Il 12,9% della popolazione tira la cinghia con meno di 500 euro al mese
7,5 milioni di poveri in Italia, il 65% vive nel Sud
Per il PRC: "La Finanziaria va nella giusta direzione"
Mentre i ricchi diventano sempre più ricchi, la povertà soffoca una larga fetta della popolazione.
Il rapporto sulla povertà relativa presentato dall'Istat il 4 ottobre scorso ha contato ben 7 milioni e 537 mila italiani poveri, pari al 12,9% della popolazione e al l'11,1% delle famiglie (2 milioni e 623 mila nuclei). Si tratta della stessa percentuale dello scorso anno. Negli ultimi quattro anni, dice l'Istat, la povertà è "sostanzialmente stabile così come sono immutate le principali caratteristiche delle famiglie in condizioni di povertà". Il fatto che non sia aumentata non rende meno drammatico il fenomeno. Anzi rende ancor più chiare le responsabilità della classe dominante borghese e dei governi locali e centrali nell'impoverimento delle masse popolari italiane. Tanto più che si continuano a nascondere, come denuncia anche il sindacato Istat Usi-Rdb Ricerca, i dati sulla povertà assoluta (che viene calcolata su un paniere di beni e servizi essenziali per la sopravvivenza), ossia il dato più significativo in ordine al reale stato di indigenza del paese.
Ma partiamo dal metro di misura usato dall'Istat: la povertà relativa è quella che l'Istat calcola sulla spesa familiare per consumi fissata nel 2006 a 970,34 euro mensili per una famiglia di due persone (+3,6% rispetto al 2005). Sotto tale soglia di consumi si è considerati poveri.

Il Sud "capitale" della povertà
Sulla base di questi dati l'Istat ha calcolato che nel 2006 circa un milione e 142 mila famiglie (il 4,8% delle famiglie residenti) risultano "sicuramente" povere, ossia con livelli di spesa mensile inferiori alla linea standard di oltre il 20%. I tre quarti di queste famiglie vivono al Sud. Per contro tra le famiglie non povere, ce ne sono ben 1 milione e 900 mila, (pari all'8,1% del numero complessivo dei nuclei familiari) che è a rischio di povertà, giacché i loro consumi superano appena di 10-20% quelli della soglia standard. E delle famiglie non povere del Sud ben il 17% è a rischio di povertà. Dati, questi che fanno dell'Italia il paese europeo con i più alti livelli di disuguaglianza tra il Nord e il Sud del Paese.
Nel Mezzogiorno è povera una famiglia su 4 (il 22,6%) e vi risiede il 65% del totale nazionale delle famiglie povere. Il restante 35% vivono nel Centro-Nord nonostante qui risieda il 68% del totale delle famiglie. Particolarmente colpite dalla povertà la Sicilia, dove è povero il 27,8% dei nuclei familiari e la Calabria (il 28,9%).
Non solo. Nel Mezzogiorno a una più ampia diffusione del fenomeno si associa anche una maggiore intensità della povertà: le famiglie povere presentano una spesa media mensile minore del 22,5% (pari a 752,01 euro) a quella fissata dalla soglia di povertà, contro il 17,8% e 16,9% rilevati rispettivamente nel Nord e il Centro.
E non è tutto. Nel Mezzogiorno neppure avere un lavoro mette al riparo dalla povertà. Solo tra le famiglie di imprenditori e liberi professionisti l'incidenza della povertà scende sotto la media nazionale (9%). Mentre figurano in povertà relativa il 13,3% delle famiglie di dirigenti e impiegati, e sale al 27,5% per gli operai e assimilati (il 13,8% a livello nazionale).

Le caratteristiche delle famiglie povere
Al disagio economico si lega indissolubilmente la presenza di più figli. Quasi un quarto (il 24,3%) delle famiglie con cinque o più componenti (ossia coppie con tre o più figli o famiglie con membri aggregati) risulta relativamente povero e lo è oltre un terzo (il 37,5%) di quelle residenti nel Mezzogiorno.
Se poi questi figli sono minori, il disagio economico diventa ancora più marcato. L'incidenza della povertà, pari al 14,5% tra le coppie con due figli e al 25,6% con quelle con tre figli, sale rispettivamente al 17,2% e al 30,2% quando i figli sono di età inferiore ai 18 anni. Il fenomeno, ancora una volta risulta maggiormente diffuso nel Mezzogiorno, dove risiede anche la maggior parte delle famiglie numerose con tre o più minori, e dove ben una famiglia su due risulta in condizioni di povertà relativa.
Forte il peggioramento delle condizioni degli anziani. In particolare al Nord, dove l'incidenza della povertà è aumentata tra gli anziani soli, dal 5,8% al 8,2%, tra le coppie di anziani (dal 6,3% all'8,1%) e tra i monogenitori anziani (dal 7,2% all'11,2%), soprattutto donne con figli.
La povertà è infine associata ai bassi livelli di istruzione, ai bassi profili professionali (working poor) e all'esclusione dal mercato del lavoro. Basta dire che è povero circa il 50% dei nuclei familiari senza occupati o senza persone che abbiano lavorato per un periodo più o meno lungo e dunque prive di un reddito da pensione. Mentre l'incidenza della povertà tra le famiglie dove due o più componenti sono in cerca d'occupazione è di quasi quattro volte superiore a quella delle famiglie senza disoccupati.
Di fronte a tali dati fanno cascare le braccia le dichiarazioni del ministro Ferrero (PRC), che pur riconoscendo che siamo di fronte ad "una vera emergenza", ha il coraggio di affermare che la Finanziaria varata dal governo Prodi va bene così perché ci sarebbero "molti punti che indicano come si stia andando nella giusta direzione". Ma quale film ha visto Ferrero? Come può affermare ciò, se il pugnello di misure che dovrebbero favorire i poveri (come ad esempio l'una tantum) è largamente compensato da altre misure antipopolari che non faranno altro che produrre nuovi poveri, a partire dal taglio delle pensioni, dalla mancata cancellazione della legge 30 sul precariato, dall'assenza di misure in difesa del potere d'acquisto dei lavoratori dipendenti, sempre più eroso e taglieggiato dal fisco, dal caro-vita e dal caro-tariffe.

24 ottobre 2007