I servizi segreti bipartisan non ci piacciono
Eccessivi poteri al premier. Gli agenti avranno licenza di commettere reati

Il 1° agosto la commissione Affari costituzionali del Senato in sede deliberante, e quindi definitiva, ha approvato all'unanimità (dicasi unanimità) la "riforma" dei servizi segreti. Una legge bipartisan, dunque, che è stata infatti prontamente esaltata dal capo dello Stato come un evento "che incoraggia ad avere fiducia nella possibilità di ponderate e trasparenti intese tra gli opposti schieramenti sui temi di interesse generale per lo sviluppo delle istituzioni democratiche. In special modo - ha sottolineato l'inquilino del Quirinale fregandosi le mani all'idea di altri inciuci futuri tra Unione e Casa del fascio da lui tanto ostinatamente invocati - quando si tratti, come in questo caso, di provvedimenti che nascano da un'elaborazione condivisa e da una discussione costruttiva nelle commissioni e nelle assemblee parlamentari". Anche il guardiano della Camera Bertinotti ha voluto unirsi al tripudio di Napolitano dichiarando che la "riforma" bipartisan licenziata dal Senato "è un elemento certamente all'attivo del Paese".
In effetti il rinnegato del Quirinale e l'imbroglione trotzkista di Montecitorio hanno di che rallegrarsi pensando alle nuove occasioni che si riaprono al dialogo tra i due poli del regime neofascista sulla nuova legge elettorale e sulla controriforma della Costituzione, visto che la "riforma" bipartisan dei servizi segreti è nettamente ispirata e modellata al neofascismo e al presidenzialismo che, insieme al federalismo, si vuole impiantare stabilmente nelle istituzioni e nel Paese.
I nuovi servizi segreti varati dal parlamento nero, infatti, si distinguono dai vecchi non certo per maggiore democrazia e trasparenza, ma al contrario per una ancor più drastica centralizzazione del potere nelle mani dell'esecutivo, e in particolare del premier, che viene ad assumere un ruolo di capo assoluto, con poteri assai simili a quelli che aveva Mussolini con l'Ovra e in genere con la polizia segreta del regime fascista. Gli altri due poteri, parlamento e magistratura, e in particolare quest'ultima, vedono al contrario ridursi ulteriormente il loro già esiguo potere di controllo e di intervento sull'operato dei servizi. Un operato storicamente e abitualmente illegale ed eversivo, che ora viene in una certa misura "legalizzato" concedendo ufficialmente agli agenti la facoltà di commettere reati per motivi di servizio, e creando tutta una serie di ostacoli alle intrusioni dei magistrati ficcanaso.

La nuova struttura presidenzialista dei servizi segreti
La legge delega, che sarà seguita entro 180 giorni dai regolamenti attuativi emanati dal governo, prevede una struttura del nuovo "Sistema per la sicurezza della Repubblica" in cima alla quale sta il presidente del Consiglio dei ministri. Sotto di lui stanno un'eventuale Autorità delegata (generalmente un suo sottosegretario, che esercita la direzione a suo nome e a lui risponde), un Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) e il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), che in parte sostituisce l'attuale CESIS, come struttura intermedia tra servizi militari e interni, ma che avrà anche funzioni ispettive, di custodia degli archivi e di formazione del personale. Vi sono poi i due servizi veri e propri, denominati "agenzie" per adeguarsi alla terminologia americana, che sono l'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE), che sostituisce l'attuale SISMI e l'Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI), che prende il posto dell'attuale SISDE. Ma queste due agenzie, la prima operante nell'ambito del ministero della Difesa e la seconda del ministero dell'Interno, non dipendono più da questi ultimi, e nemmeno dal DIS, ma rispondono direttamente al presidente del Consiglio. Si ha cioè un trasferimento di potere dai ministri al premier, conferendo un marcato carattere presidenzialista alla "riforma".
I nuovi poteri del premier sono quindi molto più ampi del passato, dove formalmente avevano più un carattere di controllo e di indirizzo, mentre la gestione effettiva spettava ai direttori dei servizi, che lo tenevano informato: ora egli non solo esercita la direzione effettiva di ogni organo del sistema, ma nomina e revoca i direttori e i vicedirettori del DIS e delle agenzie, determina l'ammontare annuo delle risorse finanziarie, può chiedere in qualsiasi momento all'autorità giudiziaria copie di atti e procedimenti penali e informative scritte "indispensabili" per i servizi, oltre a conservare il potere di apposizione, tutela e conferma del segreto di Stato.
Non sarà soltanto il premier ad avere più potere sui servizi segreti, ma anche questi ultimi sulle altre istituzioni e nella società in generale. DIS, AISE e AISI potranno chiedere per esempio la "collaborazione", anche "logistica" di tutte le pubbliche amministrazioni e dei soggetti di pubblica utilità (es. società di telecomunicazioni, banche dati ecc.) e potranno stipulare convenzioni con università e centri di ricerca, ivi compreso l'accesso ai loro sistemi informatici: in altre parole si ufficializza la militarizzazione strisciante della vita civile e del sapere di mussoliniana memoria.
Se il premier ha piena facoltà di richiedere atti e documenti su procedimenti della magistratura, viceversa questa è soggetta a tutta una serie di limitazioni e intralci: può solo richiedere ai servizi ben precisati e specifici atti e "strettamente indispensabili" alle indagini, e può solo esaminarli sul posto. Inoltre se il documento coinvolge un servizio straniero, l'esame va sospeso in attesa dell'apposizione o meno del segreto di stato da parte del premier, che può prendersela comoda, avendo 30 giorni di tempo per decidere. Se i documenti richiesti coinvolgono anche stranieri, occorre anche il loro accordo. Stessa procedura se il responsabile dell'ufficio eccepisce egli stesso il segreto: tutto si blocca per 30 giorni in attesa dell'insindacabile conferma o meno da parte del premier.

