul territorio e va bonificato". "Uniti quindi per bonificare l'amianto dalle colline monferrine" è anche la promessa del sindaco di Odalengo Grande, Fabio Olivero, di Claudio Saletta, sindaco di Sala Monferrato: "Un passo fondamentale per stabilire le responsabilità degli imputati. Questa vicenda non è finita, è appena cominciata" e di Teresa Zaccone, sindaco di San Giorgio, che auspica "un percorso più ampio e che possa coinvolgere l'intero territorio".

Da Bagnoli e da Rubiera: "Non ci sono morti di serie B"
Forti della sentenza, si preparano a dare battaglia anche le associazioni che riuniscono i familiari degli operai morti per l'amianto degli altri stabilimenti dell'Eternit: "Se vi è una condanna - si legge su un forum in Internet dedicato al processo - non può essere per alcuni, deve essere per tutti. I miei genitori sono entrambi malati, sono stati lavoratori di Bagnoli (Napoli) e hanno lavorato dal 1960 al 1984. I loro amici del lavoro con i quali condividevano 3 turni si contano sulle dita di una solo mano. Attendo risposte dagli avvocati a cui ci siamo affidati".
"La sentenza pronunciata dal Tribunale di Torino sul caso Eternit è esemplare e ripaga di tante battaglie sindacali. Tuttavia, resta incomprensibile la prescrizione del reato a Bagnoli. Il giudizio rischia di apparire iniquo rispetto a quanto deciso per gli altri siti" denuncia Franco Tavella, Segretario generale della CGIL Campania. "A Bagnoli - sottolinea Giovanni Sannino, Segretario FILLEA CGIL Campania - si continua a morire di cancro a causa dell'inquinamento provocato dall'Eternit e dalla mancanza di qualsiasi misura di prevenzione. Nell'area, ancora oggi, permane una contaminazione da amianto perché la bonifica è giunta solo al 50% a causa dell'esaurimento dei fondi. Ciò si è verificato perché nella zona è stato ritrovato più amianto del previsto. Dalle deposizioni fatte alla magistratura, inoltre, si evince che l'inquinamento non riguarda solo l'area della fabbrica, ma tutta quella circostante a causa dell'illegale smaltimento dei residui". "Per tali ragioni - conclude Tavella - riteniamo che a Bagnoli e nelle aree vesuviane si sia prodotto un vero e proprio disastro ambientale permanente che provoca ancora morti. La CGIL regionale, nell'attesa di leggere le motivazioni della sentenza, sta sin d'ora valutando gli elementi di merito della decisione per ricorrere in appello. Il sindacato, inoltre, sarà impegnato per mettere in campo tutte le iniziative possibili affinché a Bagnoli si ripristini la legalità, sia fatta giustizia e non cali il silenzio".
Non deve calare il silenzio neanche sui morti di Rubiera (in Emilia-Romagna). Ernesto D'Andrea, il legale che rappresenta la provincia di Reggio Emilia e 45 famiglie delle vittime reggiane che lavoravano nello stabilimento Icar (poi diventato Eternit) di Rubiera, fornisce alcuni chiarimenti: "Non è corretto dire che il tribunale di Torino ha imposto la prescrizione per tutte le vittime di Rubiera. La prescrizione è stata riconosciuta solo per alcuni periodi, ecco perché alcune richieste di risarcimento sono passate e altre no".
Anche la classe operaia e le masse popolari liguri sono pronte a scendere in campo visto che la loro regione è la più colpita in numero di morti per esposizione all'amianto, mentre un nutrito gruppo di medici di base della Valle di Susa hanno sottoscritto un dossier nel quale si denunciano i pericoli dovuti alla presenza di amianto e uranio nelle gallerie della famigerata Tav.
Più in generale dall'ecatombe delle morti bianche, al lavoro nero, dal precariato generalizzato ai tentativi del governo di abolire articolo 18, contratti nazionali e Statuto dei lavoratori, la sentenza di Torino ha avuto il merito di rimettere all'ordine del giorno il tema scottante della vita e dei diritti dei lavoratori, calpestati dalla legge del massimo profitto capitalista e dallo Stato che ne regge le sorti. Non occorre forse indagare, perseguire i responsabili, risarcire le popolazioni e bonificare i territori assediati dall'inquinamento delle matrici ambientali (acqua, aria, suolo ed alimenti) e dai rifiuti tossici e radioattivi? Non occorre subito fare chiarezza sulla relazione tra tumori e malformazioni, e ad esempio, i campi elettromagnetici? Possiamo aspettare altri cinquant'anni?

Gli strilli dei padroni
Il ministro della Salute, Renato Balduzzi, ha voluto in qualche modo gettare acqua sul fuoco con la seguente menzogna: "la sentenza è la conclusione di una lunga battaglia che ha visto fianco a fianco la Repubblica, nel senso di tutti i livelli istituzionali, e il pluralismo sociale, in particolare forze sindacali e associazionismo dei familiari delle vittime".
Al di là delle dichiarazioni di rito e della solita ipocrisia di governanti e leader politici borghesi, la verità e che il governo e i padroni sono andati su tutte le furie. Significativo il messaggio lanciato dalla difesa degli imputati: "Un capo di una multinazionale che ha stabilimenti in tutto il mondo, con una sentenza del genere viene reso responsabile di quello che accade in tutti gli stabilimenti" e questo "è certamente un problema per gli investimenti che dovessero avvenire in Italia". Un ricatto, quello della "fuga di capitali", che viene utilizzato dai pescecani capitalisti nostrani e stranieri per giustificare la necessità di rinunciare al diritto alla salute sul posto di lavoro e più in generale a tutti i diritti conquistati dai lavoratori in decenni di lotte, con il sudore e con il sangue.
Che la salute sia un bastone piantato tra le ruote del sistema capitalistico italiano è sempre stata la tesi della Confindustria. È anche la tesi dell'ex-presidente dell'Enel e attuale presidente del Forum nucleare, uomo che proviene dalla "sinistra" borghese, il manager plurimiliardario Chicco Testa, che non perde occasione per propagandare l'aberrante tesi della "monetizzazione del rischio". Egli, a proposito dei miseri risarcimenti alle famiglie delle vittime disposti dai criminali della Costa Crociere, in sostanza, ha invitato i familiari delle vittime ad "accontentarsi" degli spiccioli.

22 febbraio 2012