Shevardnadze cacciato via dalla piazza per brogli elettorali

L'opposizione occupa il parlamento e nomina un presidente ad interim
Il 22 novembre il presidente Shevardnadze stava pronunciando in parlamento il discorso di insediamento del nuovo governo dopo le elezioni del 2 novembre ma era interrotto dall'irruzione nell'aula di manifestanti che a gran voce gli ripetevano la stessa richiesta da settimane gridata nelle piazze: "dimettiti". Gli agenti della sicurezza lo trascinavano fuori mentre sosteneva "non me ne andrò". Il 23 novembre dopo un colloquio con il ministro degli Esteri russo Ivanov, col parlamento sempre occupato e con i dimostranti ancora in piazza nella capitale Tbilisi, Eduard Shevardnadze annunciava le sue dimissioni. Cioè era costretto a prendere atto della rivolta scatenata dai brogli elettorali commessi dal suo partito nelle elezioni, vinte con la frode; se ne andava cacciato via dalla piazza.
La speaker del parlamento, Nino Burdzhanadze, a norma di Costituzione e col sostegno dell'opposizione diventava il 24 novembre presidente ad interim in attesa di nuove elezioni che si terranno probabilmente il 4 gennaio. La data era stabilita il 25 novembre dal parlamento eletto nel 1999 dopo che la mattina stessa la Corte costituzionale aveva annullato le elezioni del 2 novembre.
Shevardnadze era stato eletto alla carica di presidente nel novembre 1992; l'ex ministro degli Esteri di Gorbaciov, col quale ha condiviso le responsabilità dell'implosione dell'Unione sovietica revisionista, era chiamato a riportare la stabilità nella Georgia indipendente dal 1991 e dilaniata da scontri interni e dalle guerre di secessione dell'Ossezia e dell'Abkhazia. Una repubblica nella regione caucasica importante soprattutto quale zona di transito di oleodotti e gasdotti verso il Mar Caspio e il Mediterraneo. Le stesse ragioni che hanno indotto Putin a mandare a Tbilisi il ministro Ivanov a concordare una soluzione che riportasse la stabilità nel paese.
Shevardnadze era stato riconfermato alla presidenza nel 1995 e nel 2000; con le politiche del 2 novembre 2003 puntava a mantenere in parlamento la maggioranza alla coalizione governativa uscente formata dal partito Per una nuova Georgia e dal Partito del rinnovamento. Una maggioranza che era in difficoltà a fronte delle accuse dell'opposizione di corruzione, di occupazione delle principali poltrone ministeriali da parte di familiari del presidente, di sperpero dei soldi elargiti dalle istituzioni internazionali. Dalle proiezioni sui risultati del voto politico risultava che le opposizioni sarebbero riuscite a conquistare la maggioranza dei seggi in parlamento; i dati ufficiosi assegnavano invece la vittoria alla coalizione di governo. I brogli elettorali erano denunciati anche da parte degli osservatori internazionali. L'opposizione scendeva in piazza; a Tbilisi si succedevano le manifestazioni di protesta contro i brogli e per le dimissioni del presidente.
I risultati definitivi del voto erano slittati al 20 novembre quando la Commissione elettorale ritoccava di poco al ribasso i primi dati assegnando al partito di Shevardnadze Per una nuova Georgia la maggioranza relativa col 21% dei voti. La decisione della Commissione elettorale riaccendeva le proteste di piazza fino all'irruzione dei dimostranti il 22 novembre nel parlamento e alla cacciata di Shevardnadze.