Licenza di violare la legge
Vi è poi il capitolo, emblematico del regime neofascista in cui ci troviamo ed è stato concepito, delle cosiddette "garanzie funzionali". Non è ancora la "licenza di uccidere" accordata dal criminale Bush agli agenti CIA, ma ne è perlomeno l'anticamera, e comunque risponde allo stesso principio: la facoltà cioè per i nostri 007 di infrangere la legge, una volta ricevuta l'autorizzazione del premier o dell'Autorità delegata (o in caso di urgenza dal direttore del servizio con successiva conferma del premier entro 24 ore), come "causa di giustificazione" ai fini del servizio. Ovvio che dopo gli scandali che hanno coinvolto il SISMI in casi giudiziari gravi come il rapimento di Abu Omar, i falsi dossier di Pio Pompa, lo spionaggio Telecom ecc., il parlamento nero abbia dovuto mettere per adesso dei limiti a questo pericoloso congegno. Cosicché la causa giustificativa non è concessa per i delitti diretti a mettere in pericolo la vita o la libertà delle persone, per le sedi dei partiti, dei sindacati, delle assemblee elettive e nei confronti di giornalisti professionisti, nonché per i reati per i quali non è opponibile il segreto di Stato, con l'esclusione però degli articoli 270-bis (terrorismo) e 416-bis (mafia), per i quali la causa giustificativa è comunque ammessa.
Ma il caso Pollari-Abu Omar ha fatto scuola anche in senso opposto, suggerendo al governo e al parlamento nero come mettere i bastoni fra le ruote ai magistrati troppo curiosi. Così, d'ora in poi, l'autorità giudiziaria che intercetti comunicazioni di servizio di agenti, è tenuta a disporre l'immediata secretazione e custodia dei documenti e dei supporti, e a trasmetterne copia alla presidenza del Consiglio che ha 60 giorni di tempo per decidere se apporre il segreto di Stato. Nel frattempo i giudici non possono usare il materiale, salvo che non ci sia "pericolo immediato" di inquinamento delle prove o di fuga, e comunque solo se i reati oggetto dell'indagine prevedono pene non inferiori ai 4 anni. È facile capire come con questo meccanismo il manico del coltello ritorni nelle mani del premier e dei servizi, che potranno conoscere nei minimi particolari gli elementi e le accuse raccolti dai giudici e avranno tutto il tempo per aggiustare le cose, oltre naturalmente alla risorsa estrema del segreto di Stato.
Vero che in caso di controversia interviene la Corte costituzionale, per la quale non vale il segreto di Stato, ma intanto, come dimostra il processo Pollari-Abu Omar, tutto si blocca, procedimento e indagini comprese. Anche se un agente chiamato a testimoniare si rifiuta invocando il segreto di Stato, le indagini devono essere immediatamente sospese in attesa della conferma da parte del premier, che ancora una volta se la può prendere comoda per un mese. Se poi c'è la conferma, l'autorità giudiziaria non potrà più usare le notizie emerse dalla testimonianza, neanche in forma indiretta. In sostanza quel ramo dell'inchiesta si secca e cade per sempre.
Quanto alle cosiddette "restrizioni" al segreto di Stato, tanto sbandierate dalla "sinistra radicale" per giustificare la sua vergognosa complicità in questa controriforma bipartisan neofascista e presidenzialista, si tratta solo di fumo e niente sostanza. Vero che adesso è stato fissato il limite di 15 anni, ma il premier ha facoltà di prorogarlo fino a 30. E in tutto questo tempo ne passa di acqua sotto i ponti! Testimoni che muoiono o ritrattano, documenti che spariscono, memorie che svaniscono, reati che si estinguono per decorrenza dei termini o per effetto di nuove leggi, fino a far naufragare nell'indifferenza generale (specie se c'è volontà "bipartisan" in questo senso), l'eventuale verità emergente, salvo che per una minoranza di storici di professione e di oppositori irriducibili del regime. Non riusciamo proprio a vedere come il presidente dell'Associazione vittime della strage di Bologna, Paolo Bolognesi, abbia potuto cogliere in ciò "un segnale importante per sperare di arrivare a tutta la verità sulla strage".
A noi invece questi servizi segreti bipartisan non piacciono per niente, non rappresentano affatto una "rottura" col passato, come cianciano i falsi comunisti del PRC e del PdCI che hanno retto il sacco all'inciucio tra l'Unione e la Casa del fascio, bensì nient'altro che una fotocopia, ritoccata e aggiornata alla situazione politica attuale, del progetto a suo tempo elaborato dal neofascista Frattini per conto di Berlusconi, cogliendo a volo l'occasione dell'attentato alle torri gemelle dell'11 settembre 2001. Un'altra vergognosa prova della continuità e contiguità del governo del dittatore democristiano Prodi con il governo neofascista del neoduce Berlusconi che l'ha preceduto.

29 agosto 2007